Nuovo lavoro degli Statuto, gruppo storico, pioniere dello ska in Italia, fin dal lontano 1983. Si comincia con “Pazzo”, un pezzo in stile Statuto che apre benissimo il disco, ..”l’anima ribelle ed il tempo non mi può cambiare…PAZZO!!”. Poi c’è “Un fiore nel cemento”, bella dedica a Piero lo skin, un ribelle urbano, ricordando i tempi andati sul cemento rovente. Poi “Facci un goal”, una delle più belle canzoni sul calcio che abbia mai sentito, dedicata a Pulici e a un calcio che non c’entra nulla con quello di Sky e degli sponsors, il calcio dei vecchi idoli, quelli con il granata nel cuore, dove granata sta per una serie di valori trasferibili alla vita di tutti i giorni. “Sempre” è un lento. Premetto che non mi esaltano i lenti, ma ascoltandolo più spesso è un brano piacevole, dove gli Statuto si esprimono in maniera diversa dal solito.La seguente “Vivere felici” conferma la straordinaria verve attuale dei mods torinesi; questa canzone ti fa felice solo a sentirla. “Nessuno come noi” è un pezzo ritmato, un po’ swing quasi, la storia va.E poi c’è quello che considero il capolavoro di questo disco “Fabbrica”, fatto in combutta con quei grandissimi che sono i fratelli Severini, alias i Gang. Non c’è commento per questo pezzo, sentitelo e basta, per chi c’è stato in fabbrica e non ci vuole tornare…più. Si prosegue la polemica con “Il regno della mole”, sulla famiglia Agnelli, famigeratissima icona italiana, che da troppo comanda Torino, prossima puntata le Olimpiadi invernali 06. “Sali su” è uno ska veloce e piacevole, alla Statuto.”L’onorevole” parla di quei simpaticoni che grazie alla democrazia occidentale siedono su alti scranni e alti stipendi. “La piccola formalità” testimonia quanto sia cresciuto questo gruppo. In “Torno a cantare” c’è il riscatto di Oskar, che perse la voce per lungo tempo a causa della perdita del papà, occasione presa al volo da alcuni infami per screditarlo, ma Oskar nonostante voi è tornato. “Mentalità da strada” è il manifesto di una mentalità che si trova sul cemento, vivere liberi e onestamente. Il tutto si chiude con “Non chiamarlo amore”, degnissima conclusione di un grande lavoro. Che dire? Lo stile è sempre lo stile, e questi ragazzi hanno da insegnare tantissimo a tutti. Liberi, SEMPRE!!!!!!!!!