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Recensione : #rileggiamo: I Viaggi Di Gulliver Di Jonathan Swift

Cavalli che parlano e ragionano, giganti dalle proporzioni smisurate, nani così piccoli da poter essere tenuti in una tasca, filosofi che popolano isole volanti: sono solo alcune delle creature straordinarie che il capitano Lemuel Gulliver incontra nel corso dei suoi viaggi avventurosi.

https://it.wikipedia.org/wiki/I_viaggi_di_Gulliver

Cavalli che parlano e ragionano, giganti dalle proporzioni smisurate, nani così piccoli da poter essere tenuti in una tasca, filosofi che popolano isole volanti: sono solo alcune delle creature straordinarie che il capitano Lemuel Gulliver incontra nel corso dei suoi viaggi avventurosi. Pubblicato nel 1726, “I viaggi di Gulliver” è oggi noto soprattutto come un classico della narrativa per ragazzi, ma rappresenta anche un capolavoro del fantastico e della satira. Dietro la favolosa descrizione delle immaginarie popolazioni di Lilliput, Brobdingnag, Laputa e Huyhnhnmlandia, la pungente penna di Swift ritrae le assurdità e i difetti dell’Europa settecentesca.

 

Potrete leggere passaggi come questi:

 

  • (…) dichiarai esplicitamente che non mi sarei reso strumento per ridurre in schiavitù un popolo libero e valoroso. Quando la questione fu discussa in Consiglio, i ministri più saggi furono della mia opinione. Questa mia aperta e coraggiosa affermazione si trovò in tal contrasto con le mire politiche di Sua Maestà Imperiale che mai egli me la perdonò; e molto artatamente ne fece allusione in Consiglio, dove mi fu detto che alcuni dei più saggi si mostrarono col loro silenzio, almeno così parve, a me favorevoli. Ma altri, segretamente miei nemici, non poterono trattenere certe espressioni che indirettamente si riferivano a me. Da questo momento, tra Sua Maestà e una cabala di ministri a me ostile, cominciò un intrigo che scoppiò in meno di due mesi e per poco non fu causa della mia completa rovina. Di così poco peso diventano i massimi servigi resi ai principi quando nell’altro piatto della bilancia si mette un rifiuto a soddisfare le loro passioni!
  • Parecchi cortigiani, fattisi largo fra la folla, mi pregarono di venir subito alla reggia, dove gli appartamenti di Sua Maestà l’Imperatrice erano in fiamme in seguito all’imprudenza di una damigella d’onore che si era addormentata leggendo un romanzo. Mi tirai su in un attimo e, poiché si era già dato ordine di sgombrare le strade dinanzi a me, feci in modo di arrivare al Palazzo senza calpestare nessuno, favorito inoltre da una notte lunare. Trovai le scale appoggiate alle mura e secchi in abbondanza, ma l’acqua era piuttosto distante. I secchi eran poco più grandi di un ditale; quella povera gente me li porgeva più in fretta che poteva, ma poco giovavano contro la fiamma gagliarda. Avrei potuto facilmente soffocarla con la mia giacca, ma nella furia l’avevo disgraziatamente e mi trovavo col solo panciotto di cuoio. La situazione sembrava disperata e miseranda, e quella magnifica reggia sarebbe inevitabilmente precipitata in fiamme se una presenza di spirito in me insolita non mi avesse fatto balenare a un tratto un’idea. La sera prima avevo bevuto abbondantemente un eccellente vino (…) che ha virtù intensamente diuretiche e, per colmo di fortuna, non me n’ero alleggerito nemmeno di una goccia. Il caldo che mi veniva dalla vicinanza delle fiamme e dalla fatica che facevo a cercar di spegnerle facilitò al vino il suo effetto: ed io versai così abbondantemente le mie acque convogliandole tanto bene nei punti più opportuni che in tre minuti il fuoco era totalmente estinto, e salvato dalla distruzione il resto di quella nobile mole la cui costruzione aveva richiesto il lavoro di tanti secoli. (…) l’Imperatrice, sconvolta dalla più profonda nausea per ciò che avevo fatto, si era trasferita nella più remota ala del palazzo dopo avere irrevocabilmente stabilito che mai più quegli appartamenti sarebbero stati restaurati per suo uso. Né si era potuta trattenere, in presenza dei suoi più intimi confidenti, dal giurarmi eterna vendetta.
  • (…) decisi di non far mai più affidamento su principi o ministri (…).
  • (…) c’è chi vive totalmente separato dal resto del mondo e che ignora, per conseguenza, gli usi e i costumi più in voga nelle altre nazioni: questa ignoranza è sempre causa di molti pregiudizi e di una certa ristrettezza di vedute (…).
