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Recensione : Signs Preyer – Signs Preyer

I Signs Preyer si rivelano così come l’ennesima band da tenere d’occhio nell’immediato futuro, senza per questo dover rinunciare a godersi fin d’ora quaranta minuti di buona musica.

Arriva dall’Umbria una nuova band che si affaccia sulla scena rock/metal nazionale con la riproposizione delle sonorità in voga negli anni ’90; chiariamo subito che la cosa non va letta in chiave negativa, soprattutto quando queste scelte vengono eseguite con la convinzione e la destrezza dimostrata dai Signs Preyer.

Il gruppo proviene da Orvieto ed è in attività da circa sei anni nel corso dei quali ha prodotto un demo ed ha effettuato un’intensa attività live supportando grandi nomi quali, tra gli altri, Paul Di Anno e i Corrosion Of Conformity.
In questo periodo si sviluppa lo stile della band che trova il suo sbocco definitivo nell’intrigante mix di southern metal, thrash e grunge proposto nell’album di debutto, nel quale la maggior parte dei brani si fa apprezzare per un tiro notevole oltre che per un impatto piuttosto diretto.
Il disco si dipana senza troppi fronzoli né tentennamenti a partire dall’opener Anger, che porta con sé diverse reminescenze dei sottovalutati Soil; da segnalare anche l’ottima Just To Kill You, episodio più legato al lato southern del sound degli umbri (i Black Label Society sono una delle influenze dichiarate della band, basta vedere la chitarra di Ghode per averne conferma …), la possente Hell e il brano autointitolato che chiude degnamente l’album, pur con la coda di una “distorta” ghost-track, rappresentando una sorta di manifesto sonoro dei nostri.
Decisamente a loro agio sui ritmi sostenuti i Signs Preyer si rivelano così come l’ennesima band da tenere d’occhio nell’immediato futuro, senza per questo dover rinunciare a godersi fin d’ora quaranta minuti di buona musica.

Tracklist:
1. Anger
2. Bitch Witch
3. It Comes Back Real
4. Just to Kill You
5. Killer Instinct
6. Painless Pain
7. Dark Soul
8. Hell
9. Signs Preyer

Line-up:
Ghode Wielandt – voice and guitar
Eric Dust – guitar
Viktor Kaj – bass
James Mapo – drums

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