E’ con immenso piacere (e ridacchiando ancora tra me e me) che scrivo di questo concerto, che a lungo ho atteso. Infatti, per un motivo o per l’altro, non avevo mai assistito all’esibizione “laiv” degli illustrissimi Skiantos, a Roma . Eccomi così sotto al palco del Circolo degli Artisti a salutare l’ingresso dei Nostri, che esordiscono con “Sono Buono”, che loro stessi definiscono un vecchio “in-successo”dall’album “Kinotto”. Dopo la manzoniana ( Piero, non Alessandro) “Merda d’artista”, sulla mercificazione dell’arte, Roberto Freak Antoni, leader indiscusso, si lancia subito nella sua “captatio malevolentia” nei confronti del pubblico: – da più di trent’anni sulla cresta “dell’onta” e “orgoglioni” di ciò- spalleggiato dal chitarrista Dandy Bestia, altro storico componente della band. Il pubblico, brodo primordiale pullulante di amebe e organismi unicellulari di dubbia provenienza, comincia a reagire.
Una punk della vecchia scuola davanti a me tira fuori un reggiseno dalla tasca e lo lancia sul palco durante l’esecuzione di “Gelati”, altro glorioso insuccesso della band, imitata subito dalla sua amica che ne estrae addirittura due dalla borsa. I reggiseni piovono sul palco, a quanto pare le tipe hanno fatto pulizia nel cassetto dell’intimo, Freak Antoni ne raccoglie uno ai suoi piedi, cingendosene la testa per assumere il ruolo di poeta “water”, e declamando, spacciandoli per poesia, i versi di canzonette che hanno fatto la storia della musica(ccia) italiana.
Il momento poetico prelude alla tematica sociale, con “Calpesta il paralitico” un pezzo contro la carità “pelosa” di alcuni individui verso la disabilità. I pezzi si susseguono veloci tra le gag a cui prendono parte tutti i componenti del gruppo, tra l’altro virtuosissimi, gli spettatori, stasera per lo più della vecchia guardia, e forse per questo molto più recettivi, si sbellicano dalle risa, io sono contentissima di assistere a tutto ciò,malgrado il principio di rissa che si sta scatenando nelle prime file, subito soffocato da un sinistro tipo che con fare da sceriffo sbandiera un distintivo. Cambio lato del palco proprio mentre viene intonata “Kakkole”, inno di molti, a giudicare dal coro che si leva dal pubblico, seguita a ruota da “Karabignere blues” che ho in cuor mio dedicato allo sceriffo di cui sopra. L’intera Skiantologia viene quasi del tutto ripercorsa, passando per “Italiano, terrone che amo”, per i numerosi fuorisede in sala, ma non solo, e “Io sono uno skianto” e “Vortice”, tra le altre, fino a “Sono un ribelle mamma”, forse la mia preferita, un urlo che riunisce più generazioni, il pubblico è in delirio, mi ritrovo accanto a uno che potrebbe essere mio padre, che urla a squarciagola “sono un ribelle, l’ho deciso, e non m’importa di essere capito”. Il fomento continua con “Io ti amo da matti”, meglio conosciuta come “sesso e carnazza”, altra canzone del mio cuore, e qua cominciano le spinte, tra le risate. Il pogo viene esaltato durante il bis, richiesto a gran voce, da pezzi storici, vere pietre miliari della demenza quali “Eptadone”, eseguita splendidamente, e “Pankarock”.
Cosa accomuna gli Skiantos con il presidente del Consiglio? “Mi piaccion le sbarbine” è la risposta, per poi chiudere in bellezza, dopo aver presentato tutti i bravissimi musicisti, con “Largo all’avanguardia”.
Dopo il concerto, solo un attimo di tempo per incontrare Freak e dichiarargli tutta la mia immensa stima, si scambiano due parole con il bassista, una foto veloce e poi i Nostri si dileguano nella notte, alla volta di altri demenzialissimi “laivs”, da sempre e sempre più sulla cresta dell’onta. Daje!