In Italia siam campioni nel fare la pizza, nel fare la pasta, nel raffazzonare, nell’improvvisazione, nell’arrangiarsi, nell’essere irrimediabilmente ipocriti anche nei confronti di noi stessi, nel fare casino, nel meravigliarci delle ragioni che spingono la gente a fare casino, ad ammirare i francesi quando fanno casino, a disprezzare i francesi perché fanno tanto casino ma poi, alla fine, non hanno il bidet e ci hanno rubato la Gioconda; poi siamo bravi a fare prog, forse pure più bravi degli inglesi e siamo pure bravi a fare hardcore, forse anche più bravi degli americani.
Poi, e non da ultimo, siamo eccelsi anche nel revival garage; pratica, quella del revival in tale materia, che procede ininterrotta, a livello mondiale, dagli anni sessanta e, quindi, alle idi del terzo decennio del 2000, si può anche smettere di usare il termine revival davanti a Garage:
ormai è un genere che procede senza mai conoscere posa, in pratica una certezza: come la pizza, la pasta, la doppia morale all’italiana e come il fatto che la Gioconda, alla Francia, è stata regalata da Leonardo stesso. Facciamocene una ragione.
Dobbiamo farci una ragione anche del fatto che qui si continua a fare garage e a farlo anche piuttosto bene: questi Spaghetti Wrestlers da Biella, nell’Ep “Tururarap Turap” edito da Vina Records fanno ampio sfoggio di capacità ormai quasi insite nello spirito di chiunque, in queste lande, dopo l’attento ascolto dei vari classici, decida di cimentarsi in tali esercizi sonori;
sarà lo spirito caciarone del genere, sarà la natura piuttosto improvvisata, mettiamoci pure l’indole festaiola, ma pare che il garage, a noialtri, calzi a pennello, molto più della canzonetta pop (che piaccia o no, genere oramai alla deriva da anni e con degli sviluppi piuttosto confusi, per lo meno qui in Italia…).
Non so perché ma, rimanendo coi piedi saldi in questo paese, mi pare che gli Spaghetti Wrestlers sbuchino fuori da una di quelle compilation italiche anni ’90 come “Flower Punk Rock” e “Back to ’76”, dove si tentava, quando bene, quando un po’ timidamente, di coniugare il punk rock dei Buzzcocks col garage dei ’60’s e la psichedelia alla Barret con il bubblegum pop: strategia, questa, che poi verrà portata a compimento in dischi come Gigius dei Senza Benza e Adesso Basta dei Bugiardi.
Ovviamente gli SW, non appartenendo a quel periodo e, giustamente, non condividendone i propositi, fanno prevalere la componente garage a quella più bubblegum nei primi due attacchi punk rock di questo Ep, pur rimanendo in linea con lo spirito Flower Punk Rock: Cobe e Stand by Me non sarebbero sfigurate affatto all’interno delle due sopracitate raccolte e descrivono il gruppo di Biella come una formazione piuttosto vivace, feroce e verace in fase di scrittura: melodia, energia e frenesia, in un incrocio ben riuscito tra Sonics e Power Pop, sullo stile di gruppi canadesi anni ’70/’80 come Forgotten Rebels, Teenage Head, Diodes e Pointed Sticks.
Ad avvalorare la tesi arriva poi Battle Royal e il fantasma dei Doors (quindi sempre i ’60’s come punto di riferimento) incombe su di un pezzo caratterizzato da un andamento più cadenzato, desertico e malinconico, ma che non smorza affatto l’atmosfera già intavolata coi primi due brani: una pausa riflessiva, ma sempre serrata, che predispone e prepara all’arrivo di I don’t know the way I’ll die: un punk rock tirato e dai toni enfatici, che mi ha ricordato molto i Gun Club del secondo Miami.
Vale la pena parlare anche di Outro: pezzo che, anche se nel titolo pare essere più un rassicurante traghettatore verso la fine dell’EP, in realtà è il pezzo più psichedelico e violento dei cinque e, nonostante la breve durata, fa sperare in futuro sviluppi sonori in tal senso per il gruppo piemontese.
Acquisite e godete!