E’ recente lo sconsiderato episodio di cronaca avvenuto a Roma, hanno dato fuoco ad una piccola libreria antifascista (e qualche giorno dopo anche ad un bar che le dava solidarietà).
Il fatto costituisce reato e le colpe si sono riversate sul nemico numero 1 della libreria, la cui insegna porta il nome di La Pecora Elettrica.
Nello specifico non so se l’atto vandalico sia stato rivendicato dai presunti colpevoli, o se vi siano elementi certi che individuino colpevoli i fasci; certo è che il fascismo resta in Italia un pensiero politico messo al bando dal nostro ordinamento democratico, quindi i fascisti risultano, più o meno, dato che le istituzioni soprassiedono alla loro esistenza, dei comuni criminali da perseguire penalmente.
Esiste comunque un pericolo infettivo delle coscienze ed effettivamente esistono soggetti che vivono le loro credenze, in questo caso nefaste, indossando una casacca di appartenenza, un look identificativo, che ne fa una bandiera.
Tale esigenza di immedesimazione è il punto di partenza e focus primigenio di gran parte della cultura pop rock, che si è alimentata nel tempo di vari modi di vestire che incarnassero la fede in certi valori e provocazioni; come dire, l’abito non fa il monaco ma lo lascia intendere – grazie al potere dell’immaginazione, da attribuire chiaramente al look.
Tutto il vestiario deathmetallers o punk, sono ascendenti veraci di comunanza e di parte, come il look hairy o il glam, il dark e via dicendo…
Questo è anche il bello di ascoltare musica, cucirsi addosso la propria passione; difficilmente un metalmeccanico o un dottore li si vedrà con tuta e casco da lavoro andarsene a zonzo o indossando camice bianco e stetoscopio al collo.
Sappiamo che il mondo della musica vive di particolari e di immagine, oltre che di mero ascolto; sono i tratti di definizione che esaltano le folle spingendole a dettare legge nell’apparente. Tutto potrebbe essere vero o falso; la vita, specie delle pop star, è un carnevale (e lo dovrebbe essere nel senso festoso del termine), ed è pacifico che ciascuno, artisti e seguaci, si mettano indosso la maschera che meglio aderisca ai propri sentimenti.
Tony Tuono non fa eccezione, secondo il mio modesto parere, alla iconografia pop di stampo molto ROCK! col suo look.
Quel rock che in molti terroristi vorrebbero fare fuori, morto lo si è dato più e più volte, eppure Lui resuscita sempre e convive nella nostra cultura, come, ahinoi, gli sconsiderati fasci.
Testi e musiche di Tony Tuono (voce & contrabbasso), al cui seguito Parpo C. Fellas (batteria) e Jimi Setzer (chitarra), per un tirato effort lungo 10 pezzi e dal titolo programmatico, Fantasmazurka.
Tony Tuono sconosciuto ai molti è un cavallo di razza purosangue, cristallino e vero, con in testa molte chiare idee, soprattutto circa ciò che lo riguarda, la passione che lo anima; e non si va tanto lontano citando un album dei Jethro Tull “A Passion Play” per affibbiare a questo animale del palco e del Rock’n’Roll la sua identità di musicista fuori dal coro, dotato di una forza, coerenza e tenacia, che ne fanno eroe dell’antibusiness, espressa dalla sua schiettezza e forgiatura autentica; investito dal martello di Thor e a lui ceduto in eredità onde sgretolare a furia di secchi colpi di contrabbasso l’apatia della scena italiana musicale off, che da decenni lo vede attivo protagonista, in barba all’infingardaggine di un mondo che sta stretto a molti, specie se non ci si leva il paraocchi asinino dal viso e i tappi dalle orecchiette…
Fantasmazurka conclude una trilogia che ha vistoi precedenti album (Jesootwisto 2016; Belzeboogie 2013) validi traini tramite i quali trasportare l’ascoltatore nei territori su citati via via affinati e raffinati, ponendosi al crocevia delle esperienze vissute che targano il genuino ghostabilly di cui Tony Tuono è esponente unico e regale. Ascolti che diventano irrinunciabili a dar credito al personaggio che pone un forte carico anche sulle liriche, sul cantato, concentrando il peso del lato umano diluito dalla gagliardia sonora.
I pezzi di Fantasmazurka schizzano come fuochi d’artificio nel buio delle menti, esorcizzano mostri, sprizzando gioia, etnia musicale, versatilità, sincerità e sagacia velata a volte di poesia.
