Per quanto concerne i Lemon Twigs un dubbio mi assale: che siano l’ascolto perfetto per quella fetta di ascoltatori indie oriented che tanto detesto.
Le caratteristiche ci sarebbero tutte; i fratelli D’Addario hanno infatti l’immagine giusta, i suoni perfetti e le canzoni adatte per piacere a tutti “gli alternativi” che vivono in realtà alternativamente fighette e che parlano di cinema e di letteratura facendo venire a quelli come me (ancora più) voglia di Lino Banfi e Lanciostory, ma tutta la vita.
Un tempo la mia attitudine oltranzista mi avrebbe portato a non considerare in alcun modo una band al cui pubblico d’orientamento non volevo (mai!) essere associato, ma oggi l’età mi consente di fregarmene bellamente e pensare che se qualcosa mi piace, non mi turberà condividerla, mio malgrado, con quell’intellighenzia che tanto detesto. E i Lemon Twigs mi piacciono, mi piacciono parecchio.
Le loro canzoni pop suonano davvero perfette, costruite con una sapienza che a tratti lascia stupefatti.
I numi tutelari sono quelli che ci si può aspettare i questi casi: i Big Star (My Golden Years), i Beatles (They Don’t Know To Fall In Place e Church Bells), i Beach Boys (In The Eyes Of The Girl), gli Xtc (How Can I Lover Her More?) con, a chiudere, un pezzo sorprendentemente glam qual è Rock On, ma dentro ai brani di questo duo c’è molto d’altro: i Byrds, gli Zombies, i Turtles, qualcosa dei Love e un po’ della psychedelia più occhieggiante a suoni morbidi e flessuosi.
Invecchiare ha quindi i suoi vantaggi: potersi prendere la libertà di contraddirsi, di tradirsi e di dire le cose come stanno. Ad esempio che A Dream Is All We Know dei The Lemon Twigs, sia un gioiellino. Nonostante le maiuscole.