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Recensione : Shape Of Despair – Monotony Fields

Il sound dei Shape Of Despair non respinge ma avvolge, non trasporta un sentore di morte cavalcando sonorità ostiche e dissonanti, bensì accompagna misericordiosamente gli ultimi ansiti vitali rendendo sopportabile ma non meno drammatico l'imminente distacco.

All’inizio del secolo i finlandesi Shape Of Despair si imposero come una delle realtà più fulgide della scena funeral doom, grazie ad un trittico di album (“Shades Of …”, “Angels Of Distress” ed “Illusion’s Play”) di eccellente livello medio.

In particolare il secondo viene ricordato come uno dei capolavori assoluti del genere e, in una mia ipotetica graduatoria, occupa saldamente una delle prime cinque posizioni all time.
Dopo “Illusion’s Play”, la band creata da Jarno Salomaa e Tomi Ullgrén si prese una lunga pausa, interrotta solo dall’ep “Written In Scars” del 2011 e dallo split album con i portoghesi Before The Rain l’anno dopo.
La partecipazione di Salomaa al meraviglioso progetto Clouds di Daniel Neagoe faceva in effetti sperare in una prossima ripresa dell’attività degli Shape Of Despair, e così è stato: ottenuto un nuovo deal con la Season Of Mist e rimpiazzato alla voce lo storico vocalist Pasi Koskinen con l’ottimo Henri Koivula dei Throes Of Dawn, eccoci quindi a parlare di questo Monotony Fields, album che si prospetta come una sorta di evento per chi ama il funeral.
Chiedere di raggiungere i livelli di “Angel Of Distress” sarebbe stato forse troppo, eppure i nostri vi si avvicinano non poco, superando ampiamente per valore il buono ma non eccezionale “Illusion’s Play”.
L’interpretazione del genere dei finnici possiede un mood atmosferico che rende peculiari tutti i brani: il particolare tocco chitarristico di Salomaa e le sue linee tastieristiche fanno precipitare l’ascoltatore in un vortice di malinconia che il contributo vocale della sempre brava Natalie Koskinen rende più sopportabile, senza riuscire a cancellare la disperazione ed il senso di ineluttabile tragedia che aleggia sull’esistenza di ognuno.
Il sound dei Shape Of Despair non respinge ma avvolge, non trasporta un sentore di morte cavalcando sonorità ostiche e dissonanti o sfruttando essenzialmente un growl impietoso e riff granitici, bensì accompagna misericordiosamente gli ultimi ansiti vitali rendendo sopportabile ma non meno drammatico l’imminente distacco.
Un’ora e un quarto di languida e mortale poesia, con brani che crescono dopo ogni ascolto, rendono Monotony Fields un virus che si insinua sottopelle: la title track, Withdrawn e In Longing sono le gemme più fulgide di un lavoro privo di punti deboli, se non quello prettamente commerciale, contenendo sei tracce di funeral doom, un genere che anche nelle sue espressioni più elevate rimane pur sempre rivolto ad un numero limitato di anime sensibili.
La riedizione di Written Of Scars chiude questo meraviglioso monumento al dolore: non temetelo e non ritraetevi, il suo effetto catartico potrebbe sorprendervi al di là di ogni aspettativa.

Tracklist:
1. Reaching the Innermost
2. Monotony Fields
3. Descending Inner Night
4. The Distant Dream of Life
5. Withdrawn
6. In Longing
7. The Blank Journey
8. Written in My Scars

Line-up:
Tomi Ullgrén – Guitars
Henri Koivula – Vocals
Sami Uusitalo – Bass
Samu Ruotsalainen – Drums
Natalie Koskinen – Vocals (female)
Jarno Salomaa – Guitars, Keyboards

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