I Television Personalities sono una veterana formazione inglese emersa dalle ceneri della Londra del ciclone del primo punk rock britannico, formatasi nel 1977 per volere del frontman, songwriter e chitarrista Dan Treacy (personaggio bizzarro, eccentrico e dalla vita turbolenta, ma figura seminale e iconica della scena indipendente albionica) capace di scrivere brani memorabili come l’anthem “Part time punks” (uno dei pezzi preferiti in assoluto dal benemerito e compianto disc jockey inglese John Peel) e album molto influenti nei primi Eighties (“…And Don’t the Kids Just Love It“, “Mummy Your Not Watching Me“, “They Could Have Been Bigger Than The Beatles” e “The Painted Word“) che non raggiunsero il “successo commerciale” di massa ma, col loro sound imbevuto di post-punk, youth culture/mod revival e neopsichedelia, hanno giocato il curioso doppio ruolo di outsider e “trandsetter”, essendo stati di grande ispirazione per lo sviluppo dell’indie rock e per le band del movimento indie/jangle pop, C86 e alt.rock.
Dopo quasi mezzo secolo di percorso, nonostante vari cambi di line up e problemi di salute di Treacy, i TVPs sono ancora attivi e, grazie alla label londinese Fire records, sono riusciti a pubblicare, nel 2018, il long lost album “Beautiful Despair” (registrato negli anni Novanta) e quest’anno hanno fatto uscire “Tune in, turn on, drop out: Radio sessions 1980-1993“, lunga e godibilissima compilation che raccoglie ben ventquattro canzoni registrate dal vivo in varie sessions eseguite, a cavallo tra due decenni, per John Peel, alla BBC e in college radio indipendenti statunitensi (WMBR e WFMU).
Una dimensione radiofonica (ma non “radio friendly”) che si sposa(va) perfettamente con le caratteristiche e la natura del gruppo – tra i paladini del lo-fi e dell’etica DIY – a suo agio nello sciorinare, senza troppi orpelli, la sua proposta melodica scarna e spigolosa, tra pulizia e distorsioni, armonie squillanti e chitarre sornione e graffianti, pronte anche a ruggire in divagazioni psych/noise rock a metà strada Velvet Underground e Pink Floyd Barrettiani quando la situazione lo richiede (come nel caso dei pezzi “My very first nervous breakdown” o “Everything she touches turns to gold” – e le abilità da storyteller di Treacy, accompagnato da Jowe Head al basso/voce e Jeff Bloom alla batteria. Composizioni del loro repertorio (che, al tempo, si fermava all’Lp “Closer to God” e includeva anche brani, all’epoca inediti, “How Does It Feel To Be Loved?” e “I get frightened too“, che poi sarebbero finiti su “Beautiful despair“) si alternavano a diverse cover in cui venivano omaggiati Buzzcocks (“Why can’t I touch it?“) Raincoats (“No-one’s little girl“) e Daniel Johnston (“Honey I sure miss you“) oltre a una curiosa e inaspettata rivisitazione decostruita e goliardica di un classico dance/house (“Gypsy woman” di Crystal Waters).
Maturare, evolvendo il proprio suono senza snaturarne l’essenza stripped-to-the-bone, e mantenendo un’ispirazione fuori dagli schemi e sempre lo stesso approccio sgangherato e non ortodosso alla materia, continuando a ispirare nuovi ensemble ancora oggi. Se questo era l’obiettivo dei Television Personalities (e, quindi, di Dan Treacy) possiamo sicuramente affermare che sia stato centrato in pieno, e “Tune in, turn on, drop out” non potrà far altro che far godere i vecchi fan e portarne di nuovi ad appassionarsi a questa cult band. E se ci sono ancora altri tesori nascosti come questo, tirateli presto fuori, vi ringrazierà anche Timothy Leary (?).