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Testamento Del Cuore

Testamento Del Cuore: E’ estate, una domenica di luglio, il 24 mattina; l’ora precisa non la ricordo, probabilmente tra le 9 e le 10, se il te...

Testamento Del Cuore

E’ estate, una domenica di luglio, il 24 mattina; l’ora precisa non la ricordo, probabilmente tra le 9 e le 10, se il tempo così come lo misuriamo può avere un senso.

Con gli occhi, da tempo ormai smarriti, scorro il corso sulla soglia del caffè, una sigaretta con un amico, la cittadina che si sveglia.
Cosa mi avesse portato lì in quei precisi minuti non è chiaro, anche se posso chiamarla inerzia; la stessa con cui mi stavo tuffando in un abisso d’oblio da cui non sarei mai riemerso. Era la resa, nemmeno mutuata da un armistizio, con la vita.
Così trascorrevo le ore ed i giorni.
Inaspettata ad un tratto entra nel mio campo visivo, ma non scorgo, fino a che a pochi metri non si fanno un saluto. La prospettiva ha determinato che a quel punto ruotando un collo curvo che più mi apparteneva, incontrassi uno sguardo che, curioso, di riflesso indaga fugacemente nella direzione del mio.
L’infinitesima frazione di tempo, quella soglia misurabile solo con i più sofisticati strumenti di cui disponiamo, si dilata nel tempo stesso in cui si manifesta ed esplode!
Prima ancora di realizzare cosa stesse succedendo, “sentivo”. Solo nei mesi, sì mesi, successivi sono riuscito a spiegare, in parte, comprendere quell’attimo.
Ne avevo sentito parlare, letto in varie forme e stili letterari, visto in espressioni visive di fantasia. Ma non ero vicino all’idea di potervi credere, né tanto meno all’immaginare con un salto di fantasia, che il mio cuore non poteva permettersi, di poterne essere protagonista.
Invece era lì, dentro me, intorno a me, è successo, quello che si sogna ed agogna per una vita e magari poi un’altra ed un’altra ancora senza esito, quello che da ragazzini rivendicavamo con la forza dell’idealismo di aver vissuto ai primi bollori della pubertà.
Quello che avevo giurato e spergiurato sarebbe stato per sempre il più forte, unico e vero. Nulla di più mendace. Ciò che la vita e la ragione mi avevano insegnato fino all’istante precedente non esisteva più, non era mai esistito.
Un’insieme di macule, strie e colori con un diametro di poco più che un centimetro avevano trasmesso l’esatto codice criptato con cui avevo imprigionato, segregato, il nucleo primevo del mio essere e del mio sentire, quello che racchiude la summa ed eredità sensoriale e sentimentale della mia vita.

Il battito d’ali di farfalla, niente di più lieve ed effimero, nonché bello, aveva scardinato le segrete più impenetrabili che possano racchiudere un cuore ed una mente creando nel mio interiore un uragano, squassamento che solo lo scontro tra due universi, materia con antimateria, ha in predicato di replicarne e renderne l’energia devastante, rigenerante.
La teoria del caos applicata all’interiorità spirituale e sentimentale, quale accoppiata!
STURM UND DRANG, big bang del romanticismo, dalla violenza inaudita alla soavità, impeto e furore.
Non esiste equazione fisica che possa tradurre in ragione tutto questo, solo noi ne siamo filtro.
Un singolo, unico ed infinitesimo ISTANTE.
Tanto è bastato, ma non l’istante in se stesso, no, esso è solo una convenzione che ci siamo imposti per definire l’intervallo di tempo in cui avviene un evento… ma come?! Ho vissuto un’era mentre realizzavo di averTi davanti.
Tornavi da una corsa, maglietta rossa e shorts forse color indaco, era domenica 24 luglio e l’epifania si era compiuta.

Da quell’istante, quello sguardo, quel flusso d’intangibile astrattezza, espressione di un’essenza sublime di bellezza interiore ha impresso indelebile il proprio marchio sul mio tempo.
Ogni secondo di ogni giorno e notte il convulso vorticare dei miei pensieri non ha generato altro che immagini di TE, emanazioni eteree e feromoni ai miei sensi.

