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Premio Tenco 2012

Premio Tenco 2012: Puntualmente ogni anno, a novembre, in occasione della rassegna organizzata dal club Tenco, iniziano a proliferare artic...

Puntualmente ogni anno, a novembre, in occasione della rassegna organizzata dal club Tenco, iniziano a proliferare articoli sui giornali e on line in cui ci si chiede se la canzone d’autore abbia ancora senso di esistere come “genere” e se il Premio Tenco stia per morire o meno.

Sul primo punto andrebbe scritto un saggio degno di Reynolds, sul secondo punto si può dire che l’agonia degli ultimi due anni è data da un fattore sicuramente più economico che artistico.

Pur se con grandi tagli (una sorta di festival itinerante per le vie di Sanremo giovedì sera, una sola serata all’Ariston, niente conferenze stampa, niente incontri pomeridiani con conseguenti buffet aperti al pubblico, le Targhe Tenco consegnate a Novara l’8 dicembre) il Tenco è riuscito ad organizzare due serate di qualità in cui è emerso con forza tutto il peso, l’esperienza e il prestigio che il Premio è riuscito a conquistarsi in questi quarant’anni.
La serata-evento di venerdì, dal titolo Da qualche parte lungo la strada dal verso di Song to Woody di Bob Dylan, dedicata al centenario della nascita di Woody Guthrie, ha ricordato i tempi d’oro del festival, in particolare la fortunata edizione del 1992 (omaggio a Vysotsky), in cui ogni artista eseguiva brani propri e brani dell’autore a cui veniva dedicata la rassegna.
La serata è cominciata invece che con il tradizionale Lontano lontano proprio con Song to Woody, in un’intensa versione chitarra e voce di Alberto Mariotti (già conosciuto al debutto come Samuel Katarro) al termine della quale sono saliti sul palco i suoi compagni di avventura dei neonati King of the opera Francesco D’Elia e Simone Vassallo per eseguire un pezzo inedito del loro nuovo progetto.
In seguito è stata la volta di Davide Van De Sfroos che dopo essersi cimentato nel 2002 con la traduzione in laghee di Frank’s wild eyes di Tom Waits ha scelto di tradurre la celebre This land is your land e Do-Re-Mi, scritta ai tempi della grande depressione sul tema dell’immigrazione e tutt’ora di grande di grande attualità. A completare il set Il camionista ghost rider e una rivisitazione di The house of rising sun.
A questo punto è salita sul palco un pezzo di storia della musica italiana, Giovanna Marini che ha riproposto dei brani di Guthrie, tra cui un’ appassionata versione di The great dust storm, peraltro inclusa nel suo ultimo disco.
A chiudere la prima parte sono stati Francesco De Gregori con Ambrogio Sparagna e l’Orchestra Popolare Italiana, in un lungo set in cui hanno riproposto parte dei brani contenuti nel loro album Vola vola vola e tre pezzi di Guthrie in compagnia di Luigi “Grechi” De Gregori.
Tutta internazionale la seconda parte della serata aperta da Sarah Lee Guthrie (figlia di Arlo e nipote di Woody) e su marito Johnny Iron (a sua volta nipote del premio nobel Steinbeck) che hanno alternato brani del celebre nonno e brani di loro composizione all’insegna di un folk fortemente radicato alle origini, ma con un sound fresco dagli echi blues.
Gran finale con il Premio Tenco Klezmatics, gruppo newyorkese che ha portato la musica klezmer ad essere conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo, vincitori di un Grammy Awars come Best Contemporary World Music Album proprio con Wonder wheel in cui avevano messo in musica dei testi inediti del padre dei folksinger americani. In un set lungo e coinvolgente hanno riproposto alcuni di questi brani, tra cui uno con Sarah Lee Guthrie.
Da questa serata e dal convegno pomeridiano Destinato alla gloria con tutti gli ospiti che si sono esibiti verrà tratto un film.

Nella giornata di sabato, dopo la proiezione del film Questa terra è la mia terra di Hal Ashby, tratto dall’autobiografia di Guthrie Bound of glory, lo spettacolo si è spostatao al teatro del Casinò di Sanremo per Siamo in Tenco. Nuovi progetti della canzone d’autore, serata dedicata ad artisti emergenti scovati dal club durante gli eventi di Il Tenco ascolta.
L’atmosfera si è fatta subito a metà strada tra Avion Travel e il Capossela di Il ballo di San Vito con i Favonio per approdare all’indie-pop più nostalgico e scanzonato di Di Martino.
Dopo la parentesi femminile con Anna Granata (e le discutibili chitarre di Antonio Ghezzani) ha chiuso il primo tempo Matteo Castellano, rivelazione torinese di qualche anno fa, sempre interessante, ma senza quel pizzico di follia e spontanea irriverenza degli esordi.

Giusto il tempo di fare un leasing per una bottiglietta d’acqua al bar del Casinò ed è cominciato il secondo tempo con i Saluti da Saturno, ultimo progetto del polistrumentista Mirco Mariani (Enrico Rava, Vincio Capossela): strumenti dai suoni meccanico-celestiali come mellotron, celesta, glockenspiel, toy piano, carillon, theremin, chitarre sussurrate e la calda voce da crooner di Bruno Orioli per una versione toccante di Io che amo solo te e altrettanto convincenti brani tratti dall’ultimo disco Valdazze.
Ancora una bella proposta con Dino Fumaretto/Elia Billoni, ottima prova di cantautorato indie in bilico tra l’amara ironia gaberiana e le tastiere di Nick Cave.
Prima del finale, Paolo Iaffaldano, in arte Paolo Zanardi (come il personaggio di Pazienza), un mal riuscito tentativo di emulazione alcolica-ciampiana che sfocia in un cantautorato anni’80 con rimembranze gaetaniane .
A chiudere la serata il lungo e piacevole set di Daniele Silvestri accompagnato dai Selton che per l’occasione hanno riarrangiato alcuni dei pezzi più famosi del cantautore romano.

Due belle serate (possono essere scaricate sul sito del club tenco) che dimostrano che il Premio Tenco non è poi così in agonia (o almeno non più di quanto non lo sia tutto il resto) e che è ancora possibile organizzare cose interessanti e godibile, soprattutto se si hanno alle spalle anni di esperienza, qualità e impegno.

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