Genova, 15.12.2023
Incontro Marco Sommariva nella sua casa genovese, nella delegazione di Sestri Ponente, e subito si rimane impressionati dalla quantità di libri che abitano la sua libreria. Mi trattengo dal fargli la classica ma stupida domanda se li ha letti tutti per passare subito all’argomento da trattare, il suo ultimo scritto.
Ciao Marco, hai pronto un nuovo lavoro: di cosa si tratta?
Ciao. Sì, s’intitola Tritolo in pillole ed è una raccolta di centosessanta brevi e brevissimi scritti: c’è chi li ritiene delle massime, chi degli aforismi, chi li vede come “parenti” lontani degli haiku. Ma potrebbe anche non essere nulla di tutto questo. Di certo è che, da subito, hanno dato “fastidio” al lettore, e non poteva essere diversamente: ogni parola chiama a rapporto le nostre coscienze e uscire indenni da centosessanta autoanalisi è praticamente impossibile, e questo vale per tutti, anche per il sottoscritto che le ha composte. Questi scritti parlano di noi, ci chiamano in causa per come ci relazioniamo con le persone, col mondo che ci gira intorno, e non fanno sconti a nessuno; succede anche che a una prima lettura si goda dello scritto, si provi grande soddisfazione, ma durante le seguenti riletture – perché è difficile non tornare indietro – si senta già un senso d’imbarazzo, di tristezza, di disagio: passare dal massiccio scranno degli accusatori alla traballante sedia degli accusati è un attimo.
Autoprodotto? Come mai?
Di queste centossessanta pillole, le prime risalgono al 2017 e, nonostante l’interesse destato in alcuni editori, in questi sei/sette anni non ho mai trovato qualcuno che sposasse in toto questi miei scritti: c’è sempre stato un tentativo di escluderne una parte o di smussarli. Dal mio punto di vista, questo tentativo di arrotondarne gli spigoli lo vedevo più come un modo per spegnerli, e la cosa non mi piaceva affatto: gli angoli sono lì per far male, li ho messi apposta – non era mia intenzione “medicare” nessuno con queste pillole. Insomma, mai come in questo caso ho ritenuto la strada dell’autoproduzione la migliore: tieni anche conto del fatto che fra le centinaia di lettori che mi seguono, ho la fortuna che una parte di loro paga, sulla fiducia, una o più copie ancor prima che un mio libro esca.
La prefazione è di Giorgio Canali, come mai questa scelta? Ci racconti com’è andata?
Giorgio Canali mi è venuto in mente pensando ai testi delle sue canzoni: ho ritenuto che il suo modo di raccontare il mondo – in termini di polemica diretta, priva di fronzoli, ma senza mai dimenticare una misurata dose di poesia – fosse in forte sintonia con questo mio Tritolo. E direi che la sua reazione alla proposta di prefazione, mi ha confermato che avevo visto giusto: dopo una parziale lettura del libro, mi ha subito risposto Sì, scriverò la prefazione, e non voglio nulla in cambio, mi basta la consolazione di sapere che ogni tanto qualcuno che sa mettere le parole in fila nel giusto ordine esiste. Ecco cos’è per me Giorgio, uno che sa mettere le parole in fila nel giusto ordine: per capirlo, consiglierei l’ascolto di Emilia parallela contenuto nell’album Undici canzoni di merda con la pioggia dentro oppure Un filo di fumo dall’ultima sua fatica Pericolo giallo. È bene sapere che con Giorgio non ci eravamo mai visti né scritti, e che la mia proposta l’ha ricevuta tramite un Social; questo per dare la misura del personaggio, una persona capace di sposare la “causa” di uno sconosciuto che si autoproduce.
Ritieni che ci sia qualcosa di musicale in questo tuo lavoro?
Sì. Ritengo si potrà apprezzare una certa melodia nella lettura delle parole così come le ho messe in fila, e pure un certo ritmo se si rispetterà a dovere la scarsa punteggiatura presente; visto che Giorgio Canali l’ho già citato, direi che durante la lettura di questo tritolo in pillole ci si potrebbe sentire a un concerto dove sul palco s’alternano musicisti quali Linton Kwesi Johnson, Joy Division, Benjamin Zephaniah, The Cure e Oku Onuora.
La copertina, invece, è firmata dal fumettista genovese Emanuele Giacopetti.
