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Recensione : THURSTON MOORE – FLOW CRITICAL LUCIDITY

Thurston Moore - Flow critical lucidity: il 20 settembre ha pubblicato il suo nuovo (e, complessivamente, nono) album, "Flow critical lucidity" attraverso la Daydream Library Series, house label della community Ecstatic Peace Library, fondata dallo stesso Moore insieme alla moglie Eva Prinz.

Tra i musicisti che non amano star fermi per troppo tempo, di sicuro si può annoverare Thurston Moore, prolifico artista statunitense (ma da anni trapiantato a Londra) che non ha bisogno di molte presentazioni – chitarrista, frontman ed ex co-fondatore dei Sonic Youth – che il 20 settembre ha pubblicato il suo nuovo (e, complessivamente, nono) album, “Flow critical lucidity” attraverso la Daydream Library Series, house label della community Ecstatic Peace Library, fondata dallo stesso Moore insieme alla moglie Eva Prinz.

Il nostro, a tre anni di distanza dal precedente lavoro in proprio (strumentale) “Screen time“, e dopo la release del suo memoir “Sonic life” (di cui ha dovuto cancellarne il tour di presentazione editoriale a causa di problemi di salute) si diverte ancora a sperimentare nuove soluzioni sonore insieme ai suoi rodatissimi collaboratori Deb Googe al basso e James Sedwards (chitarra/piano) oltre al percussionista Jem Doulton, all’artista multimediale Jon “Wobbly” Leidecker e “Radieux Radio” (cioè Eva Prinz) alla stesura di quasi tutti i testi dei brani dell’Lp.

Certo, si tratta di una sperimentazione non troppo spinta sin da arrivare al punto di stravolgere radicalmente il proprio passato sonic(o), come ha fatto la sua ex coniuge ed ex compagna di band Kim Gordon nel suo recente nuovo full length, ma le atmosfere orientaleggianti dell’opener “New in town“, tutta percussioni e arrangiamenti semitribali, è lì a rimarcare la curiosità e la voglia di Moore di continuare a giocare con la ricerca di altri mondi, mentre con “Shadow” e la lunga “Hypnogram” si torna a un feeling settato sui lidi – nella forma e nella sostanza – a lui più congeniali, quelli della sua creatura musicale più fulgida, i Sonic Youth. La psichedelica “We get high” disegna paesaggi astrali e vortici onirici, in “Rewilding” ritroviamo le percussioni tribaliste a supportare una nenia suadente, ma logicamente il piatto forte del long playing è rappresentato da “Sans limites“, che vede Laetitia Sadler ai cori in una classica semiballad Television-esca che, nelle liriche, contiene il titolo dell’album e si evolve in un crescendo alla Thurston Moore, e gli otto minuti della conclusiva “The diver” vanno a chiudere il cerchio riallacciandosi agli intrecci orientaleggianti dell’opener. Sette pezzi più uno, la bonus track (allegata alla versione in vinile del disco) “Isadora” (dedicata a Isadora Duncan, figura ribelle e ispiratrice per la nascita della danza moderna) un singolo che nell’assolo riecheggia fragranze à la J. Mascis/Dinosaur Jr.

Thurston Moore indossa l’elmetto (preso in prestito dall’opera “Samurai Walkman” dell’artista Jamie Nares) per difendersi dagli acciacchi del tempo che scorre via – il nostro ha superato le sessantacinque primavere – e sperare di proteggere il mondo dai veleni di chi è assetato di potere, cercando di preservare lo spirito della gioventù (sonica e non) degli slam pits dell’hardcore punk degli Eighties (quelli di Minor Threat, Teen Idles, Government Issue, Youth Brigade, Bad Brains, Red C e Fugazi, citati in “New in town”) che rifiuta le logore aspettative dell’età adulta. E “Flow critical lucidity” si attesta come una delle sue migliori prove soliste. Senile Youth meets Glenn Branca.

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