Puntuale come ogni anno si è svolta a Barcellona la quindicesima edizione del Sònar, il festival più importante dedicato ai suoni elettronici e ai “nuovi” suoni.
Sònar 2008 si è tenuto nella città spagnola dal 19 al 21 Giugno suddiviso, come ormai consuetudine, in Sònar by Day e Sònar by Night.
Edizione che si ricorderà per l’originalità nella scelta dei temi: il fattore femminile presente al festival (molte le artiste femminili presenti) e le mutazioni genetiche (visibili nelle inquietanti immagini ricorrenti durante la manifestazione). Mutazioni genetiche scelte, inoltre, per illustrare, in un contesto prettamente musicale, l’abbattimento delle divisioni (e catalogazioni) tra i generi musicali sorti negli ultimi vent’anni in ambito elettronico (e non solo).
L’edizione 2008 sarà certamente ricordata anche per i numeri, imponenti come sempre: più di 150 esibizioni di artisti provenienti da 32 nazioni.
La perfetta macchina organizzativa del più autorevole festival dedicato ai suoni elettronici e “avanti” ha messo a punto, ancora una volta, una manifestazione in grado di accostare nomi ormai storici e affermati accanto a talentuosi emergenti, suoni consolidati accanto a nuovi approcci e soluzioni inedite nello scenario della musica contemporanea.
Premettiamo subito che sintetizzare il Sònar in poche righe non è semplice, considerando l’ampia scelta di proposte, eventi, esibizioni (nella maggior parte dei casi concomitanti) di quello che si è confermato un appuntamento imperdibile e unico nel suo genere.
Si parte, come ormai consuetudine, nelle prime ore del giovedì pomeriggio nella prestigiosa cornice del Macba (Museo d’arte contemporanea) e Cccb ( Centro di cultura contemporanea) con il Sònar by Day. Arriviamo a Barcellona con leggero ritardo e pur non riuscendo ad assistere alla performance dei Pram, riusciamo tuttavia ad assistere al concerto di Christopher D. Ashley, talento della Sunday Best di Rob da Bank (peraltro anch’egli tra gli artisti presenti quest’anno al festival), che riesce a trasmettere una sferzata di energia ai numerosi presenti del Sonar Village con il suo electro-rock dalle tinte anni ottanta.
A seguire, lo show dei Pan Sonic che, davanti ad un’attenta platea, dimostrano di voler ancora sperimentare con estro e competenza.
Giusto il tempo di prepararsi all’appuntamento con il gala di apertura al Fira Gran Via dove l’onore di aprire gli spettacoli notturni è stato affidato alla magia di Goldfrapp la quale, a piedi nudi e con lo stesso abito arancione esibito all’interno della copertina del nuovo album, ne presenta le canzoni alternandole ai classici che ne hanno segnato il percorso artistico fino a questo momento, non ultima la splendida “Utopia” a cui l’artista inglese affida il compito di aprire ufficialmente il Sonar by Night 2008. A seguire, lo show di Leila che, dimostrandosi pretenziosa e confusa, non riesce ad essere incisiva lasciando a Ben Watt il compito di risollevare la serata. Compito che riesce benissimo al boss della Buzzin’ Fly con il suo set di deep house calda e raffinata.
Del venerdì pomeriggio citiamo con piacere il concerto di Kalabrese e la sua Rumpelorchestra che, molto ispirato, trascina tutti a ritmo di funk suscitando un’ottima impressione.
Il venerdì notte si presenta molto stimolante e, scorrendo il palinsesto della serata, capiamo presto che dovremo, nostro malgrado, compiere delle scelte difficili e selezionare gli appuntamenti.
Optiamo per la prima delle due ore del dj set di Ewan Pearson, preciso e houseggiante, che precede lo show di Roisin Murphy. L’ex cantante dei Moloko, tra un cambio e l’altro di abito da scena (al termine della sua esibizione ne conteremo quasi uno per canzone), presenta l’ottimo secondo album solista con uno spettacolo convincente ed energico in cui l’affascinante irlandese riesce a sfoderare tutte le sue doti di grande interprete.
Contemporaneamente, nella sala adiacente, sono di scena i Justice che esibiscono un suono tagliente e graffiante candidandosi al ruolo di futuri Daft Punk. Peraltro, incrociati nel pomeriggio nelle interviste di rito, l’impressione è che, anche per via del look ricercato e gli atteggiamenti assunti, siano diventati vere e proprie star.
Ma è alle due in punto che, nel Sonar Pub, ha inizio il Contakt tour, la prima data europea del tour che vedrà celebrare i dieci anni della Minus in giro per il mondo. Capeggiati da Richie Hawtin, Marc Houle e compagni offrono una vera e propria esperienza sensoriale dove i suoni compatti e incisivi si uniscono a visual essenziali ed efficaci (diffusi complessivamente da ben otto schermi). Un meritato tributo a un’etichetta e a Hawtin, un artista che, come pochi altri, ha contribuito all’evoluzione e affermazione dell’attuale suono minimale. Solo questo basterebbe a monopolizzare la nostra attenzione che, tuttavia, alle quattro si dirige verso la reunion di Jeff Mills e Mike Banks. Un’intro (forse troppo prolungata) priva di battuta, quasi ambient, dà il via al progetto “X-104 discovers the Rings of Saturn”. Anche in questo caso menzione speciale per i visual cosmico-spaziali che, posti dietro ai due produttori, ne accompagnano e valorizzano i suoni.
E si arriva a sabato dove meritano di essere nominati, tra gli altri, i Matmos, sperimentali e sempre interessanti, The Field, che impressionano con le loro tessiture techno già ascoltate nell’esordio “From here we go sublime” felicemente accolto dalla stampa e il grande ritorno dei Black Dog e la loro electronica di matrice anni novanta.
Sonar by Night celebra il gran finale, dove assistiamo allo stravagante ritorno degli Anti-pop Consortium per proseguire con Miss Kittin che, direttamente in ginocchio sulla consolle, alterna estratti dal nuovo album a tracce provenienti dal passato. Una partenza fulminante la sua che, tuttavia, alla lunga risulta poco coinvolgente. Qualità che non manca sicuramente ai Soulwax i quali, scatenati e travolgenti, creano uno spettacolo incendiario che riesce letteralmente a trascinare la folla in delirio. Electro-dance-rock: così si potrebbe riassumere il suono prodotto dal gruppo belga in una performance che li vede uscire tra i meritati applausi.
Stesso successo per Dubfire, che dopo la “sbandata” per i suoni minimali sembra virare nuovamente verso quel suono house rigoglioso e spumeggiante che l’ha visto trionfare negli anni novanta con i Deep Dish.
Finale affidato a Ricardo Villalobos che – attraverso suoni minimali, sovrapposizioni e campionamenti sudamericani – con la consuetà originalità e sperimentazione unita ad una punta di eccentricità, ci traghetta idealmente alla prossima edizione di quello che, a conti fatti, risulta essere il miglior festival in circolazione, al Sonar 2009.
foto di francesca corrias