Motor city is burning again. Eh già, perché Detroit, città nota come roccaforte dell’industria automobilistica ammerregana, ma soprattutto culla, alla fine dei Sixties/inizi Seventies, di una delle scene più infuocate nella storia del rock ‘n’ roll, avendo dato i natali a band incendiarie proto-punk come Stooges e MC5 (che vabbè, in realtà erano originari e operativi ad Ann Arbor, ma sempre Michigan è, ora non stiamo a guardà il capello) e anche i Death (non se li caga mai nessuno, ma andrebbrero citati perché ugualmente importanti e pionieristici in una straordinaria parabola di band all black che preferì il rock ‘n’ roll viscerale ai ritmi più morbidi della concittadina Motown, leggendaria etichetta soul/R&B/funk/pop) non vuole smettere di ruggire e dal rombo dei suoi motori ha sfornato anche gli Stools, un trio (composto da Will Lorenz alla chitarra e voce, Krystian Quint al basso e voce e Charles Stahl alla batteria) dedito a un rock ‘n’ roll lercio con venature blues che si richiama a quella tradizione, ma ha assorbito anche la lezione di altri concittadini nati dopo i mostri sacri (e prima dei nostri) e cioé Gories e Negative Approach.
E da questa miscela di punk rock, HC punk, blues e garage rock prende forma il sound della band (che infatti si descrive come un incontro/scontro tra le compilation “Nuggets” e “Killed By Death“) che quest’anno, a inizio giugno, ha pubblicato il suo primo Lp propriamente detto, “R U Saved?“, uscito su Feel It Records, dopo una serie di Ep e singoli incisi su Third Man, Drunken Sailor Records e la teramana Goodbye Boozy, e in soli ventitrè minuti di durata ci spara nelle orecchie dodici canzoni d’impatto e a volumi folli: potenti, grezze, distorte e rumorosissime. A cominciare dalla muscolare opener “Stare scared” che mette subito le cose in chiaro, in quanto a ferocia, e anche le successive “Buick boogie” e “Bum luck” sono suonate con piglio quasi hardcore, con gli strumenti maltrattati senza pietà e vocals al vetriolo. Questi giovani (garage) rockers non sono tipi a cui piace essere prolissi, e infatti bruciano in fretta anche “Cut me off” e la title track, mentre “Conner & hell” è una sorta di stomp malato che sfonda i tre minuti e in cui sembra di ascoltare i Cramps che, col featuring di Link Wray da qualche night club giù all’inferno, si divertono a rifare boogie alla John Lee Hooker e altri bluesmen, e su questa falsariga prosegue “Into the street“, per poi lasciare spazio al minuto e mezzo di “Pickin’ out glass” e i suoi ritmi spastici, al blues/punk scorticato di “Rum runner“, alla furia di mazzate punk come “Evangelista” e “Bad eye Bob” che fanno spiccare un salto dalla sedia, e infine concludere con la rovente e psicotica “Tunnels“, quasi tre minuti tritura-timpani.
Sia sempre benedetto il rock ‘n’ roll che esprime tutta la sua energia nel giro di due minuti, al massimo tre, senza troppe seghe tecniche e mentali. In questi tempi moderni, dove non c’è più spazio per i sogni e purtroppo regnano sovrane disumanizzazione, stupidità contagiosa e banalità del male, e in cui l’idealismo viene liquidato come qualcosa di vecchio e superato dalla “nuova civiltà” consumista e qualunquista (che venera il denaro come unica divinità e “valore” per misurare e mercificare ogni aspetto dell’esistenza terrena) nell’era della post-verità, c’è invece bisogno più che mai di credere ancora in qualcosa, e gli Stools ci regalano un buon esempio, con “R U Saved?” per continuare ad amare la nostra musica preferita, non smarrirsi in questo mondo di omologazione globalizzata e avido materialismo, non smettere di amare l’adrenalina pura di una scarica di R’N’R, sudare sotto i palchi e sostenere le nostre scene.