“Non c’è maturità o altre stronzate del genere, perché chi cazzo vuole un rock ’n’ roll maturo? È sempre lì che la gente sbaglia, secondo me. “E’ come il rock ’n’ roll ma adulto”, nessuno lo vuole! Questo è letteralmente togliere il buono dal rock ’n’ roll. Il rock ’n’ roll non riesce a crescere, è un adolescente perenne e questo album si sente esattamente così, ed è tutto merito della nostra esaltazione – e non si può fingere una cosa del genere.”
Come si fa a non essere d’accordo con questa affermazione fatta dal frontman Pelle Almqvist, quando ha descritto in poche, efficaci parole il nuovo album della sua band, gli Hives? Va cercato proprio lì il succo dell’essenza del rock ‘n’ roll, che è musica rinvigorente che mantiene giovani corpo, mente spirito, e non bisogna essere degli scienziati dello strumento o sboroni ipertecnici per poterlo suonare: contano attitudine e semplicità, poche elucubrazioni e nessuna masturbazione narcisistica da guitar heroes. Il rock ‘n’ roll più vero, autentico e credibile è, nella maggior parte dei casi, racchiuso in brani veloci ed elettrici che non superino i tre minuti di durata, senza troppi fronzoli, e se chiedete ai gruppi di abbassare il volume e “fare meno casino/rumore” vuol dire che siete diventati anziani scarponi imborghesiti.
Tanti musicisti che, nei loro venti anni, giocavano a fare gli incendiari, col passare del tempo sono poi diventati pompieri, perdendo la fame e la rabbia della gioventù, una volta arrivati al “successo” e alla stabilità economica garantita dalla “carriera” sicura, a loro volta trasformatisi in vecchi tromboni cinquantenni (e oltre) che ce la menano con la meraviglia dell’essere “maturi” e, di conseguenza, ammosciarsi e produrre dei dischi che sono delle boriose lagne acustiche/atmosferiche/orchestrali/soft seriose e pretenziose che niente hanno a che vedere col loro passato. Siamo felici di poter constatare che questo morbo non abbia contagiato anche gli Hives, noto combo R’N’R svedese attivo da ben trent’anni e che non ha nessuna intenzione di diventare “adulto” e modificare la collaudata formula basata su un ruspante garage rock/punk degno erede della tradizione dello Scandinavian Rock, ma aggiornato ai tempi moderni (e aperto a esperimenti sonori) che ha fatto guadagnare alla causa una meritata notorietà a livello mondiale.
Howlin’ Pelle Almqvist e soci tornano sulle scene dopo vari anni di assenza discografica (risale al 2012 l’ultimo lavoro sulla lunga distanza del quintetto, “Lex Hives“, al quale hanno fatto seguito nel 2019 un Ep con due inediti e nel 2020 il primo live ufficiale alla Third Man Records) che però non hanno minimamente scalfito la voglia dei giovinastri di Fagersta di farci saltare e scuotere il culo con pezzi adrenalinici che rientrano quasi tutti nei canonici tre minuti, e regalando al pubblico concerti incendiari e live set scatenati e burloni.
“The Death of Randy Fitzsimmons” è il sesto long playing complessivo dei nostri, pubblicato sulla loro label Disques Hives , preceduto da un battage pubblicitario sulle pagine social del gruppo (con cui esordisce ufficialmente su disco il nuovo bassista Johan Gustafsson aka “The Johan and Only“, che è andato a sostituire il partente Mattias Bernvall aka “Dr. Matt Destruction“) che sulla copertina celebra il “funerale” di quel Randy Fitzsimmons che altro non è che la persona immaginaria che, in una lettera, avrebbe suggerito illo tempore ai cinque ragazzacci di formare una garage rock band, e lo stesso pseudonimo (forse celando l’identità del fratello di Pelle, il chitarrista Nicholaus Arson/Niklas Almqvist) è stato usato dai membri del gruppo per indicare il nome di un presunto sesto membro che avrebbe agito da “manager” della band e da sigillo per firmare il songwriting delle canzoni. Oggi questo fantomatico Randy Fitzsimmons sarebbe morto ma, come ultimo dono, avrebbe lasciato in eredità agli Hives le dodici canzoni che vanno a comporre il nuovo full length. Verità, leggende metropolitane, mitologia, suggestioni, fumo negli occhi, specchietto per le allodole, presa per il culo: al netto di tutte queste congetture, questo disco spacca il deretano ai passeri.
