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Recensione : THE WYLDE TRYFLES – OUTTA TYME

Terzo lavoro sulla lunga distanza per i garage punkers francesi Wylde Tryfles che, a tre anni dal precedente “Fuzzed and confused“, tornano a eccitare i nostri timpani con nuovo incendiario full length, “Outta Tyme“, ancora una volta pubblicato sulla label tedesca Soundflat Records.

Il quartetto di Bordeaux – che in questo lasso di tempo ha registrato un cambio nella line up, con l’arrivo del batterista Dorian Gardener, che ha unito le forze con la frontwoman Lubna Bangs (voce e organo) al suo coniuge “Francy Fuzz” (chitarra) e Olivier Dunet (basso) – rinnova, anche in questa occasione, il sodalizio col leggendario Mike Mariconda al mastering del disco, e ci regala dieci brani che, come consuetudine dei nostri, hanno come musa ispiratrice il garage rock dei mid Sixties (Sonics, Standells, Seeds) indurito dalla lezione garage revival di Fuzztones (e Cynics, e Pandoras, e Lyres and so on…) e imbastardito da una vena freakbeat/R&B.

Insomma, la ricetta è sempre la stessa: linee di organo aggressive e vocals ora suadenti, ora selvagge che dettano la linea melodica dei pezzi sporcata da quintalate di fuzz guitars e una solida sezione ritmica a sostenere una formula collaudata ed esplosiva, eppure i Wylde Tryfles riescono sempre a cucinare la materia magmatica sonica in maniera efficace e a darle un sapore deciso, confezionando un album compatto, senza sbavature e in cui tutti gli ingredienti sono dosati sapientemente (dall’iniziale “I can’t get enough of your love” alla title track, o “Gonna be a change“, passando per “Don’t press your luck“, “I don’t need your lovin’“, la cover di “Can it be” dei Savoys o nella conclusiva e sguaiata “Monsters“) rinnovando gli stilemi del garage rock in modo da farlo suonare sempre fresco ed esuberante, e raggiungendo l’obiettivo di saziare la fame di R’N’R di weirdos and freaks. Un long playing che scende giù come un boccale di birrozza fresca e si lascia ascoltare che è un piacere, perfetto come soundtrack per scatenarsi a un rock ‘n’ roll party (magari corretto da qualche funghetto allucinogeno).

Sarà che questi suoni primitivi non invecchiano mai, nonostante i sessant’anni e oltre sul groppone, ma a giudicare dalla bontà di dischi come “Outta Tyme” si può ben dire che il garage punk goda ancora di ottima salute nel “vecchio continente”, e anche se non è cool e non cavalca hype e algoritmi, chissenefrega. Cantare di essere fuori dal tempo (“out of ti(y)me”), oggi come non mai, in questa merda di mondo sempre più alla deriva, può solo essere motivo di orgoglio. Ready, steady, go and get it! 

 

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