Un nuovo album di Ty Segall. E quale sarebbe la notizia (?) direte voi, giustamente. Eh sì, perché il ragazzo di Laguna Beach ci ha abituati fin troppo bene in passato, arrivando anche a sfornare ben quattro o cinque Lp l’anno, in 14 anni di percorso musicale ha rilasciato almeno cento produzioni a vario titolo (e ha appena 34 anni…) tra progetti a suo nome o con le sue band e collaborazioni con spiriti affini. Ma la vera notizia è che, con l’avvento della pandemia da covid-19, chi si aspettava dal Nostro un’altra cascata copiosa di nuove uscite, è rimasto deluso, visto che il buon Ty ha tirato un po’ il fiato, non pubblicando nulla per quasi un anno (i suoi ultimi lavori sono stati l’incisione del terzo album dei FUZZ e il debutto del progetto Wasted Shirt con Brian Chippendale, “Fungus II” nel 2020, mentre a livello solista era fermo a “First Taste” del 2019, stesso anno del live “Deforming Lobes” con la Freedom Band). Un periodo di assenza enorme, considerata la (ottima) prolificità del soggetto in questione. Vi confesso che stavo quasi cominciando a “preoccuparmi” per questa prolungata avarizia di news riguardanti nuovo materiale marchiato Segall. Non era da lui. Per un attimo avevo anche “temuto” che la sua vena artistica/compositiva si fosse prosciugata e lui fosse rimasto a corto di idee. Ma lo “sconforto”, recentemente, si è dissolto sotto il sole di questa torrida estate: una settimana fa è stato annunciato al mondo un nuovo album di Ty Segall, si intitola “Harmonizer” e, per ora, è stato diffuso solo sulle piattaforme streaming (per la versione vinilica bisognerà aspettare l’autunno).
Dai suoi profili social ufficali, apprendiamo che “Harmonizer” è stato registrato e co-prodotto insieme all’amico Cooper Crain in California, presso gli Harmonizer Studios (gli studi di registrazione di Segall, nuovi di zecca, a Topanga: da qui il titolo dell’album) e vede contributi dalla Freedom Band (Mikal Cronin al basso, Charles Moothart alla batteria, Emmett Kelly alla chitarra e il pianista Ben Boye) mentre l’artwork è opera della moglie Denée, che ha anche cantato su un brano, “Feel Good“.
In questo disco Ty si trova a suo agio nel pasteggiare con un sound garage/psych mischiato a elettronica e synth, che dà luogo a un insieme accattivante e omogeneo di dieci pezzi. Dopo un breve (e disorientante) intro strumentale disco/techno si inizia con “Whisper“, brano segnato da chitarre fuzzate, che alla fine si contorce nelle mulinate del basso. Il disco è tutto un fiorire di beats e pulsioni robotiche miste a riverberi ed esplosioni di feedback, come nel caso delle stridenti chitarre presenti in “Erased“, mentre la title track ricorda un po’ una via di mezzo tra i primi Nine Inch Nails e Gary Numan in acido, tra una serie di effettacci chitarra/tastiera a rasentare quasi l’industrial rock. I quasi 5 minuti di “Pictures” vedono il pezzo strutturarsi in due parti: una prima, aggressiva, dominata da un hard/glam rock ringalluzzito dai synth, e una seconda, più lenta, quasi come fosse il risultato di due idee di canzoni cucite insieme. “Ride” è un bizzarro incrocio che suona come se i Kraftwerk coverizzassero “Private Affair” dei Saints (somigliante nell’impostazione vocale e la melodia rallentata di Ty) mentre “Waxman” si poggia su un riff portante Sabbathiano, e anche nella successiva “Play” tornano protagoniste le chitarre a riffare e fuzzare senza pietà. Dopo la succitata “Feel Good“, un asciutto rock desertico (à la Queens Of The Stone Age) che vede lady Segall cimentarsi alla voce, si giunge alla traccia conclusiva, “Changing Contours“, che vede il disco tornare alle atmosfere industrial della title track per chiudere il cerchio.
In questi tempi strani, assurdi e grotteschi, in cui nuovi idoli del banale pop-rockettino nazional-popolare, osannati dal circo dei media e prodotti dai talent $$$how (e costruiti a tavolino da manager e multinazionali discografiche per diventare galline dalle uova d’oro del music business) riescono ad abbindolare autentiche leggende del rock ‘n’ roll per coinvolgerle in imbarazzanti “featuring”, sapere che artisti genuini e affidabili come Ty Segall tengano ancora botta, fregandosene delle tendenze e delle leggi non scritte del mercato discografico, è qualcosa che rincuora gli animi spaesati dei “talebani estremisti” (così li chiamano coloro che non si adeguano alla merda mainstream che oggi il “politically correct” impone a tutti di accettare come normale, perché oggi nell’era della musica liquida tutto è lecito e giustificato dai buonisti ingenui, musicisti compresi, in barba all’etica punk rock e a certi valori che si presuppone debbano essere princìpi fondanti del mondo del rock ‘n’ roll: onestà, lealtà, dignità, coerenza e integrità) come il sottoscritto, che ogni volta che un loro “mito” o punto di riferimento li tradisce, si sentono offesi come un amante ferito, o come quando, un bel giorno, un bambino scopre, all’improvviso, che Babbo Natale non esiste. Se è così, allora sono fiero di essere un provinciale sfigato.
TRACKLIST
1. Learning
2. Whisper
3. Erased
4. Harmonizer
5. Pictures
6. Ride
7. Waxman
8. Play
9. Feel Good
10. Changing Contours