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Recensione : The Queen Is Dead Volume 126: Di Notte, The Bottle Doom Lazy Band, Borehead

Episodio che spazia dal post punk new wave dei bolognesi Di Notte, passando per il doom metal fantascientifico dei francesi The Bottle Doom Lazy Band per terminare con la maestosa visione sonora doom ed oltre dei londinesi Borehead.

Episodio che spazia dal post punk new wave dei bolognesi Di Notte, passando per il doom metal fantascientifico dei francesi The Bottle Doom Lazy Band per terminare con la maestosa visione sonora doom ed oltre dei londinesi Borehead.

DI NOTTE

Ep di debutto  che esce per MiaCameretta Records/Goodfellas, in distribuzione Believe, per il duo bolgonese di post punk e new wave Di Notte, formato da Domenico Aloi e Luca Malatesta. L’ep ha un suono molto sensuale ed oscuro, un connubio molto ben riuscito di post punk e new wave, un lavoro nato come dicono loro stessi in cento notti, e che del buio ha la forza e il desiderio di scoperta e di proibito.

Il duo bolognese si rifa ad un suono molto anni ottanta, riproposto in modo molto dinamico e fresco, con tematiche assai interessanti come uno dei due singoli “Casiraghi”, che parla dell’ex attaccante di calcio di Juventus, Lazio e Chelsea, una vera e propria incarnazione sportiva di ciò che furono gli anni novanta, che ritroviamo anche in questo lavoro.

La forza del duo è nel loro suono mai banale e scontato, che potrebbe riempire una sala da ballo non convenzionale, hanno un tiro superiore con una unione fra post punk e new wave molto ben bilanciata e che funziona benissimo.

I Di Notte dilatano il tempo a loro piacimento, creando una linea temporale tutta loro, che non è mai nostalgica o derivativa, ma sempre propositiva e dolcemente oscura.

La drum machine è scalciante ed incalzante ed è la struttura portante di storie lontane e vicine, della quotidianità che muta continuamente forma, raccontata con un suono che viene dal passato ma che si rivela perfetto per vivere il presente e raccontarlo, tentando di squarciare il velo di futuri possibili. Un debutto davvero notevole, un disco per ballare e per sognare nel buio.

THE BOTTLE DOOM LAZY BAND

“Clans Of The Alphane Moon” su Sleeping Church Records è il nuovo disco dei doom metallers francesi The Bottle Doom Lazy Band, intriso di riffs granitici e testi che rimandano alla fantascienza profonda degli anni sessanta e settanta. Come annunciato dalla bellissima copertina fatta dal loro amico Tetar, questi francesi uniscono mondi diversi, con il loro doom metal che parte da lontano per diventare molto attuale ed originale, dato che gli elementi sono quelli tipici del genere, ma i nostri riescono a trarne una sintesi personale molto ben riuscita e stimolante.

Il disco è un muro di suono che batte come fosse un cuore, con momenti megalitici ed altri molto più lisergici e da meditazione. Il gruppo intende la propria musica come se fosse un viaggio astrale, ed infatti la fantascienza come racconto di mondi e vite altre qui diventa musica, e si esplora un universo che muta di continuo.

Le canzoni hanno tutte un ampio respiro, si prendono il loro tempo per farci viaggiare in direzione di stelle e galassie sconosciute, attraverso un doom metal che è il carburante del viaggio, doom metal fatto in maniera originale partendo dai Pentagram e dai Black Sabbath per arrivare ad una sintesi moderna che sfiora i Monster Magnet e va oltre, come una navicella spaziale che non si ferma mai, partita da un’epoca lontana e approdata nel futuro. “Clans Of The Alphane Moon” è un lavoro che distorce spazio e tempo attraverso un suono pesantemente psichedelico e davvero di alta qualità, un sogno di umani che viaggiano nello spazio e di robot troppo vecchi per poter morire, generazione di impulsi sonori da un’atmosfera che non è la nostra.

Cronache aliene di pianeti dove leviatani si scontrano con maghi che usano scienza e magia per andare oltre. Uno dei migliori dischi doom metal dell’anno, senz’altro uno dei più originali.

BOREHEAD

“Vita est Morte est Vita” su Octopus Rising, nuovo progetto dell’etichetta italiana Argonauta Records, è il debutto sulla lunga distanza dei Borehead, provenienti dal sud di Londra. La loro proposta sonora è un doom metla strumentale davvero oscuro, lento e pienissimo. Il loro incedere è maestoso, i giri di chitarra sono grandiosi e sono un vortice che si porta dietro la sezione ritmica e il risultato sono composizioni che crescono in grandezza per diventare come le montagne della follia di H.P. Lovecraft.

Il gruppo inglese ha una direzione molto chiara in testa e avanza senza esitazioni, la registrazione di WanyeAdams ai Bear Bites Horse Studio di Londra è perfetta nel cogliere un qualcosa che va oltre la musica, e come dicono loro stessi l’ascoltatore scopre, entra, capisce e diventa, il tutto andando sempre più in profondità nota dopo nota, come in un processo alchemico dove si entra in un modo e se ne esce completamente diversi.

Ci sono tantissime cose in questi quattro pezzi, che sono immagini nate da migliaia di anni e di vite, musica alveare che fluttua in dimensioni diverse dalla nostra e la comprensione arriva dalla sintonizzazione con questo trio. “Vita est Morte est Vita” è un ciclo continuo che vive e muore senza fermarsi mai, avvolgendo l’ascoltatore in quel tepore musicale che solo pochi gruppi sanno creare, quel liquido amniotico sonoro che ti tiene vivo e sospeso, musica che ferma il tempo, psichedelia pesante in una forma diversa e potentissima.

I Borehead possiedono quella calma cosmica che proviene dal voler fare musica progressiva in primis per sé stessi e poi per tutti coloro che sono disposti a vivere questa esperienza.

Nella miriade di dischi simili a questo “Vita est Morte est Vita” spicca per la sua bellezza dannata e per quel senso di compenetrazione di un esoterismo che abbiamo dentro e fuori di noi e che lega il tutto così in basso come in alto. “Circadian”, per citare un pezzo per esempio con un titolo affatto casuale, ha dei momenti dove interviene l’organo che sono perfetti, e che proiettano un’idea di musica che è quella del cosmo.

Paesaggi sonori di rara bellezza.

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