Ti ho rivista sul ponte del Sansobbia una mattina d’estate od una sera uscire dal budello e di nuovo il tuo sguardo è stato mio, avevi quel vestito bianco a fantasie blu che esalta i tuoi capelli e la tua pelle di bambina abbronzata; cammini leggera, fiera di una fierezza consapevole e rivendicata, mai imposta, mai presuntuosa, semmai esuberante di un’energia e di una luce che illumina e colora al Tuo passaggio il grigiore di un mondo che mi soffoca, grigiore di cui sono stato consapevole nell’istante in cui sei entrata nella mia vita. Lieve
e possente al tempo stesso ed incorruttibile.
Mi chiedo se sono il solo ad accorgermene… no, tutto il mondo Ti osserva con occhi morbosi ed ignoranti, ma non coglie, bensì interpreta a proprio profitto, fallendo miseramente.

Ti è mai capitato di essere così profondamente ed ineluttabilmente rapita da precipitare all’infinito preda di una vertigine che ti lascia cosciente e vigile, ma inerme?
Essere, sentirsi e volerlo, vulnerabile e miserabile davanti a una persona, senza provare disagio ma appagamento e quello smarrimento di dolce malinconia nei momenti in cui non c’è, è fuori dalla Tua vista?
Non riuscire a distogliere la mente e sentire il bisogno di essere migliore di così per coltivare l’illusione di poter un giorno avere la speranza di esserne all’altezza?

Ci siamo finalmente incontrati, quando disperavo potesse succedere, mi hai concesso generosa il Tuo tempo ed il Tuo spazio, ancora di più, mi hai concesso i Tuoi pensieri e le Tue sensazioni, tesori inestimabili e nettare per la mia anima. Poesia suprema, note di una musica di cui mi faccio cassa armonica per gridare al mondo che esiste ancora speme di
bellezza, quella vera.

Nessun esame mi ha incusso altrettanta soggezione, ma sono saltato nel vuoto e senza paracadute, il cuore che batteva impazzito, lì alla Marinella il 6 dicembre, quando guardando la spiaggia ed il mare per entrare nell’armonia e poi voltandomi per salire i gradoni ed arrivare al sedile in cemento … Ti ho vista, tubino in lana grigio, che mi
guardavi… e resistendo strenuamente all’impulso di fuggire sono riuscito a rivolgerTi un cenno di saluto con il capo, Tu hai ricambiato abbozzando un sorriso imbarazzato, ma sempre il Tuo sorriso è, ed è “tutto”, e mi sono seduto alla distanza necessaria per non invadere minimamente le sfere del tuo spazio personale. Credimi se Ti dico che mai in vita mia ho approcciato una donna con l’intento di tutti, non sono io e dentro avevo un campo di battaglia dove sentimenti contrastanti menavano fendenti a lacerarmi, ma questa volta no, non sono fuggito, ho sconfitto la vigliaccheria, forte della meraviglia che avevo innanzi.
Rimango lì solo con la ritrosia dovuta all’attenzione prioritaria nel non invadere il Tuo spazio, se non invitato, rompere quello speciale equilibrio che manifesti in ogni singolo piccolo movimento od espressione ed azione Tu possa compiere nella quotidianità.
C’è un quid che traspare sottotraccia che mi avvisa di questo anche se non mi è dato saperlo, solo coglierne il segnale.
Scusami se Ti ho chiesto se potesse darTi fastidio il fumo delle mie sigarette, non era un tentativo di rompere il ghiaccio: sono realmente così. Ti sei subito preoccupata di assicurarmi che non Ti avrebbe dato alcun fastidio con una risposta pronta accomodante ed a piena voce: “assolutamente no, anche io ho le mie”… è stata la prima volta che ho
sentito la Tua bella voce e non dimenticherò mai quei momenti, così come i successivi.
Trascorre circa un’ora senza sussulti, fingo serenità facendomi scudo con la lettura di un banale quanto asettico, in quel momento, contratto nazionale degli studi professionali, nulla di più lontano dalla magia di quel giorno.
Arrivava gente a sedersi per il sole ma dopo un po’, stranamente, se ne andava e questo è successo anche successivamente, come se si avvertisse una tensione a procurar disagio.
A quel punto, erano circa le 2 del pomeriggio, Ti ho offerto del succo di frutta, perché condividere mi da gioia, anche solo un semplice bicchiere di succo di frutta; hai declinato gentilmente, quasi timida, spero non scocciata (è sempre questo il mio timore). Per incanto, subito dopo, come se Tu avessi colto la gentilezza del gesto, hai deciso di
ricambiare il proposito affermando quanto siamo fortunati a poter godere di quel posto, mentre in cuor mio esaltavo la mia fortuna nell’averTi lì, di fianco; sei stata “forte”, per non parlare di quanto mi abbia tolto il respiro quel Tuo aprire il discorso…
Allora ho insistito con il succo, ormai ero nel caos più completo, solo per il semplice fatto che tengo a Te ed allo stare con Te più che ad ogni altra cosa, forse anche in maniera infantile… ma tornare fanciullo mi rende orgoglioso di quanto provo.
Hai accettato, forse la mia insistenza demimeridionale di sanguemisto calabroligure, creuza silana, ti aveva fiaccato e la maniera più veloce per liberarti di me era accettare… ma hai accettato e quando ti ho porto il bicchiere e ho accennato ad un brindisi, Tu, da seduta, Ti sei levata ed inginocchiata facendo due passi carponi sulle ginocchia venendomi incontro su quel cemento con l’impaccio imposto dal movimento ed un sorriso che non si è limitato alle labbra, ma ha pervaso per lunghi istanti tutto il Tuo corpo… che così mi sorrideva. Ormai ero in apnea, ma dopo anni avevo sentito la felicità riaffacciarsi in me.

