Lode all’Avant! Records di Bologna, compagine discografica che ha nel proprio arsenale ottimi pezzi d’artiglieria futuristica tra cui gli italiani Holiday Inn, Father Murphy!
La label è scrupolosamente attenta ad indubbi suoni sensuali, cupi, soprattutto dark, come spiega il suo fondatore Andrea Napoli: “Dark non inteso come lo intendiamo in Italia, dove sta per goth, ma in senso letterale inglese: oscuro, peso, metaforicamente estremo, “in a dark place” cioè con le spalle al muro, in una situazione difficile da affrontare. È questo mood tetro ad accomunare le uscite. Che poi venga declinato in chiave punk, synth punk, cold wave, EBM, folk non mi interessa.” (Intervista su “Noisey” del 22/11/17); ed ogni singolo album in catalogo è uno scrigno inviolato nel quale reperire occulti tesori.
In oggetto, abbiamo il disco omonimo del duo spagnolo SDH – Semiotics Department Of Heteronyms, un nome complicato che svela una tecnica letteraria di personalità multiple appartenenti ed estensibili ad uno stesso individuo, affrontare seriamente il genere SYNTH-WAVE/INDUSTRIAL con divina propensione al pop.
Il progetto è composto da una lei, Andrea P. Latorre, e da un lui, Sergi Algiz; entrambi membri della post-punk band Wind Atlas e fondatori dell’etichetta Cønjuntø Vacíø.
Gli otto brani sono obiettivamente, gravemente godibili e la prospettiva musicale è ben definita dall’elettronica, alcuni episodi mordono allo stomaco, poiché trovano ricettività drammatica, dark, erotica (a volte algida ed altre sensuale), colpendo fatalmente l’apparato emotivo. Vengono alla mente ritmi al neon e grigie superfici estratte dai primi ‘synth-eighties’, qui modulati e riconvertiti nel corso di una raffinata scenografia che si inserirebbe magnificamente in un contesto filmico trasversale, passionale, segreto.
Il notevole lavoro di copertina è curato dall’artista Camila Dunster (ci tirerei su una band con tale nome) che inquadra con disincanto clinico le intenzioni EBM degli SDH. La voce di Latorre torreggia splendida sulle sonorità, somigliando in alcune parti a quella della indimenticata O’Riordan: le sue estensioni e sfumature stilistiche sono un eccezionale punto certo su cui far roteare tutto il sistema musicale techno-industrial e dichiaratamente wave, determinando un’ottima fusione degli elementi che demoliscono ogni imperturbabilità, scovando il punto debole di ogni cyborg che si frantumerà nella perdizione da dancefloor.
Non c’è momento musicale che possa lasciare indifferenti, invero le otto tracce vanno tutte a segno con una propria particolarità camaleontica ed icastica che ricostruisce ogni volta un percorso diverso e, mi dovete credere, mirabilmente ricco di fascino lirico e d’ambiente, il che, trattandosi comunque di canzoni, non è contestualmente poco. Su tutte svetta “What did I come for” che scivolando sul manto umido entra a gamba tesa sui tendini dell’avversario falciandolo di netto, “Tell Them” dona velluto nero alla techno pagando pegno alla lascivia fluorescente, “I Mean” ipnotizza inchiodando la leggerezza dell’essere, “She Uncovers Me” affonda nella molle discoteca, blu neonizzata, dei sensi; “Static Moment” innesca una ballata elettronica di supefacente appagamento addolcita dalla persuasiva melodica malinconia.
ETICHETTA: AVANT! Records
TRACKLIST
1. Your Right Hand
2. The Scent
3. Tell Them
4. I Mean
5. Guilty And Gifted
6. She Uncovers Before Me
7. What Did I Come For
8. Static Moment
LINE-UP
Andrea P. Latorre – vocals
Sergi Algiz – electronics
Una risposta
Magnifici!