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Recensione : The Queen Is Dead Volume 135 – Shrieking Demons, Cammie Beverly, Pledge Of Silence

Shrieking Demons, Cammie Beverly, Pledge Of Silence:

Shrieking Demons, Cammie Beverly, Pledge Of Silence

Da quando è mancato Robi “Tutti Pazzi” Saccone mi viene più difficile parlare e scrivere di musica, quando scrivo una recensione penso sempre a lui. C’è lui in ogni cazzo di articolo di questa webzine dal giorno uno, e ci sarà finché questa avventura continuerà.

Grazie Robi. 

SHRIEKING DEMONS

Nati come trio con Gabri (Terror Firmer, Cancer Spreading, Gravesite) alla voce, Giorgio a chitarra e basso e David alla batteria (questi ultimi attivi in Heamophagus, Assumption, Bottomless, Morbo, Undead Creep), gli Shrieking Demons danno alle stampe l’EP “Diabolical Regurgitations grazie a Caligari Records nel 2021.

Con l’aggiunta di Valentina (Coffin Surfer) alla chitarra ritmica e Nino al basso, il gruppo diviene un quintetto stabile. Con questa formazione inizia a suonare dal vivo e registra il primo album “The Festering Dwellers” su Transcending Obscurity Records. Il gruppo italiano fa un death metal classico e al contempo molto moderno, marcio e tecnico, toccando molti estremi e facendo musica estrema con grande gusto. Il loro suono parte dal death metal scandinavo dei primi anni novanta per arrivare ad abbracciare il verbo death metal nato in Florida e poi sparso per il mondo.

Tutto ciò lo reinterpretano in maniera molto personale, per un risultato molto ben equilibrato e assai devastante. Le canzoni sono sempre in equilibrio fra profondità e potenza, fra tombe e caverne che conducono agli abissi. Lo stile compositivo dei Shrieking Demons li porta a non essere mai ovvi, riuscendo a fare un death molto divertente e sempre interessante, senza nessun calo e anzi, pezzo dopo pezzo se ne vuole ancora. Il disco, registrato in presa diretta, con solo voci e assoli sovraincisi e in seguito mixato e masterizzato dalla stessa band ci porta nel cuore del suono di uno dei migliori death metal possibili, senza pose, fatto con tanta passione e voglia di divertire e divertirsi.

Chi ama un certo death metal che continua a strisciare sotto i nostri piedi e che non vuole mai morire, amerà moltissimo questo disco capace di regalare molti ascolti e tanti scuotimenti di testa. Un altro gran colpo della scena underground del death metal nostrano.


CAMMIE BEVERLY

Cammie Beverly è la voce melodica e soul del gruppo Ocean Of Slumber con la loro musica al confine fra prog metal, death doom metal e southern gothic. “House of grief” è il suo debutto solista in uscita per Icons Creating Evil Art. Il disco è un piccolo capolavoro di southern gothic, americana, pop ed elettronica, con la voce di Cammie che fa risplendere il tutto. Cammie la conosciamo da anni per il suo ottimo lavoro con gli Ocean Of Slumber, e questo disco è un’ulteriore passo in avanti nel percorso musicale di questa artista completa e con un talento musicale molto ampio e variegato.

La musica ed il cantato di “House of grief” vengono da lontano, dalla profondità delle storie del sud degli Usa, stati che hanno in vissuto molto particolare, e dove spesso le loro terre cantano e gridano, ed in questo caso lo fanno per mezzo della voce di Cammie, magnifica interprete e tessitrice di un gotico che parla di terrore e di speranza, di morte e di sussurri dietro al velo, di sogni, incubi e vita veramente sognata e di sogni crudelmente vissuti.

La voce di Cammie è lo splendido legante che mette assieme fra loro le canzoni e gli ambienti di questo disco che come lei stessa dice : ” “‘House of Grief non è solo un album, è un santuario. Un luogo dove le storie vivono, respirano e riecheggiano. Un rifugio dove il dolore trova sollievo e le ombre danzano con la speranza”. Descrizione migliore non ci poteva essere, e questo disco, anche grazie ad un lavorio musicale al di fuori del comune, è di una bellezza struggente, vera e dolorosa, una chicca che proviene direttamente da un gotico che ci parla anche in questi tempi moderni e terribili. Un disco che cura e lenisce inoculando dolcezza, verità e anche veleno, che o fa guarire, o fa morire.


PLEDGE OF SILENCE

Nei nostri ultimi turbolenti tempi, e anche da più lontano, stiamo vivendo la nostalgia come sentimento imperante, ovvero quel senso che ci porta a pensare spesso a come si faceva bene certa musica anni fa, a come i videogiochi fossero migliori quando i processori erano molto meno potenti, e potremmo andare avanti per ore.

Certamente circa venti, o meglio trenta anni fa ci fu una notevole commistione fra l’hardcore punk più potente e il metal che portò alla nascita del metallic hardcore, o dell’hardcore metal qual dir si voglia, quel suono ottimamente rappresentato da Arkangel, All Out War, Kickback, Earth Crisis, Stampin’Ground solo per fare alcuni nomi. Quel suono scalciante e violento, la doppia cassa, chitarre abrasive, bassi schiaffeggianti e un cantato che sapeva tanto di aggressione alle spalle, potenza e mid tempos. Ecco, tutto ciò sono i Pledge Of Silence che pubblicano ora il loro disco intitolato “Guilty as charged”, capitolo numero cinque della loro discografia, per questo gruppo nato nel 2005 a Parigi.

A patire dalla bellissima copertina si pregusta già il tipo di suono del gruppo francese, ma quando lo si ascolta il disco è ancora migliore di quanto si potesse aspettare, violenza in pieno controllo, sfuriate, mezzi tempi e tanta, tanta potenza. Non è facile proporre questo tipo di commistione fra hardcore e metal ai giorni nostri, dato che ne abbiamo viste e sentite di tutte i colori, ma questo disco riporta il tutto al centro del discorso che nacque tanti anni fa, quel matrimonio naturale fra due generi che camminano vicino e che alleandosi colpiscono durissimo come qui.

“Guilty as charged” riporta in maniera adattissima alla nostra epoca un suono che non è mai morto nel cuore di chi lo ama, e questi francesi lo fanno davvero bene, con un incedere duro e maestoso, duro e pestante con l’ottima registrazione di Joshua Hudes al Resonance 93 studio e la masterizzazione di  Alan Douches al West West Side studio. Il disco è fatto tutto di quel suono che ringhia sull’asfalto, senza un momento di cedimento e che ci faceva scappocciare trenta anni fa come ora, noi siamo cambiati poco e ci sono sempre gruppi come i Pledge Of Silence che fanno questi dischi devastanti e che si fanno amare fortissimo.

Per i miei gusti personali questo disco racchiude al suo interno un suono che spero di poter continuare ad ascoltare fino alla fine dei miei giorni. Il disco, proprio come quelli di anni e anni fa, è arricchito da skit notevolissimi, come quelli di un dialogo della serie tv Dark in “Burn the flame”, uno dei pezzi migliori di un lavoro notevolissimo. Un suono antico e moderno, violenza e precisione, hardcore e metal, ancora insieme per l’eterno conflitto.

 

 

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