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Recensione : SLOKS – Viper

Se il 2025, a livello mondiale, è iniziato male e “promette” di essere ancora peggio (in una degna continuazione col 2024, che è stato un altro anno di merda, tra guerre neoimperialiste, pulizie etniche neocolonialiste, tecnofeudalesimo e tensioni nucleari in continua crescita e le sorti del mondo sciaguratamente affidate, sempre più, in mano a un manipolo di oligarchi megalomani che si arrogano la pretesa di comandare e imporre la loro “agenda politica” a tutto il pianeta, rischiando di trascinare l’intero genere umano in un vortice distopico che potrebbe generare danni irreversibili) lo stesso non si può dire, per fortuna, a livello musicale, perché si parte subito con un comeback incendiario, quello dei turbo garage-noise punkers italiani SLOKS che, a distanza di quasi quattro anni dal precedente lavoro sulla lunga distanza, “A knife in your hand“, sono tornati con un nuovo album – il loro terzo complessivo – intitolato “Viper” e uscito sulla benemerita Goodbye Boozy records, una label che da anni rappresenta una garanzia di (bassa) qualità nel suo attivismo di divulgazione e pubblicazione di materiale proveniente dall’underground R’N’R italico (e internazionale).

Attivo da un decennio – e forte di un percorso che lo ha visto suonare, oltre allo “Stivale”, sui palchi di mezza Europa e anche in Giappone – il combo di Torino ha ridefinito, negli ultimi dodici mesi, la propria line up, che ha visto la fuoriuscita della cantante/frontwoman “Ivy Claudy” e l’innesto – al fianco del chitarrista “Buddy Fuzz” e del batterista “Tony Machete” – del vocalist Rudy “Red” Valentine (già con Barsexuals e Mofongos) e del chitarrista Massimo Scocca (in passato all’opera con LAME e Two Bo’s Maniacs, tra gli altri) assestandosi ora come un quartetto che può puntare sull’intreccio e l’assalto sonoro di ben due chitarre (e niente basso, come hanno insegnato i Cramps, uno tra i numi ispiratori della band) che, se da un lato può offrire spunti per nuove soluzioni, dall’altro amplifica e rende ancora più infuocata la proposta sonica dei nostri, da sempre corrosiva e selvaggia.

Registrato, come anche i precedenti Lp degli Sloks, presso lo Swampland studio a Tolosa insieme a Lo Spider (che lo ha prodotto-mixato-masterizzato) nel febbraio dello scorso anno, “Viper” ci sputa addosso tredici brani di lo-fi garage punk mortifero e letale come può essere, appunto, il morso di una vipera. E la title track striscia fragorosamente e si insinua nei timpani dell’ascoltatore, per poi rilasciare una fiala di tre minuti di veleno Crampsiano, vomitato direttamente dall’Inferno da Lux Interior e Bryan Gregory, che vi brucerà il cervello. Immaginate di miscelare Birthday Party (“On the death of Brother John“) Pussy Galore (“Do the Sloks“) Oblivians (“The joint is jumping“, “Anna Lou“) Jesus Lizard (“I’ve got a feeling I’m falling (Dillinger’s death)“) Stooges (“‘Taint nobodies business if I do“, la rielaborataUse me“), New Bomb Turks (“Right down“) MC5 e Cramps: ciò che otterrete sarà mezz’ora di cocktail dinamitardo – preparato dai bartender Jon Spencer (“Don’t let it bother you“) e Jack Oblivian e con retrogusto noise-blues (“(In my)” solitude“, che puzza di Link Wray che prende a calci in culo Screamin’ Jay Hawkins), testato da David Yow, che lo ha tracannato e poi sputato in faccia a Iggy Pop, in segno di approvazione – che corrisponde ai solchi di “Viper”. Paranoia, claustrofobia, allucinazioni, rock ‘n’ roll deviato. The filth and the fury!

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