«Leggere questo libro spero possa essere come affrontare un viaggio nelle meraviglie dell’insolito, tra i marosi delle difficoltà produttive, ma con la bravura, l’astuzia e lo stile di questi registi coraggiosi a fare da stella polare. E spero anche che possa spingere a vedere o rivedere i loro film.»
Con queste parole Rudy Salvagnini materializza la premessa che principia il suo ultimo volume.
Licenziato dalla Crac Edizioni, Il Cinema Dell’Eccesso – Vol. 1 Europa, è un agile saggio dedicato al “genere non genere” dell’exploitation e ad alcuni dei registi più famigerati di questa espressione della settima arte così trasversale, quasi indefinibile e sicuramente estrema.
Prima di entrare nello specifico del contenuto è giusto chiarire subito che si tratta dell’ennesimo grande lavoro di Salvagnini. Per chi ha letto qualche suo articolo (ad esempio su Amarcord o Segnocinema) o il suo fondamentale “Dizionario dei Film Horror” (2011, seconda edizione ampliata, Corte del Fontego) sa di cosa sto scrivendo.
Già lo stralcio della premessa mostra quello cui pagine del genere dovrebbero puntare e avere come obiettivo principale: incuriosire, spiegare e fare da guida sia ai neofiti (vedere-scoprire) che agli addetti ai lavori o agli appassionati (rivedere-riscoprire). Una missione, in questo caso, perfettamente riuscita. D’inutili, obnubilanti o boriosi volumi-simposio sul cinema ne faccio volentieri a meno da anni, ne ho già a decine che prendono polvere nella mia libreria. Di pubblicazioni così invece ne vorrei a decine sul mio comodino, tutte a portata di mano.
Attraverso un linguaggio tecnico, ma al contempo pieno di sfumature divertite ed ironiche, Il Cinema Dell’Eccesso ci racconta – senza mai tediare o risultare pretenzioso – un cinema che va ben oltre la sua apparente essenza da serie B o di puro intrattenimento fine a se stesso.
L’exploitation, grazie ad alcuni umili geni (i registi Jesùs Franco e Jean Rollin su tutti), approfitta della scusa dei gusti di un pubblico senza troppe pretese per andarsene a spasso in piena libertà espressiva tra i generi più commerciabili come il thriller, l’erotico (volentieri anche il porno e tutta la sexploitation), la fantascienza o l’horror ottenendo (non sempre, come giusto specificare) dei risultati così sorprendenti e di una qualità tale da far invidia ai colleghi ben più conosciuti, ricchi e… fortunati.
L’epopea di un genere e di questi cineasti eroi – che se ne sbattevano dei budget da fame che gli erano forniti – è narrata attraverso la loro filmografia e le incredibili vicissitudini personali e produttive da cui nascevano queste pellicole. Le oltre trecento pagine del libro, senza mai cadere nell’idolatria più becera e falsa, sono state suddivise in sei capitoli che passo a elencarvi per dare un’idea più precisa:
I.PETE WALKER: l’amaro sapore dell’orrore;
II.JEAN ROLLIN: poesia e vampirismo;
III.JESUS FRANCO: filmare per non morire;
IV.PAUL NASCHY E JACINTO MOLINA: un licantropo alla regia;
V.NORMAN J. WARREN: l’ultimo del suo genere;
VI.JOSÉ RAMON LARRAZ: dai fumetti al cinema.
Ogni facciata è ricca di aneddoti che si alternano a locandine (in bianco e nero) e fotogrammi dei film analizzati. Per tutte le pellicole è riportata la sinossi e tutto ciò che è necessario conoscere per capire a pieno il momento storico-personale che la produzione e il regista stavano attraversando in quel preciso momento.
Ma attenzione, quanto descritto non è in forma di schede sintetiche separate le une dalle altre; si tratta di un unicum senza soluzione di continuità, diviso solo dai vari paragrafi. Le note, sempre precise e puntuali, fanno infine da perfetto corollario agli argomenti trattati.
Basterà dare uno sguardo alla bibliografia essenziale per rendersi conto della mole di lavoro svolto dall’autore che, solo per alcuni capitoli, ha sfruttato la struttura degli articoli apparsi tra il 2000 e il 2010 sulla rubrica Kings of exploitation di Segnocinema. Passaggi comunque rivisti, ampliati o riscritti totalmente per l’occasione. Da segnalare un’interessante intervista inedita allo sceneggiatore David McGillivray che va a concludere il capitolo dedicato a Pete Walker.
A ogni appassionato di cinema, soprattutto quello di genere o, semplicemente, a ogni persona curiosa consiglio di recuperare questo saggio. Dopo non vi resterà che attendere il volume 2, quello dedicato ai registi del resto del Mondo. Intanto sarebbe cosa buona e giusta rivedere o scoprire quei titoli che, leggendo questo libro, hanno stimolato la vostra più insana voglia di … weird. Rivedere (per chi ha già avuto il coraggio di farlo) un simpatico obbrobrio come l’”empio” Zombie Lake (1980, J. Rollin) avrà tutto un altro significato dopo questa lettura. Lo stesso vale per tutti gli altri film analizzati da Salvagnini.
Ricordo ancora lo ‘zio Jess’ che mi diceva con tono solenne e beffardo: «… sai, non esistono film di serie B ma solo produzioni di serie B. Anche le buone idee non lo sono mai…».