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Sick Boys Revue – Sick Tales

C'è chi potrà eccepire che un album come Sick Tales sia eccessivamente derivativo: a tutti questi poveri di spirito rispondo con un concetto chiaro e che sgorga direttamente dal cuore: chissenefrega!

All’ortodossia rock molte cose sono indigeste, forse troppe, ed una fra queste sono le cover band.

Ma come si fa ad essere ostili a gruppi come i miei amici Boom che coverizzano i Sonics o a questi figuri dei quali andiamo a parlare che si sono formati per riprodurre i pezzi dei Social Distortion?
In questi casi non c’è nessuna velleità commerciale ma solo sana passione ed un attaccamento viscerale a quello che si predilige ascoltare tanto da volerlo reinterpretare.
Comunque i Sick Boys Revue (Revue è stato aggiunto quando la band ha deciso di produrre canzoni autografe) hanno operato la scelta giusta nel voler comporre canzoni loro e dimostrazione tangibile ne è questo album pieno del feeling e dell’intensità propri della band che massimamente li ha ispirati.
Si parte con Sick boys play rock’n’roll, vero e proprio manifesto programmatico del gruppo, e si chiude con They keep on playin’rock’n’roll, nella quale altro non si fa se non ribadire il concetto.
Nel mezzo c’è l’unico vero e proprio plagio di Mike Ness e soci (By my side),l’enfasi e l’epicità mai stucchevole (People call me sick e People can’t change), una lunga ballata valorizzata dall’uso dell’armonica che mi ha ricordato il Neil Young più motivato (Becomin’ myself) ed anche il roots-punk degli X o dei Blasters (Lovin’me).
I nostri inoltre hanno il look giusto per proporre rock’n’roll, sono prodotti da un grande musicista come Lester Greenowski e l’universo banfiano evocato dal nickname del loro cantante me li rende oltremodo simpatici.
C’è chi potrà eccepire che un album come Sick Tales sia eccessivamente derivativo: a tutti questi poveri di spirito rispondo con un concetto chiaro e che sgorga direttamente dal cuore: chissenefrega!

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