Primo Tempo
Titolo: Styx
Regia: Wolfgang Fischer
Produzione: Germania/Austria
Anno: 2018
Impegnata in una crociera solitaria da Gibilterra alla piccola isola dell’Ascensione nell’Oceano Atlantico meridionale, una donna medico e appassionata velista, dopo una tempesta si imbatte in un barcone di profughi – troppi su una sola nave – che chiedono aiuto. Il viaggio di piacere si trasforma rapidamente in una missione di soccorso, ma lo yacht della protagonista è troppo piccolo per farsi carico di tutti quei corpi, e le autorità deputate al soccorso, avvisate via radio, le ordinano di non intromettersi, di non prestare aiuto, di attendere. Un bambino riuscirà a raggiungere la barca a vela e…
Un film sulla:
- responsabilità di tutti noi verso la migrazione dei popoli: è lecito lasciar morire altri esseri umani per rispettare assurdi protocolli e per assecondare decisioni politiche prese da chi è al sicuro in una stanza, con pancia e portafogli pieni?;
- necessità di non agire da soli;
- perdita dello spirito comunitario e umanitario: davvero alcune vite umane valgono meno delle altre?;
- importanza di restare umani;
- doppiezza dell’oceano: paradiso per alcuni, violento fiume infernale (Stige; Styx, appunto) per altri;
- difficoltà di prendere una decisione quando ogni scelta pare avere allo stesso tempo esiti positivi e negativi.
Dopo lo spettacolo orribile di corpi consumati dalle onde, ustionati dal sole e dal carburante, feriti, non resta che il silenzio e, infatti, è una scena muta come quasi tutto il film quella che ci porta alla fine della storia, strappandoci idealmente dalle nostre comode poltrone, mordendoci la coscienza e lasciandoci svuotati e sgomenti di fronte a un dramma che sappiamo essere destinato a ripetersi.
Un film che tutto l’Occidente dovrebbe vedere così che possa finalmente far suo l’imperativo morale di prestare soccorso a chi fugge da un mondo devastato dallo stesso Occidente, e devastante; d’altra parte, siamo così sicuri che noi occidentali non dovremo mai attraversare uno Stige?
Secondo Tempo
Titolo: La donna elettrica
Titolo originale: Woman at War
Regia: Benedikt Erlingsson
Produzione: Islanda
Anno: 2018
Halla sembra una donna come le altre, ma dietro la routine di ogni giorno nasconde una vita segreta: compie spericolate azioni di sabotaggio contro le multinazionali che stanno devastando la sua terra, la splendida Islanda. Quando però una sua vecchia richiesta d’adozione va a buon fine e una bambina si affaccia a sorpresa nella sua vita, Halla si troverà ad affrontare la sua sfida più grande.
Un film su:
- l’armonia tra uomo e natura;
- l’essere contro corrente nel nostro tempo;
- la lotta a un sistema che non vede (non vuole vedere?) i danni inflitti al pianeta;
- la rara vittoria dell’analogico sul digitale;
- un’umanità quasi sconfitta ma non ancora arresa;
- la necessità di un risveglio della coscienza civile;
- la difficoltà (soprattutto) delle donne di mettere insieme il pubblico e il privato.
Da vedere, per il riuscito equilibrio tra importanza del messaggio ecologista e leggerezza nella forma con cui il regista ci racconta questa storia al femminile.
Molto divertente la trovata della colonna sonora vivente – una sorta di coro greco formato da tre cantanti più un terzetto (tromba/fisarmonica/batteria; talvolta, compare anche un piano) – che, da estranea alla narrazione, a un certo punto del film inizia a interagire apertamente con la protagonista e la storia.
Alcune immagini delle meravigliose lande islandesi, di paesaggi sconfinati, spazi vasti e quasi primordiali, hanno il potere di riappacificarci con il mondo e ci ricordano (come ha dichiarato lo stesso regista) che i diritti della natura e quelli umani dovrebbero essere messi sullo stesso piano.
Dedicato a chi crede nella difesa del pianeta e nella generosità umana.
Il film è distribuito da un produttore indipendente.
The end