Poi sono dovuto scappare e sono andato via su una nuvola…
Quanto soffrire alla Tua mancanza tra quel primo incontro ed il secondo, con brevi e fugaci incroci per la strada a lenire questa privazione che non posso sopportare più a lungo.

Vorrei, nel tempo, essere meritevole ed arrivare, sfogliando petalo per petalo, al Tuo cuore, se mai vorrai permetterlo, al tuo nucleo interiore, in quella nicchia d’oro e diamanti, per dare una connotazione materiale per quanto inappropriata, in quella nicchia dove ci sono la donna e la bambina e nel mezzo tutto il loro proprio divenire, dove sei Tu, quella che il resto dell’universo in cui compiamo questo viaggio può solo provare ad immaginare; perché oltre le apparenze ed i mascheramenti che indossiamo, al cuore, al midollo, alla fine che è inizio, possiamo essere simili, forse affini. Con un po’ di mia fortuna, complementari.

Non è un caso se ho accettato di scrivere per una fanzine che porta il nome di “IN YOUR EYES”, perché ormai il tema ricorrente è quello, sono i Tuoi occhi, quelle due pupille, centri di due iridi a protezione di cristallino e retina, 7 milioni di coni e 12 di bastoncelli, poi umor vitreo, ultimi baluardi a protezione del varco che porta dritto alla Tua essenza, quella che ha lasciato trasparire pochi barlumi, quella domenica mattina, stravolgendo in meglio e per sempre la mia vita. Nei tuoi occhi vedo l’energia del TAO dell’Amore, inteso come collante dell’universo, degli universi, energia ed unica forma di pro-pulsione in grado di piegare ed asservire, ingannare, spazio e tempo, le 4 dimensioni fisiche, proiettandoli in una dimensione che non ammette limiti; è lì diventiamo molecole impazzite che vibrano e si spostano e si scontrano fino a trovare, nel luogo e nel momento giusti il loro legame ideale, la loro perfezione, unendosi a creare nuove realtà, nuovi universi…
Tutto questo per me e per nessun altro e quello sguardo, il Tuo sguardo.
Magia, rapimento, estasi, completamento, nirvana.
E’ il Samàdhi, concetto che mi è chiaro nel momento stesso in cui Tu sei apparsa nella mia vita, sentendolo come necessità unica e primaria.

Ma sono solo un povero ignorante che ha la sua forza nella fantasia dei propri sentimenti e che ne trae il coraggio per riuscire a vivere con passione sfrenata le vicende della vita perchè è un delitto cercare di imbrigliare l’imponderabile con la ragione od il buon senso.

Non Ti nascondo di aver passato e di passare momenti di scoramento, durante i quali vigliaccheria e meschinità hanno avuto il sopravvento;
ho rubato una Tua fotografia, ritratto impressionista del Tuo stato di grazia, della Tua grazia, bellezza assoluta ai miei occhi, al mio cuore, solo per provare sollievo, ma è stato solo un temporaneo ed opprimente attenuare i sintomi, quando sento e ne sono certo, che sei Tu l’unica cura possibile.

Sei bellissima!!! me ne sono reso definitivamente conto l’altro giorno, nel nostro secondo incontro, assolutamente casuale e Ti prego in questo di credermi (anche se questa locuzione rafforzativa potrebbe sottolineare un qualcosa in cui non credo, ma non è così), sei stata così gentile, financo caritatevole, da togliere le cuffiette appena
indossate e rinunciare così alla tua lettura in relax ed isolamento, turris eburnea per la Tua luminosità, per sfamare il mio spirito, oasi nel deserto, TU, che come la sabbia sottile quasi eterea, mi hai penetrato, attraversato, scomposto e ricomposto, hai sedimentato calda roccia nelle membra rendendomi più forte e restituendomi la sicurezza del mio esistere, restituendomi alla causa per cui sono stato creato, l’Amore.
Tu mi travolgi i sensi e l’anima e mi risollevi con gli occhi, col sorriso.
E’ come se fossi stato investito da una tempesta cosmica, onda anomala siderale, e poi subire una mutazione così profonda, radicale e definitiva da non sapere, ricordare né concepire la mia esistenza prima di quel 24 luglio 2011, mia ultima e definitiva nuova data di nascita.