Si parte subito col botto, potenziale duo da knock-out composta dal singolone “Bogus Operandi“, destinato presto a rimpinguare la lista dei nuovi classici del repertorio dei cinque mattacchioni svedesi (oltre a Pelle, Johan e Niklas, troviamo sempre i fidi Sir Chris Dangerous alla batteria e Vigilante Carlstroem alla chitarra, che nel videoclip si divertono a inscenare una sorta di mini-film horror in cui diventano zombies che registrano un nastro proibito demoniaco) dal sound compatto e riconoscibile à la Hives, con le chitarrozze sparate a volumi insostenibili per tramortire l’ascoltatore, che non ha neanche il tempo per riprendersi e viene subito travolto dal fulminante minuto di stop ‘n’ go punk rock di “Trapdoor solution” , sputato nei microfoni a mo’ di anello di congiunzione tra gli Hives dei primi Ep e dell’esplosivo debut album e quelli di oggi, con venticinque anni di esperienza in più sul groppone. Ma Randy Fitzsimmons agonizzante non ne vuole sapere di esalare il suo ultimo respiro in maniera calma e così ordina ai suoi seguaci di sbatterci in faccia altri due sicuri futuri evergreen come “Countdown to Shutdown” (dal groove esuberante 100% Hives) e “Rigor mortis radio“, mentre in “Stick up” si tira per due minuti il fiato con una elegante sezione fiati (che pare contenere un altro filo conduttore col passato che porta, stavolta, a “The black and white album“, specialmente richiamandosi a un brano come “Puppet on a string“) prima di rituffarsi nel caleidoscopio elettrico di “Smoke & Mirrors” e “Crash into the weekend“, “Two kinds of trouble“, “The way the story goes” e “The bomb” (che sembra quasi un frenetico prequel di “Tick tick boom“) con un Almqvist più in forma che mai, che si concede il lusso di sorprendere l’avventore medio del ruooock con una canzone imbevuta di fiati e algida elettronica, “What did I ever do to you?”, per poi finire col minuto e quaranta secondi di calci in culo “gentilmente” forniti dalla conclusiva “Step out of the way“, scheggia perfetta per pogare ai concerti.
Come novelli Peter Pan dal look riverniciato in black and white, questi monelli scandinavi del rock ‘n’ roll hanno aggiornato la loro eccentrica parabola e, nonostante qualche leggerezza dettata dalla fama globale (come la partecipazione a certi festival/troiai mainstream assai discutibili, o essersi affidati alle grinfie delle major in passato) gli si può perdonare un po’ tutto quando dimostrano di saper sfornare dischi di R’N’R abrasivo ancora validi (nonostante una produzione forse un po’ troppo perfettina) come quest’ultimo “regalo” dispensatoci dall’altruista “Randy Fitzsimmons”, che sarà anche morto (boh? Pelle Almqvist lo invita comunque a resuscitare e tornare a collaborare e divertirsi con i suoi idoli) ma al di là della facciata giullaresca e sbruffona, gli Hives non sono affatto una band superficiale, al contrario: utilizzano la fama acquisita in decenni di percorso musicale per veicolare messaggi di critica sociale verso il mondo moderno e le sue grottesche brutture (come il capitalismo e il sistema di potere che lo perpetua da secoli) e dischi come “The death of…” al giorno d’oggi sono abbastanza buoni per seppellire, almeno per una mezz’oretta, tanta gente inutile che spreca ossigeno ma dentro è già morta e ancora non lo sa.
Una risposta
Al buon Pelle Almquist il premio di miglior trattoria garage punk svedese del 2023, buon cibo, birra ottima, come sempre. Nessuna tentazione a farla diventare sushi bar, più gente selezionata, elegante, arredi minimal, atmosfera fighetta e l’ultimo degli Arctic Monkeys in sottofondo. Il posto alternativo di chi non è mai stato alternativo.
Sarò sincero il disco non mi è sembrato tra i migliori del combo scandinavo, però, avercene di questi tempi. Il Rock’n’Roll a detta di molti affermati critici musicali se la passa male se non malissimo, a loro insaputa mi vien da dire. Se solo ascoltassero alcuni dei tanti ottimi dischi (punk, post, garage, psych) usciti negli ultimi mesi il loro assunto risulterebbe ridicolo. Il Rock’n’Roll sarà pure tornato alla semiclandestinità delle cantine e forse è meglio così perchè per noi scoprire una nuova misconosciuta grande band di cui non parla nessuno ringiovanisce ed entusiasma. E’ roba tua, la consigli agli amici: sentiti questi e butta via l’ultimo PJ Harvey. Quindi lunga vita agli Hives e a tutti coloro che non sanno che farsene dell “Rock’n’Roll adulto”.