Sitra’s Monolith si candida prepotentemente come l’album hard rock dell’anno visto che difficilmente potrà essere superato, anche a livello internazionale.
Per una volta ho cominciato dalla fine, operando una variazione sul tema dei canoni abituali fatta in onore di una band e di un album davvero sorprendenti.
Il progetto Sitra’s Monolith nasce dall’unione di tre musicisti straordinari come il chitarrista Fabrizio Zambuto,dall’immenso curriculum,il bassista Michele Mora e Manuel Togni, alle pelli, che può vantare collaborazioni, tra gli altri, con Kee Marcello e Uli Jon Roth.
Il loro debutto omonimo è un enorme disco hard dalle spiccate atmosfere southern e blues, un’opera che, per poter trovare confronti, bisogna andare a scomodare le maggiori icone di questi suoni, rivolgendo uno sguardo attento sulla musica del sud degli States, dagli anni settanta fino ai nostri giorni, interpretato in maniera elegante dalla band bergamasca.
Momenti intrisi di calde atmosfere bluesy si intrecciano con sapienti arpeggi southern, con armoniche che ricordano sedie a dondolo fuori da case scalcinate lungo le strade desertiche di quegli States, ai quali la band fa riferimento in ogni nota del disco.
La leggenda vuole che il grande bluesman Robert Johnson, in prossimità di un crocicchio, vendette l’anima al diavolo pur di avere per sè il talento per suonare il padre di tutti i generi musicali e i Sitra’s Monolith sembrano davvero riusciti anch’essi a mettersi in contatto con il famoso satanasso, tanto è lo stato di grazia dei tre musicisti che, bravura strumentale a parte, ci regalano undici brani clamorosi, segno di un songwriting stellare.
L’opener Breaking Bad, The Day of Revenge, Old Pictures of You, semi-ballad di una bellezza che sfiora l’opera d’arte, basterebbero per convincervi di avere tra le mani un capolavoro, ma fortunatamente non ci si ferma qui e l’album è un susseguirsi di classici che nello spartito hanno il meglio del southern/blues mondiale, di ieri (Lynyrd Skynyrd, Allman Brothers, Eric Clapton) e di oggi (Joe Bonamassa, Warren Haynes, Blackberry Smoke, Whiskey Myers), cantati come il diavoletto vuole da Zambuto, capace di sciorinare una prova al microfono sanguigna, con la gola arsa e insabbiata dai chilometri macinati sulla famosa route.
Non mancano chiaramente, in un album che, non dimentichiamolo, ha nel proprio dna una forte impronta hard rock, momenti nei quali la band si lancia in strumentali dal tiro micidiale e la chitarra del buon Zambuto diventa regina incontrastata, rendendosi protagonista di riff e solos da vero guitar-hero, e non penso di dire un’eresia se certi passaggi lasciano sull’ascoltatore un sentore hendrixiano.
Non mi resta che obbligarvi a far vostro questo album e dare appuntamento alla band nella playlist di fine anno.
Track list:
1.Breaking bad
2.Someway
3.The day of revenge
4.Lady in the rain
5.Old pictures of you
6.Painted face
7.The lonely mountain
8.Not in words
9.Fall on me
10.Long dark night
11.Fading
Fabrizio Zambuto – Guitars,Vocals
Manuel Togni – Drums
Mike Mora – Bass
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