Puntata molto oscura, esoterica ed evocativa, si parte dalle foreste della Germania, arrivando allo sludge italiano di alta qualità per terminate a Chicago con dei padrini del doom classico ed epico.
LILJEVARS BRANN
I tedeschi Liljevars Brann sono qui al debutto con il disco “Helja kor” per Octopus Rising, la nuova sussidiaria di Argonauta Records. Il disco è un insieme di dark folk, dark ambient e black metal mistico come lo definiscono loro stessi, è l’entrare in una foresta per viverne intensamente i segreti, e trascendere dall’umano sentire per diventare altro. Nei Liljevars Brann c’è la forza primordiale della natura, c’è la tremenda bellezza dell’approcciarsi con qualcosa che è molto più grande e più forte di noi. Musicalmente troviamo un black metal molto sfumato nel dark folk, come se gli Ulver avessero preferito nei loro primi lavori la melodia alla potenza, per capirci.
Vi sono momenti molto eterei e altri più duri, passaggi molto cadenzati e alcuni maggiormente melodici, e tutto è sempre in equilibrio. “Helja kor” è un sogno vissuto in maniera molto vivida e reale, un tornare indietro a suggestioni che abbiamo scolpite dentro di noi ma che abbiamo voluto dimenticare presi dagli schermi in silicio, e i Liljevars Brann ci riportano ad una natura che non può essere definita maligna o benigna, semplicemente è la natura che ci circonda e che ci ha creato.
Disco speciale e di una caratura differente, che va oltre la musica, dark black metal folk mistico e molto altro.
EYE OF THE GOLEM
Gli Eye Of The Golem nascono a Bologna come duo nell’estate del 2019, per poi diventare presto un quartetto che vede Andrea al basso e alla voce, Hari alla batteria, e Mark e Ale alle chitarre. Nigredo” è il loro debutto sulla lunga distanza per Octopus Rising ed è una mazzata sludge e stoner, riffs su riffs, giri di basso che ti arrivano dritti in testa, batteria incessante e voce abrasiva. Il gruppo bolognese produce molto rumore, e non lascia nulla al caso, la scrittura è molto ariosa e le canzoni sono sviluppate molto bene, con molte strutture intrecciate fra loro all’interno delle stesse. Ogni traccia porta con sé qualcosa di diverso e di potente, un quid esoterico e da scoprire.
Gli Eye Of The Golem hanno tante frecce al loro arco, e le usano tutte in uno stimolo continuo per l’ascoltatore, in un ambiente distorto e molto saturo, e se si dovesse dare una definizione musicale si potrebbe dire che danno quella sensazione musicale tipo High On Fire, ovvero quella continua progressione di riffs e ritmica che espande la coscienza e lo spazio fisico intorno a noi. Immaginario metafisico, un pò desert e un pò cyber, con un pizzico di tribalismo e di psichedelia pesante.
Le canzoni del quartetto felsineo sembrano non finire mai e se si eliminassero le pause fra un pezzo e l’altro si potrebbe ottenere un continuum compiuto ed infinito. “Nigredo” è un disco pieno, possente, fecondo e sempre interessante, non c’è una pausa, e possiede quel qualcosa di speciale che ci fa amare la musica pesante come questa. Quando finisce una canzone se ne attende ansiosamente un’altra ed un’altra ancora.
Il gruppo porta avanti una visione musicale chiare e ben definita, con una varietà stilistica non comune a queste latitudini. Disco che è una marcia continua verso un rumore bianco che compenetra tutto.
AVERNUS
Gli Avernus sono un gruppo di classico doom metal tendente al death e al gothic, con influenze classiche ed atmosferiche. Il loro nuovo disco si intitola “Grievances” ed esce per M- Theory Audio. Il gruppo di Chicago si è formato nel 1992 e ha attraversato diverse fasi del genere doom, è stato attivo fino al 2009, e poi dopo una pausa di tre anni si è ripreso nel 2012 per arrivare fino a qui. Gli Avernus hanno prodotto moltissimo materiale nella loro carriera, e tutte le loro produzioni sono di livello medio alto, e “Grievances” si pone fra le migliori di esse, ultimo prodotto di un gruppo che fra i primi ha miscelato assieme doom e death metal melodico con tanto gothic.
Il loro suono risplende di tantissime emozioni, “Grievances” è come un buon romanzo che sa spaziare in luoghi ed emozioni diverse, gli Avernus ci portano dentro e fuori di noi, ci sono momenti con riffs megalitici, e altri momenti con intermezzi quasi classici di piano e altri strumenti tradizionali. Ascoltare un disco di doom classico di questo livello è un’esperienza che gli amanti del genere conoscono già, ma ogni volta è una meraviglia differente, un qualcosa che ci porta lontano e ci fa sognare.
Il suono degli Avernus è molto potente seppur non sia veloce, è un qualcosa che viene composto e suonato con i suoi tempi, è un malinconico equilibrio di fronte al caos che pervade tutto, è consapevolezza e al tempo stesso è perdersi in questo magnifico suono come fosse neve alta dei metri.
Nel disco ci sono momenti nei quali le melodie si aprono e si arriva a grandi momenti di epicità il tutto sempre bilanciato con ottime melodie. I pezzi sono dieci e sono tutti meravigliosi, un disco di doom death classico e immaginifico, con menzione speciale alla copertina che identifica benissimo il loro suono, ed è bellissima di per sé.