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Recensione : Savage Cougars – Self Titled Debut

Che cosa si mangi, si beva e si fumi di (il)legale nell'operoso nord-est non è dato saperlo. Fatto sta che da quelle lande ci arrivino con discreta regolarità prelibatezza sonore da terroristi sonori senza scrupoli.

Savage Cougars - Self Title Debut
Savage Cougars – Self Title Debut

Che cosa si mangi, si beva e si fumi di (il)legale nell’operoso nord-est non è dato saperlo.
Fatto sta che da quelle lande ci arrivino con discreta regolarità prelibatezza sonore da terroristi sonori senza scrupoli.
Ragazzi cosa vi spinge, anziché a cooperare allo sviluppo delle vostre terre, ad imbracciare gli strumenti e a produrre canzonacce urticanti?
Qualunque sia il motivo i frutti (marci) di questa anomalia si possono godere in questo debutto dei garage-punkers trentini Savage Cougars, che gettano il loro sasso di sporcizia nelle acque spesso troppo limpide di quello che è divenuto l’edulcorato rock’n’roll di questi anni pieni di stronzi e fighetti (cit.).

I nostri aprono le danze con No Money No Honey gran pezzo di garage revival condito in speziata salsa lo-fi per continuare con Ash nella quale aleggiano l’ attitudine ed il suono dei Makers e dei Mummies mentre Unconfortable Questions alza i giri del motore facendo capire quanto il caro e vecchio punk rock sia materia che i Savage Cougars hanno ottimamente metabolizzato.

Checkmate è il mio pezzo preferito fra quelli presenti in scaletta caratterizzato com’è dal caracollare pop cazzaro dei Black Lips, in Kick Me Out invece i ritmi si rallentano e si prega in modo oltremodo blasfemo nella chiesa sconsacrata della bassa fedeltà, chiude il tutto No!, il brano più lungo del lotto, nel quale si potrebbe dire di ascoltare gli Outta Place in vena di suonare paisley underground ovviamente in pieno delirio alcolico.

Insomma lo avete capito qui c’è pane per i denti del Santo che ringrazia i suoi discepoli con una messa beat dalla dubbia religiosità.

Che dio ci perdoni ma noi abbiamo ancora (tanta) voglia di divertirci.

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