  • (…) chiunque riuscisse a far crescere due spighe di grano o due fili d’erba su una zolla ove prima ne cresceva uno solo era più benemerito dell’umanità e rendeva maggior servigio al suo paese che tutta in blocco la razza dei politicanti.
  • (…) nel regno di Tribnia, fra gli abitanti chiamati Langden, dove avevo dimorato qualche tempo durante i miei viaggi, la massa della popolazione consiste quasi esclusivamente di delatori, testimoni, informatori, accusatori, querelanti, venditori di prove, spergiuri, in branco con un numero vario di subalterni loro strumenti, tutti sotto la bandiera, la guida e gli stipendi dei ministri di Stato e dei loro rappresentanti. In quel regno le congiure son di solito un’invenzione di tal genia, avida di farsi la fama di profonda abilità politica, di ridar nuovo vigore a un’amministrazione rovinosa, di soffocare o sviare il malcontento generale, di empirsi le tasche a furia di confische, e di alzare o abbassare i titoli di Stato a seconda del proprio vantaggio. Anzitutto si accordano e stabiliscono fra loro quali persone sospette debbano essere accusate del complotto, poi fanno accuratamente sequestrare tutte le loro lettere e le loro carte e mettere in prigione gli accusati. Le carte vengono consegnate a un’accolta di periti abilissimi nel cavar fuori misteriosi significati da ogni parola, sillaba e lettera (…).
  • Mi domandò quali siano di solito le cause e i motivi che inducono uno Stato a muover guerra a un altro. Risposi che erano infiniti, ma che mi sarei limitato a elencargli solo alcuni pochi dei principali. A volte è l’ambizione di un principe, che non crede di aver mai terre e popoli a sufficienza da governare; a volte è la corruzione dei ministri, che trascinano il loro padrone in una guerra per soffocare o sviare le proteste dei sudditi contro la loro cattiva amministrazione. (…) Né vi son guerre tanto accese e sanguinose né di così lunga durata come quelle sorte per divergenze di opinioni, specialmente quando si tratta di cose indifferenti.
  • (…) le nazioni povere hanno fame, quelle ricche sono orgogliose: e la fame e l’orgoglio son sempre in contesa. Per queste ragioni il mestiere di soldato è il più onorevole fra tutti, perché il soldato è uno Yahu (uomo, nda) prezzolato per uccidere a sangue freddo quanti più può dei propri simili senza avere ricevuto da loro alcuna offesa.
  • Gli dissi che i ricchi si godono i frutti del lavoro del povero e che la proporzione dei poveri con i ricchi è di mille a uno; che la massa del nostro popolo era costretta a vivere miserabilmente lavorando tutto il giorno per un meschino salario al solo scopo di far vivere nell’abbondanza alcuni pochi.
  • (…) un’altra ragione mi trattenne dal cercar di estendere i domini di Sua Maestà con le mie scoperte. A dire il vero, ho qualche dubbio relativamente alla giustizia distributiva dei principi in simili occasioni. Ad esempio, una ciurma di pirati è spinta da una tempesta chissà dove; alla fine un mozzo avvista terra dalla cima dell’albero maestro; essi sbarcano per predare e mettere a sacco; trovano un popolo inerme; sono accolti con gentilezza; danno al paese un nuovo nome; ne prendono formale possesso in nome del loro Re; metton su una tavola tarlata o una pietra in memoria del fatto; assassinano due o tre dozzine di indigeni, ne portano via a forza un paio come campione, tornano in patria e sono perdonati. Di qui ha inizio un nuovo dominio acquistato per diritto divino. Si mandano navi alla prima occasione; gli abitanti sono scacciati o sterminati; i loro capi messi alla tortura perché rivelino i propri tesori; si autorizza ogni efferatezza e ogni lussuria, la terra fuma del sangue degli abitanti: e tale ignobile branco di beccai adoperato per così pia spedizione è quel che costituisce una colonia moderna mandata a convertire e civilizzare un popolo barbaro e idolatra.

 

Cos’altro aggiungere? Questo romanzo satirico – inizialmente inteso da Swift come un attacco alla vanità e all’ipocrisia delle corti, dei partiti e degli uomini politici dell’epoca – nel corso della stesura durata parecchi anni, si arricchì di altre considerazioni; pertanto, la graffiante satira dell’autore finì col toccare l’umanità intera.

 

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