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Recensione : SMALL THING – 20 Jazz Punk Greats

Dopo qualche anno gli Small Thing tornano con un vero full length.

SMALL THING – 20 Jazz Punk Greats

Dopo qualche anno gli Small Thing tornano con un vero full length. Il gruppo di casa Flamingo stavolta ha le idee e chiare e tira fuori un disco dallo sviluppo complesso e articolato, molto più di quello che vi aspettereste da una band che si definisce semplicemente “punk rock”.

Insomma, non fidatevi troppo del loro mood “non siamo musicisti, non siamo capaci, siamo punk facciamo le cose alla cazzo…”, perché in realtà questo è un lavoro estremamente ragionato e curato, e il risultato è ottimo.

Ma andiamo con ordine partendo dal suono, curato e registrato dallo stesso chitarrista David (più DIY di così che cazzo volete?). Rispetto alle produzioni precedenti il passo in avanti è notevole. Ottime scelte sul sound dei singoli strumenti, ruvidi ma mai confusionari, mix ottimale tra una chitarra fuzzosa e un basso lievemente distorto che si intrecciano alla grande, con una batteria dritta e una bella voce presente e potente.
Il disco si divide sostanzialmente in 4 parti divise da alcuni “interludi. La prima parte di tre brani è quella più squisitamente punk rock, in cui dopo le ottime “Small Thing” e “Rat Attack” spicca “Coma Awakening”, dove chitarra e basso fanno capire quanto i ragazzi amino gli Operation Ivy (Per chi non mi conosce, non è così automatico che io mi entusiasmi per un pezzo in levare. Succede, ma sempre meno ed è molto raro, quindi bravi!).

Vulcan Boy è il primo interludio elettronico che sembra un po’ una musica da sottofondo da tutorial di Youtube tipo “come pulire i sedili della macchina”, dopodiché il sound comincia a inasprirsi con il secondo blocco di tre pezzi. “Pray” e “Senor T” sono meno scanzonati e le melodie si incupiscono, per lasciare spazio a “Liberty”, cover dei Kitchen and The Plastic Spoons, gruppo svedese new wave degli anni 80 di cui ignoravo l’esistenza, ma che dopo aver ascoltato vi assicuro che la versione degli Small Thing è molto meglio dell’originale.

Noli Timere è il secondo breve interludio “industrial black metal famolo strano” ad opera di David, che porta forse ai due pezzi più heavy e hardcore del disco, “Dies Irae” e “Diet Coke”. Velocità, assoli di chitarra, un breve inserto di clarinetto impazzito alla John Zorn… probabilmente la mia parte preferita dell’album. Altro breve interludio a firma dei misteriosi eroi del casino a caso genovesi, ovvero La Furnasetta, e con le due ultime due tracce si torna al punk rock…ma pure al rock.

Copertina e titolo come avranno già capito “quelli istruiti” sono un tributo ai Throbbing Gristle, (uno di quei gruppi che dicono di ascoltare in 100 ma che in realtà poi lo fanno davvero in tre), e per fortuna non c’entra nulla con il contenuto dell’album. In attesa del formato fisico in CD, 20 Punk Jazz Greats è fruibile interamente su Youtube, in un concept video realizzato da Stefania Carbonara. Non so se tutto ciò possa minare la loro “integrità punk”, ma i ragazz* sono stati molto bravi, sono sicuramente musicisti (chi crea musica inevitabilmente lo è), hanno realizzato un disco punk rock con tutti i canoni ma uscendone continuamente fuori, e di cui esiste pure una versione “visual”, quindi mi sa che loro malgrado rientrino anche un po’ nella categoria “artisti”. Senza offesa, ovviamente.

Spizzatevi il video qua sotto, col volume bello alto, in attesa di poter possedere il dischetto di plastica. Genova Punx!!!

 

SMALL THING – 20 Jazz Punk Greats

 

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