Con Emanuele ci conosciamo da poco, quattr’anni circa, e sino a qualche tempo fa solo via telefono. Visti i pochi chilometri che separano i nostri domicili, qualche settimana fa abbiamo deciso di vederci di persona e, anche se non c’eravamo incontrati per parlare di una collaborazione, mi ci è voluto davvero poco per capire che era la persona giusta per occuparsi della copertina di Tritolo in pillole – di lui avevo già apprezzato l’opera Il regno animale, edito da Bèbert nel 2018, una storia ambientata in un futuro distopico. È stato bello vederlo accettare l’incarico, nonostante fosse già occupato da numerosi impegni che lo terranno impegnato anche nei primi mesi del 2024, così com’è stato un piacere scoprire i tempi brevi da lui impiegati per recuperare foto d’archivio di attentati di fine ‘800 inizio ‘900 e disegnare una decina di quegli ordigni, gli stessi che troverete in copertina: un lavoro “pulito”, preciso, impossibile non apprezzarlo, condividerlo, compresa la progettazione grafica che aveva scelto.
Ci “regali” un assaggio di quello che possiamo trovare nel tuo scritto?
Volentieri. Facciamo così, metti tra virgolette il titolo e… diciamo così… lo svolgimento col font inclinato, ok? Ok. “Manager” Scalate senza pietà montagne di cadaveri con le stesse corde con cui li avete impiccati. “Il capitale” Con uno sbaffo di sangue sul mento, l’incurante manager conta gli zero del suo sterminato conto corrente, mentre le sue camere a gas fatturano illeciti già condonati. “Il dolore dell’inquinamento” Quando le sorgenti schiumeranno immondizia, lacrimeranno i rubinetti. “Siete film dell’orrore” Annuite e cigolate all’acufene dell’informazione come sedie a dondolo nel vento. “Neppure la sapete risolvere” Mi sottraggo a tutti i vostri calcoli: mi spiace abbiate scambiato la vita per un’equazione matematica. “Promessa” Mi ucciderò con flebo di benzina piuttosto che condividere il luccichio dei vostri motori. “Non occorre il luminol” Avete lasciato impronte digitali su tutto il Mar Mediterraneo, ma non c’è verso di vedervi con le manette ai polsi.
Non pensi che questa contrapposizione “io/voi” sia un po’ troppo manichea?
Lo è, senza ombra di dubbio. Ed è una mia precisa scelta: l’avevo in testa da tempo e l’ho portata avanti azzerando qualsiasi dubbio, dopo aver letto un passaggio de I sommersi e i salvati di Primo Levi, questo: […] è talmente forte in noi l’esigenza di dividere il campo fra “noi” e “loro”, che questo schema, la bipartizione amico-nemico, prevale su tutti gli altri. […] Questo desiderio di semplificazione è giustificato, la semplificazione non sempre lo è. È un’ipotesi di lavoro, utile in quanto sia riconosciuta come tale e non scambiata per la realtà; la maggior parte dei fenomeni storici e naturali non sono semplici, o non semplici della semplicità che piacerebbe a noi. […] Soprattutto i giovani chiedono chiarezza, il taglio netto; essendo scarsa la loro esperienza del mondo, essi non amano l’ambiguità. Quindi, sia chiaro a tutti, è un’ipotesi di lavoro. Null’altro. Se poi questa “ipotesi” non sarà sufficiente a mettere il cuore in pace a tutti coloro che si saranno sentiti tirati in causa da una o più pillole, direi di farsene una ragione e, magari, anche un esame di coscienza perché, come disse Franz Kafka, un libro dev’essere un’ascia per rompere il mare ghiacciato che è dentro di noi, e se questo mio tritolo avrà svolto il compito dell’ascia… bene, vorrà dire che il mio scopo è stato raggiunto.
Cosa mi sono dimenticata di chiederti?
Forse occorre dire due parole anche sulla brevità di queste pillole, altro aspetto che tanto ha già fatto discutere; questa volta mi faccio spalleggiare da Georges Simenon che faceva sostenere al suo Maigret che Le uniche risposte vere sono quelle brevi.
A chi si dovrebbe rivolgere chi fosse interessato all’acquisto di Tritolo in pillole?
Detto che il libro lo spedirò gratuitamente a tutti coloro che stanno attraversando un periodo di difficoltà – disoccupati/e, carcerati/e, eccetera – e sperando che il prezzo di dieci euro a copia sia accessibile ai più, il metodo più rapido per procurarsi questo mio titolo è chiederlo direttamente al sottoscritto scrivendo all’indirizzo mail marco.sommariva1@libero.it Grazie.