Continuiamo a esplorare il mondo incantato della Drown Within’ Records di Cristian Franchini. Dopo lo speciale autunnale “Dove il sole non sorge mai” in cui vi abbiamo presentato gli ultimi lavori di Sedna, Die Sünde e Lvtvm, santifichiamo le feste in compagnia delle nuovissime uscite di casa DWR. Burla22, Mutamento e This is the last Time. Sono loro i protagonisti di questa nuova avventura che ci porta dal nostro mare a quello che guarda ai Balcani.
BURLA22 “HABOOB”
Burla22 (all’anagrafe Emanuele Battarra, riminese di nascita, writer e street artist, ma anche educatore molto attento alle realtà giovanili) rappresenta il prototipo dell’espressionismo musicale contemporaneo, del tutto slegato da dogmatismi stilistici cui fare riferimento.
Il suo ultimo lavoro, il primo con la DWR è il perfetto esempio di come si possa fare musica in modo avulso rispetto a regole e canoni, partendo dalla realtà interiore e proiettandosi al di fuori della materia, nella realtà circostante, senza mediazioni.
L’album, il terzo per lui dopo “Grey” del 2014 e “Iod” del 2017, è uscito nella sola versione in cassetta, reperibile come sempre sulla pagina Bandcamp dell’etichetta. Dal punto di vista sonoro Burla22 ha raggiunto nel corso degli anni una maturazione che gli permette di districarsi con perizia e gusto all’interno di tutta una serie di sfumature sonore elettronico industriali che fanno capo alla musica concreta.
Come una inquietante colonna sonora contemporanea del grigiore delle nostre metropoli, così distanti da quel mondo colorato che lo stesso Emanuele non smette mai di dipingere e di immaginare, insegnando ai più piccoli a sognare. È il minimalismo cibernetico il collante che lega le undici tracce dell’album. Un minimalismo che guarda però al tempo stesso alla ricerca sonora ed espressiva.
Un mix di sonorità che possiamo senza fatica ricondurre a un immaginario ambient – techno – dub fatto di tormento, dolore e desolazione.
MUTAMENTO “PASSARE ATTRAVERSO”
Da un progetto solista ad un altro il passo è davvero breve. Mutamento è il nome che il ravennate Andrea Allodoli (Void of Sleep, Conspiracy e The Doormen) ha scelto per dare vita alla propria idea musicale.
Siamo sempre nel campo della musica elettronica, ma in questa occasione il tiro si sposta su sonorità più dilatate, che vanno a cercare di dar forma concreta all’alienazione di chi si ritrova “sperduto in un labirinto senza via d’uscita, marcato da un senso di abbandono che non avrebbe mai voluto affrontare”.
Il suo EP “Passare attraverso” racconta proprio il tentativo di andare oltre tutto questo, e lo fa con un timbro decisamente oscuro che alterna momenti meditativi e passaggi decisamente più intensi. Un’alternanza che richiama l’immagine di copertina, sublimando il tentativo* di risalire, di tornare a galla per respirare, in un mare che tende a inghiottirci.
Per un progetto come questo la scelta del formato ridotto a soli quattro brani è secondo me vincente proprio perché permette di avere sempre tutto al massimo del tiro, a fuoco, evitando cali di tensione o riempitivi.
È un disco che parla chiaro e lo fa in modo diretto, senza perdersi in orpelli eccessivi, ma che, al tempo stesso, fornisce un’ampia gamma di soluzioni sonore che si amalgamano alla perfezione bilanciandosi tra loro.
THIS IS THE LAST TIME “ACCLIMATION”
Dopo due progetti nostrani, saltiamo negli USA e lo facciamo riavvolgendo il nastro temporale al periodo pandemico del primo lockdown. È questo il contesto in cui dobbiamo collocare il debutto per i This is the last Time.
L’album nasce e si plasma “da remoto”, tra New York City e il Midwest, andando a coinvolgere tra gli altri, membri di Sunless, Orwell e Iron Thrones. Quello della registrazione a distanza è un aspetto fondamentale nel momento in cui ci mettiamo all’ascolto di “Acclimation”.
Se non lo avessero specificato loro, in sede di presentazione, credo che nessuno se ne sarebbe mai accorto, data la perfezione sonora, intesa come compattezza, che emerge nitida nei quattro brani che compongono il disco. L’intenzione iniziale era quella di dare luce al momento storicamente più buio della nostra storia recente. Tentativo che possiamo dare come superato a pieni voti, dal momento che il senso di pace interiore che resta addosso a fine ascolto è un qualcosa di straniante e seducente.
“Acclimation” è quindi da annoverare tra i dischi che più piacevolmente ci stanno accompagnando in questa fine anno, e, nonostante sia un album completamente strumentale riesce a non annoiare mai.
Sofisticato, ma al tempo stesso diretto e intransigente, l’album ha una sua coerenza sonora che permette di allontanare i fantasmi di una scelta (quella del post metal strumentale) che spesso porta a risultati deludenti e opposti a quelle che sono le intenzioni iniziali.
I brani, che hanno una durata media che supera i sette minuti, danno prova di compattezza, e, nonostante le variazioni che li caratterizzano appaiono perfettamente incastonati in un disegno collettivo riuscitissimo che mostra una band che parla chiaro con la consapevolezza di chi non solo ha le idee chiare, ma che, al tempo stesso, sa come mettere a fuoco tutto e subito senza perdersi in tecnicismi fini a loro stessi.