Certo, all’appassionato di doom che scrive queste righe, un lavoro come “Sancta Inquisitio” non era affatto dispiaciuto, ma non per questo Seven Songs Of The Seven Sins va considerato un passo indietro, anzi …
Intanto non si può non rimarcare il fatto che dal full-length di esordio sono trascorsi sette anni, che la line-up è interamente mutata ad eccezione del membro fondatore e che già il precedente “The Black Hole Mind” aveva in qualche modo anticipato questa nuova direzione stilistica: nuova, ma pur sempre nel solco di un metal tradizionale definibile come un power melodico che si trascina ancora appresso qualche antico retaggio epic-doom.
Il disco, che a livello lirico verte sui sette vizi capitali, presenta diversi brani di grande spessore come, per esempio, Sloth, un heavy-doom dal grande impatto, o Envy, che si sposta su coordinate più power per quanto sempre piuttosto robuste e per certi aspetti vicine ai primi Queensryche, con un inizio piuttosto cupo ma capace di mostrare ampie aperture melodiche.
Molto valida anche Lust (e poi, diciamocelo, a chi non piace un po’ di sana lussuria …) ma la traccia che si fa ricordare di più è quella che chiude il concept, ovvero “Ira”, che mostra la band palermitana nuovamente alle prese con testi in italiano che non mettono sicuramente a disagio il bravo Fabio Sparacello, conferendo invece una particolare aura melodica al brano.
Detto della riuscita cover dei Sanctuary, Die For My Sins, che chiude il lavoro, non si può che promuovere a pieni voti questo ritorno dei Trinakrius, capaci di assimilare diverse influenze riuscendo nell’impresa di non apparire la copia carbone di qualche band in particolare.
Track list :
1. Pride (I Am the One)
2. Sloth (Shelve and Delay)
3. Envy (Malicious Desires)
4. Gluttony (Anorexia)
5. Lust (Sex Humanity)
6. Greed (All Mine)
7. Ira (L’Oscura Ascesa)
8. Die For My Sins (Sanctuary cover)
Line-up :
Claudio Florio – Drums, Vocals
Alessio Romeo – Keyboards
Emanuele Bonura – Guitars
Francesco Rubino – Bass
Fabio Sparacello – Vocals