Quando stai tentando di raccogliere i cocci del tuo cuore frantumato (i cocci si sa sono come i coriandoli, non smetti mai di trovarne) di una cosa ha davvero bisogno e di un’altra non vorresti sentirne assolutamente parlarne.
Il reverendo (io e lui siamo in odore di impuria e discutibile santità) con questo libro le fa entrambe. La prima è la voglia che solo chi sa parlare di musica con passione e attitudine – e pure competenza, ma per me questo vale molto meno – di fati mettere su un disco , tanti dischi, darti un calcio nel culo e ti farti sparare garage-punk dalle casse come se non ci fosse un domani che purtroppo invece ci sarà; e lo fa quando neanche ti interessano le previsioni del tempo per sapere se puoi usare il motorino per andare a a lavorare. La seconda riguarda le continue allusioni al sesso che sono presenti praticamente in ogni commento, per carità doverose ed ultra pertinenti ma, per quanto mi riguarda , sono come parlare di corda in casa dell’impiccato.
Dai ti perdono perché nelle 435 (!!!) pagine di questo libro c’è praticamente tutta la musica con la quale sono (siamo) cresciuto (i); chi infatti è nato nell’anno del signore 1970 ha vissuto la sua adolescenza – parlo ovviamente di pochi eletti o reietti fate voi – nel pieno del garage revival ed, essendo curioso ha (anche) scavato nel passato scoprendo gemme inestimabili. Ma ora basta convenevoli belin (come si dice dalle parti di Strasburgo) e via con quanto è vergato su questo benedetto libro che comincia con l’introduzione in cui saggiamente si ammette che parlare di musica è come ballare di architettura; frase non dell’autore ma che ben rende la difficoltà nella stesura di questo bel tomo. Dopo aver parlato del contesto storico e del suono, il discorso vira sulle canzoni prototipo e sugli album fondamentali.
Scelte inappuntabili, un piccolo excursus su Black Monk Time che qualche buontempone ha pensato bene di rubarmi, per l’odio viscerale dimostrato dall’ autore per quel disco straziante che è The Wall dei Pink Floyd parlando degli Electric Prunes e per le compile di pezzi “minori” che hanno shakerato noi adolescenti di fine anni ’80. Si passa poi ai dischi “cerniera”.
Ed ai profeti marci del revival come Flamin’Groovies (che sia detto per inciso dal vivo non mi hanno detto nulla, come per altro ? and the Mysterians, Trashmen e – bestemmia- Stooges). I Cramps della meravigliosa coppia Poison Ivy Lux Interior, i belli sporchi e cattivi Crawdaddys, patrocinati da quel genio di Greg Shaw che, sia detto tra noi. ne ha combinate di ogni, ma è stato pure un vero genio ed un grande appassionato e precursore. Si passa poi agli anni settanta che cominciano con i Droogs di cui per anni pensai che I’m not like everybody else fosse un loro pezzo, tempi di scoperte autoctone mica di youtube. Il passaggio successivo è per le decade seguente quella visuta più intensamente sulla nostra pelle con i Chesterfield Kings ed il loro primo album (erano tutte cover ma chi lo sapeva), i Miracle Workers e la loro One Step Closer To you a parere di chi scrive il più bel pezzo garage revival della storia, sia detto tra noi a me piacerà pure Primary Domain, sarà con chi l’ho comprato, ascoltato,messo sotto fondo.
E poi i fantastici Philistheins comprati a Roma con la fregola di volerli ascoltare durata sei ore. I Fuzztones il gruppo più mirabolante che abbia mai visto dal vivo, Sick Rose e Not Moving perché in Italia abbiamo avuto l’eccellenza e queste non erano che la punta dell’iceberg. Gli ultraterreni Creeps, i caotici Morlocks, i magnetici Prisoners ( certe volte il destino sta nel nome), il pop surf che ti si stampa in mente al primo ascolto dei Barracudas.
Ovviamente il libro prosegue fino ai giori nostri segnalando dischi abnormi come Hoods, Get Lost e Maggots, tanto per citarne tre a caso. Ben curata è anche la parte delle interviste, domande e risposte secche e pertinenti, esattamente come devono essere questo tipo di cose. Insomma tutto lo scibile umano su quanto la musica più esaltante che ci si sia stata al mondo , il garage-punk, qui lo troverete.
Però non trovare il classico pelo nell’uovo sembrerebbe brutto e quindi forse Yardbirds e Trashmen avrebbero meritato di figurare tra i prime movers, si sarebbe potuto trovare uno spazietto per i miei ultra prediletti Laughing Soup Dish e per gli Embrooks e, perché no, per il mio attuale gruppo garage punk preferito le Wide Hips 69. . Ma parlare di tutto sarebbe stato assolutamente improponibile.
Compratevi questo libro e, anche se non siete dei neofiti, fatevi travolgere dalla curiosità, di cose nuove da scoprire da sempre ne è pieno il mondo.
P.S.: My dear Reverendo il primo riferimento sul sesso “Te cito, te bombardo e te sparo!”. Pierluigi Concutelli. Destra estrema e criminale pag.95. P.P.S.: Grazie per avermi citato nei ringraziamenti, insieme a nomi davvero altisonanti, per me è stato un grandissimo onore.
Casa Editrice: Arcana