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Songs The Web Taught Us Vol.9

Autunno, cadono le foglie, ma il vostro Reverendo non va in letargo. Bentornati, gentaglia di poca fede, siamo giunti al nono appuntamento con "Songs The Web Taught Us" , ed è il momento di iniziare a fare provviste per affrontare i rigori dell'inverno.

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Autunno, cadono le foglie, ma il vostro Reverendo non va in letargo. Bentornati, gentaglia di poca fede, siamo giunti al nono appuntamento con “Songs The Web Taught Us” , ed è il momento di iniziare a fare provviste per affrontare i rigori dell’inverno.

Tra virus e vaccini, mascherine e negazionisti, gel igienizzanti e complottisti, terapie intensive e banchi a rotelle, è difficile tenere la barra dritta, in questo 2020 a dir poco balordo. Proviamo a distrarci e scaldarci con questi soggetti che sono meglio di stufe e camini accesi.

La prima calda infornata è a chilometro zero, tutta “made in Italy” e anche a ‘sto giro andiamo dalle parti di Teramo. Vi presentiamo una congrega deviata, battezzata come ZOIDS, composta da tre tizi uniti dallo stesso (finto) cognome, alla stregua dei Ramones. Sono “Jim Zoids” (voce e synth) “Hans Zoids” (chitarra e synth) e “Rags Zoids” alla chitarra, con la partecipazione di “Invisible Monkey Zoids” alla batteria.

Hanno registrato un album (in formato cassetta e digitale) omonimo, pubblicato (ancora) da Goodbye Boozy Records, in collaborazione con la fanzine Mimetics, diretta dall’ottimo Antonio Masci (che gestisce anche la label In The Shit Records / Squirt Shit Records che, in omaggio al suo nome, è da sempre dispensatrice di ottima “cacca”: del resto, un merdone come il vostro Reverendo ci sguazza in questo oceano di perdizione).

Otto pezzi che, in poco più di un quarto d’ora, vi sconquassano i timpani con un discreto macello cacofonico, un garage punk fracassone e rigorosamente in bassa fedeltà, da perfetti reietti marci devoti al Detroit sound.

Viuuulentemente consigliati, da provare ad ascoltare tutto volume come efficace sveglia al mattino, se siete pigri.



La seconda proposta caliente proviene dalla Spagna (e state in campana, che il Reverendo vi punisce, oh discepoli maliziosi, se vi sente sghignazzare alle sue spalle, facendo battutine a doppio senso sulle “spagnole”…) e ha un nome che sembrerebbe tutto un programma: RAMONA. Ma, a dispetto del monicker, questo trio di Siviglia (composto da Dario alla chitarra e voce; Dani al basso, tastiere e voce; Mari alla batteria e voce) nato nel 2014, non è una tribute band dei Ramones, né prova a scimmiottare il sound dei “Fast Four”.

I loro rimandi musicali, piuttosto, portano dritti all’immaginario della California dei Sixties (in stile “Un mercoledì da leoni”, per capirci: sole, mare, surf, feste, acidi) e ci presentano una miscela sonora – di ottima fattura – a base di bubblegum-garage- lo-fi. Dopo aver rilasciato diversi singooli ed EP in negli anni scorsi, finalmente è stato pubblicato, il 20 settembre, il loro primo LP a tutti gli effetti, intitolato “Una banda de la provincia de Sevilla“, uscito sulla label californiana Doob Rock’n.

Il disco è composto da pezzi in parte registrati in studio (in California, once again) in parte dal vivo, durante una festa in piscina. E con tanto di “mappa”, rappresentata sulla copertina dell’album, sarà più divertente perdersi, se capitate da quelle parti.



Questa volta, dopo primo e secondo, c’è anche il dolce. Un delizioso dessert chiamato RIBBON STAGE, terzetto di stanza a New York (con ben due donzelle in formazione, “Anni Hilator” al basso e “Jolie M-A” alla chitarra, insieme al batterista “David Sweetie”) ma fautore di un indie-noise-pop che sembra uscito dritto dalla compilation “C86”.

Hanno inciso, a inizio agosto, il loro esordio , “My Favorite Shrine” (pubblicato dalla K Records di Calvin Johnson, per la serie “International Pop Underground” vol. CXLV) un gustoso Ep composto da 5 pezzi contraddistinti da un mix di influenze ben riconoscibili: parti uguali di Vaselines, Beat Happening, Shop Assistants, Pastels, Talulah Gosh e altri eroi indie-bubblegum-twee pop shakerati e serviti in una nuova veste accattivante, orecchiabile e allo stesso tempo spigolosa, rumore e melodia aggiornati ai tempi moderni. La Sarah Records sarebbe stata fiera del sound di questo trio.



Orsù, (in)fedeli, prendetene e ascoltatene tutti. Chi può, acquisti anche, e supporti la scena indie, quella vera. RITO E RITMO!

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