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Recensione : Return From The Grave – Gates Of Nowhere

Fin dalla prima canzone verrete catturati in un vortice di chitarre e di riverberi, di riffoni granitici e di melodie lascive che culminano sempre in grandi canzoni.

La tempesta perfetta tra il doom, l’heavy metal e tanto sano divertimento. I veneziani Return From The Grave firmano un disco entusiasmante, carico ed ignorante alla maniera dei buoni vecchi anni ottanta, ovvero accendere gli strumenti, suonare a palla e capelli al vento.

Il disco può anche essere definito vintage, poiché ovviamente il lascito dei signori di Birmingham è evidente, come la lezione degli Orchid o dei Pentagram, però i Return From The Grave ci aggiungono un quid che li rende irresistibili.
Fin dalla prima canzone verrete catturati in un vortice di chitarre e di riverberi, di riffoni granitici e di melodie lascive che culminano sempre in grandi canzoni.
Certamente aver masterizzato il disco agli FxGroup Studios di Londra sotto le sapienti mani di Richard Whittaker, già collaboratore di Saint Vitus ( maestri del riff malato e troppo, troppo sottovalutati dai giovani ), Black Sabbath e The Who, ha contribuito ad avere un suono molto appropriato.
Nel loro genere si avvicinano, se non addirittura superano, gli Uncle Acid, che non è cosa da poco.
Da sentire davvero con gusto e spensieratezza, di stomaco e di cuore.

Tracklist:
1. Intro
2. Words in Words
3. Canter of the Will
4. The Rage of Rays
5. Uncovered Fate
6. River in the Sky
7. Inside Human’s Soul

Line-up:
Semenz – Voce
Sparta – Chitarra
Jack – Batteria
Kilo – Bass

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