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Recensione : Tad Morose – St. Demonius

Album enorme e band che conferma quanto il nuovo corso dei Tad Morose, iniziato con l'album precedente, sia tutt'altro che un fuoco di paglia

Sembrano tornati i fasti dei primi anni di carriera per gli svedesi Tad Morose che, fatta passare la burrasca, erano tornati nel 2013 con l’ottimo “Revenant”, dopo dieci anni di silenzio ed una formazione per tre quinti nuova di zecca.

Dopo due anni, ecco che si ripresentano sul mercato con un nuovo album, che conferma il ritrovato stato di grazia della band dei veterani Christer “Krunt” Andersson e Peter Morén, accompagnati come sull’album precedente (segno di una ritrovata stabilità) dall’ex Morgana Lefay Tommi Karppanen al basso, Kenneth Jonsson a far coppia con Andersson alle chitarre e l’ottimo e dirompente Ronny Hemlin al microfono, gran vocalist ancora più a suo agio con il sound intrapreso dal gruppo in questo album e sorta di via di mezzo tra Jorn Lande e Nils Patrik Johansson dei fenomenali Astral Doors.
Ho parlato di sound, bene: il gruppo svedese in questo nuovo lavoro si allontana definitivamente dal prog metal robusto degli esordi, per abbracciare un power/heavy metal irrobustito da cadenzate parti doomy, epico, magniloquente e teatrale, incontrando sulla nuova strada intrapresa, proprio il gruppo di Johansson e sono scintille.
Una raccolta di brani, marchiati a fuoco dal metal oscuro ed epico, con in gran spolvero il buon Hemlin, protagonista di una prova esaltante ed un songwriting sopra le righe, fanno di St. Demonius il classico album che non ti aspetti.
La magnificenza metallica del metal sinfonico ed evocativo (Astral Doors) l’oscurità drammatica del filone statunitense (Metal Church e a tratti i primi Savatage), la pesantezza doom, da sempre nel dna del gruppo (Candlemass, Black Sabbath) rendono il disco a tratti irresistibile.
Ritmi cadenzati, che solo in rare occasioni accelerano, per sfuriate power violentissime, un mastodontico incedere epico/sinfonico e tante sfumature evocative e drammatiche riempiono il sound dei Tad Morose, tornati ora a riconquistarsi una bella fetta di fans del genere.
Pathos a fiumi, che la band riversa su brani incendiari, dove ritmiche e riff escono direttamente dal monte dove si erge il dio metallo, interventi orchestrali perfetti per far crescere a dismisura la componente epica, e monolitiche parti cadenzate, muri di suono che si ergono altissimi e dove il vocalist, dall’alto, spettacolarizza con una prova magistrale per intensità e drammatica teatralità sono parte del canovaccio delle varie Bow To Response Blade, Black Fire Rising, Dream of Memories e la sabbathiana (era Dio) The World Is Growing Old.
Album enorme e band che conferma quanto il nuovo corso iniziato con l’album precedente, sia tutt’altro che un fuoco di paglia, i Tad Morose si candidano per un posto nella mia playlist di fine anno, per quanto riguarda il metal classico, da avere.

Tracklist:
1. Bow to the Reaper’s Blade
2. Forlorn
3. Where Ignorance Reigns
4. Remain
5. Black Fire
6. Day of Reckoning
7. The Shadows Play
8. Darkness Prevail
9. Fear Subside
10. Dream of Memories
11. The World Is Growing Old
12. Your Own Demise

Line-up:
Christer “Krunt” Andersson – Guitars
Peter Morén – Drums
Tommi Karppanen – Bass
Ronny Hemlin – Vocals
Kenneth Jonsson – Guitars

TAD MOROSE – Facebook

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