Il ritorno, dopo decenni di oblio, da parte di band che fecero parte della feconda scena progressive italiana negli anni ’70, sta diventando una costante e va detto, purtroppo, che i risultati non sempre sono entusiasmanti, per una lunga serie di motivi che vanno dal valore intrinseco dei musicisti coinvolti fino alle conseguenze provocate dall’impietoso trascorrere del tempo.
In buona sostanza, non può essere sufficiente la sola appartenenza, spesso con un ruolo marginale, ad un movimento musicale o culturale per coglierne i frutti a molti anni di distanza.
Questo discorso potrebbe valere anche per gli Spettri ma, fortunatamente, la rediviva band fiorentina riesce a fugare ogni timore regalando agli appassionati un disco eccezionale, che ha il suo punto di forza proprio nel suo essere magnificamente e pervicacemente retrò.
Il gruppo creato da Ugo e Raffaele Ponticiello (ai quali si unì all’inizio degli anni ’70 il terzo fratello Vincenzo) nacque negli anni sessanta e, come il monicker può fare intuire, il genere d’elezione agli esordi era il beat (non a caso la denominazione completa della band era, appunto, Gli Spettri )
Perso per strada l’articolo, all’inizio del decennio successivo i nostri presero così a suonare un rock più robusto e dalle forti sfumature progressive, diventando parte di quella che è stata una delle massime espressioni artistiche nel nostro paese in epoca moderna.
Per tutta una serie di circostanze negative, il disco che gli Spettri avevano già registrato nel ‘72 non vide mai la luce, prima d’essere rispolverato da un etichetta specializzata in “archeologia” rock e metal come la genovese Black Widow.
Il buon riscontro ottenuto da quest’album omonimo ha riportato all’attenzione il nome del gruppo toscano (i cui membri in tutti questi decenni non sono rimasti certo con le mani in mano: avete presenti gli alfieri del rock’n’roll tricolore chiamati Dennis & The Jets ? Ecco …), culminata con l’esibizione dello scorso anno alla Fiera Internazionale della Musica proprio nel capoluogo ligure e, indubbiamente, anche questo deve aver contribuito non poco a ridare impulso a questo manipolo di non più giovani musicisti per la pubblicazione di nuovo materiale inedito.
Ed arriviamo quindi a oggi, con 2973 MMCMLXXIII – La Nemica dei Ricordi, album che concettualmente è il seguito di “Spettri” ma che, a differenza del predecessore, gode di una registrazione impeccabile capace di valorizzare pienamente la scelta di avvalersi della tecnologia e della strumentazione utilizzata quarant’anni fa.
Il risultato è, francamente, entusiasmante: il prog rock degli Spettri, proprio grazie al suo irresistibile alone vintage si rivela, paradossalmente, una delle cose più fresche ascoltate ultimamente; che non si pensi all’esibizione sterile di tutti i clichè del genere: qui ogni brano avvolge e trascina l’ascoltatore nelle sue antiche spire dove la parte del leone la fa, soprattutto, l’hammond di Stefano Melani, davvero magistrale nel fornire nuova linfa al sound con i suoi datati tasti d’avorio.
Ma è tutta la band che mette sul piatto una cinquantina di minuti di musica che si rivela un’autentica summa, rivisitata con competenza e personalità, di quelle immortali sonorità settantiane, arricchita da un’indole rock capace di fare la differenza; il solo punto che potrà far storcere il naso a qualcuno è la voce di Ugo Ponticiello al quale, del resto, è affidato l‘unico “strumento” che fisiologicamente risente dell’usura del tempo.
Il vocalist, più che cantare in senso tradizionale, interpreta i brani ringhiando con il piglio del vecchio rocker, ma vanno forniti a sua “discolpa” due elementi: il primo è che, tutto sommato, quando ci si fa l‘abitudine, il particolare timbro vocale si rivela ugualmente funzionale alla riuscita dell’album, tanto che non lo si riesce quasi ad immaginare privo del suo contributo, mentre il secondo è che, garantisco personalmente, il nostro dal vivo sopperisce a qualsiasi presunta carenza con una presenza scenica ed una grinta sconosciuta a molti cantanti ben più giovani e dotati.
La Nemica dei Ricordi vive il suo apice nel quarto d’ora formato da Onda Di Fuoco, brano prog dai tratti oscuri che rimanda all’accoppiata Banco/Gentle Giant, e dalla title track, traccia trascinante e purpleiana fino al midollo quando è l’hammond a condurre le danze, mentre fa capolino un’anima jazz quando è invece il sax di Matteo Biancalani (l’unico “ragazzino” della band) ad impadronirsi della scena; ma è l’intero lavoro a costituire davvero un dono, per certi versi inaspettato, fatto dagli Spettri a tutti gli amanti della buona musica, quelli veri che ignorano l’esistenza di paletti o confini di genere.
Tracklist:
1. Il Lamento Dei Gabbiani
2. La Nave
3. La Profezia
4. Onda Di Fuoco
5. La Nemica Dei Ricordi
6. Il Delfino Bianco
7. La Stiva
8. L’Approdo
Bonus tracks:
10. Il Lamento Dei Gabbiani (Mono Version)
11. La Profezia (Mono Version)
12. La Stiva (Mono Version)
Line-up:
Stefano Melani – Hammond, Leslie GRS, Arp Odissey, Piano, Mellotron, Wurlitzer
Raffaele Ponticiello – Guitar Gibson, Yamaha, Ampli Marshall
Vincenzo Ponticiello – Bass Guitar
Mauro Sarti – Drums, Flute, Gong
Matteo Biancalani – Sax
Ugo Ponticiello – Lead Vocals
Guests:
Elisa Montaldo (Il Tempio delle Clessidre) – Vocals on “Il Delfino Bianco”
Stefano Corsi (Whisky Trail) – Celtic Harp and Harmonica on “L’Approdo”
https://www.youtube.com/watch?v=jMWwTiTOdVk
2 risposte
io sono contento di conoscerla questa band fiorentina ho 21 anni e uno dei membri Vincenzo Ponticiello era il mio ex professore di tecnica delle medie e grazie a lui ho conosciuto tutta la band e sono il loro fan n.1 !
Bravo Gabriel. E’ confortante vedere che anche i più giovani sono capaci di apprezzare queste sonorità che sembrerebbero essere riservate a quelli che hanno già abbondantemente superato gli ‘anta ma che, invece, sono il migliore esempio di una musica senza tempo e senza età …