Rebecka indaga per conto proprio sull’omicidio di Sol-Britt Uusitalo dopo essere stata rimpiazzata, per futili motivi, dal rude e stupido Carl von Post. Quello di Sol-Britt non è il solo caso di omicidio che ha colpito la famiglia: strani incidenti hanno causato la morte di numerosi parenti della vittima.
Inizia tutto nel 1914, quando una maestra elementare giunge a Kurravaara con una valigia carica di libri e di speranze: è la nonna di Sol-Britt. Asa Larsson svela a poco a poco lo svolgimento di quest’altra storia, fondamentale per capire il movente dei futuri omicidi.
Il libro è ben scritto, i personaggi sono molto umani e i loro dialoghi efficaci; Sacrificio a Moloch non convince però fino in fondo.
Asa Larsson sembra più a suo agio nel modellare i propri personaggi, nel mostrarne i limiti e i pregi, nel fare emergere i rapporti di simpatia/antipatia che caratterizzano la loro quotidianità, piuttosto che nel costruire un intrigo che appassioni veramente il lettore. Il libro scorre piano, quasi in silenzio, annegato com’è in tutta quella neve, sino a sfociare in una scoppiettante risoluzione. La parte più convincente, comunque, è quella che riguarda la storia della maestra, nella Kurravaara del 1914.
Questo significa qualcosa. Significa che per scrivere un bel libro non è sempre necessario un caso da risolvere.
Per questo il libro non convince, perché non eccelle in quello per cui evidentemente è stato scritto. Sacrificio a Moloch ha i ritmi e le pause di un romanzo psicologico, la trama di un giallo: non è un difetto, anzi, ma le due componenti non riescono a fondersi adeguatamente.
Ricordo comunque che questo libro si colloca all’interno di un ciclo di romanzi, per cui ogni episodio deve essere considerato in una prospettiva più ampia. La sensibilità nordica, inoltre, è molto diversa dalla nostra; siamo proprio sicuri che il lettore medio la possa comprendere così facilmente? Il successo del giallo svedese pare già una risposta. Io sarei un po’ più cauto.
Ah, e troppi cani.