Non dare peso a questo mio delirio, a queste limitate parole, non sentire l’obbligo della replica, non portare un fardello, se non vuoi, se per Te sarebbe solo obbligo e fardello.
Avrai per sempre la mia gratitudine ed il mio cuore per ciò che sei, per quello che mi hai fatto senza sapere.

Non te ne avere e non dispiacerti se non penso ad altro che a Te, qualsiasi cosa stia facendo:

mi levo dal sonno e Ti sorrido
esco di casa e Ti cedo il passo
mi reco alla macchina e Ti apro la portiera
faccio colazione ed ordino la Tua
passeggio tenendoti per mano…
così fino al sonno, che sonno non è, ma pensiero di Te, porgendoTi la buonanotte,
…ovunque e con chiunque Tu sia.

ogni Tuo gesto mi parla, irretisce;
il modo in cui protendi il viso in avanti quando con enfasi parli di qualcosa che Ti affascina, socchiudendo gli occhi come se andassi in sogno là dove quel piacere hai provato; il modo in cui con il dorso delle dita scosti i tuoi meravigliosi riccioli dal viso, scoprendo le orecchie ed il collo, sensuale ai miei occhi più di ogni altra esperienza sensoriale.
Il modo in cui inumidisci le labbra con la lingua…
Non me ne volere se da quel giorno, da quell’istante, ho saputo in cuor mio che Tu sei l’angelo che è qui sulla terra per salvarmi, redimermi ad una nuova vita. Non me ne volere, perchè è successo e non ci posso nè voglio fare nulla se non provare a stare accanto a Te fino a che non mi sarà rimasto un solo alito di vita. Fino a che non mi sarà rimasta una sola scintilla nel cuore. Ecco, io questo sono, nessun pudore, orgoglio nè dignità nel manifestarlo, nessuna vergogna. Tutti sentimenti infinitamente più piccoli di quanto sento per Te e quindi superflui; è così bello essere se stessi, nel rispetto dell’altro, al servizio dell’altro e nel sentimento.

Ti prego di non prendere queste misere parole, pure male organizzate da sinapsi che bruciano al calore del cuore, come una gabbia. Tu sei spirito libero e questo devi essere: una tua parola e mi smaterializzo, disintegro, pago dell’idea che Tu comunque SEI e continui ad essere TU.

Quando Ti ho voluto dare quel disco, per l’agitazione non sono riuscito a dirti che vuole essere un buon auspicio, per questo nuovo anno, come recita il titolo, ma non per me, bensì solo per TE, perché l’auspicio è quello che Tu possa veramente e definitivamente essere felice, anche se questo non mi comprenderà, riguarderà. ‘Che la Tua vita possa essere
viaggio, scoperta e meraviglia, come mi hai raccontato, come rapito io ho ascoltato.
Se mai vorrai condividere, vorrei essere lì e partecipare e renderTi partecipe e protagonista di due vite: la Tua e la mia. Anche e specialmente nelle piccole cose quotidiane, nella routine che diventa MAGIA condita di GIOIA, consapevolezza dell’altro, complicità, attrito ed intesa, per arrivare finalmente ad ogni sfera della vita a livelli sempre più alti, sublimandosi in energie forti che oggi ci sono aliene.
Non ho paura in questo.

Questo è il testamento di chi è folle e disperato, nella misura in cui, dopo un sonno lungo una vita, scopre, in un battito di ciglia, un universo in cui l’unica regola ed anelito è l’amore verso una donna sconosciuta incontrata per caso fuori da un Caffè nel momento più giusto che possa essere, un amore voluto e creato dal nulla in spregio di ogni
legge fisica e metafisica.
No, mi sbaglio: il folle è chi dice il contrario, chi non ammette che possa esistere una favola come questa, la mia favola di cui Tu sei REGINA. Folle è chi non sa e non vede che nella realtà di tutti i giorni esiste tutto questo, anche se per un solo istante, istante per cui vale la pena di vivere una vita… dietro l’apparenza di un viso, dentro lo sguardo fugace e casuale di una DONNA in una domenica di mezza estate.

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