L’opener “Tuonopoly” è una metafora scherzosa e autogena (anche in virtù del training associato) che invita a prender la vita come un gioco, in salsa smaccatamente rock avendo in primo piano la splendida elettrica: e più rock non si può!
Devi crederci/ Questo è il gioco/Stare in piedi/ Tra gli ostacoli/ Usa i tuoi dadi/ Sono truccati/ Sono del Tuonopoly.
Di buon pregio anche i cori.
“Insettiti”, cantata a due voci, scatta da sotto i piedi e si produce in un ricamo virtuoso di chitarra, auscultando la buona salute del ritmo, sfociante in un powerrock di derivazione pseudolatin.
Credo ai vampiri e alle zanzare/ E a tutto ciò che sa succhiare/ e lo fa con onestà/ Mangio mosche/ per sentirmi un ragno/ tessendo / più in alto del mondo/ per sputare veleno su chi/ col piede ombra mi fa//Visti dall’alto siamo tutti insetti/ Visti dall’alto siamo tutti insetti.
“Terra Piatta” fa il verso alla dylaniana “Knockin’on Heaven’s Door” con un piglio quasi Guns’n’Rosesiano! Tiramm’annanz!
“Le Bare Non Hanno Tasche”, una energetica dissertazione sulla pochezza e pitoccheria umana…
La struggente “Departure” constata con sguardo reale la fine ineluttabile di un amore, “La notte vestirà/ d’argento le bugie/ lascia al giorno le sue urgenze/ cancellando fantasie”. Reminiscenza di ‘heavy’ sound sul calar degli eighties, con svolazzi melodici zeppeliniani.
Umanzè (goodbye Darwin), con l’apporto delle tastiere e del synth, rappresenta una deviazione a quanto sin’ora sgranato, si alza il tono. Tuono sale in cattedra conferendo ampia serietà alla lirica, che davvero tuona sacra e drammatica, ne allunga felicemente il passo trovando un pezzo fenomenale, ben piantato nella mente. L’umanzè riporta al caso Oliver, mescolanze biologiche sperimentali volte alla creazione ibrida tra uomini e scimpanzé. Tony perfora il cosmo con le sue parole: MUORIAMO/ NASCIAMO/ GUARDANDO/ AL CIELO/ IN CATTIVITA’// LA BARBA/ NASCONDE/ L’ANELLO/ CHE MANCA/ LA VERITA’.
Un altro magnifico testo che conclude così: IO NON VORREI/ SENTIRE CHE IO/ NON HO MAI/ DIFESO IL MIO AMORE PER LEI, lo si estrapola da “Mexico!Mexico!Mexico!”. Spadroneggia il Mex style e si apre in un mondo di sensazioni la rosa rossa profumatissima incastonata nel teschio messicano (finissimo splendore in equilibrio tra vita e muerte)… ahi ahi ahi ahiiii!!!
“El Diez” fa strike, sballottando a destra e a manca tutti i birilli col surf rock; testa di ponte del disco, secondo me, è la mano di Dio che suona (e canta), strusciando persino la penna di Paolo Conte, olè!
Mancano due tasselli a consegnarci un bel disco diviso in due sezioni; una prima più classica e la seconda decisamente cool, restando fedeli all’idioma nostrano.
“Australia” cede il basso a Tiziana Gasparetti, mentre Tony Tuono si impossessa di synth e tastiere; cambia la musica servendo una song elettronica e dolcemente dark, intrisa di mediterranean rap (Ricky C. Fellas) – qui la voce di Tony mi piace ancor di più – creando un clima che prende spunto dal tenue dark, sino al pop elettronico degli anni ’80, passando per Subsonica/Blue Vertigo, in nome della buona musica, innescando una carrellata testuale lungo ricordi, amori, riflessioni: luci ed ombre di una carriera in corsa/o.
Mentre il brano ultimo e omonimo scaturisce sorprendente in tale contesto, ma forse neppure troppo valutando l’aperto estro dell’artista, che ci regala l’anima del disco.
Track List
1. Tuonopoly
2. Insettiti
3. Terra Piatta
4. Le Bare (non hanno le tasche)
5. Departure
6. Umanzè (goodbye Darwin)
7. Mexico!Mexico!Mexico!
8. El Diez
9. Australia
10. Fantasmazurka
Etichetta Label: La Casa dei Temporali