“ Ormai ha cominciato qualcosa, adesso non gli puoi fare niente”
Romanzo d’esordio di William Melvin Kelley, edito nel 1962 in USA e solo da quest’anno pubblicato in Italia grazie a NNEditore, “Un altro Tamburo” racconta di uno Stato immaginario dell’America segregazionista nel quale, un venerdì del mese di giugno 1957, accade un fatto inspiegabile: gli abitanti di colore decidono improvvisamente di lasciare le cittá, i paesi e le contrade.
Dove si dirigono ? Cosa cercano ? I dubbi assalgono la popolazione bianca che osserva inerme e incredula la migrazione di massa avvenire sotto i propri occhi. Dopo una prima reazione di sbigottimento, i bianchi non prendono ancora coscienza del fatto che la quotidianità e la loro stessa esistenza cambierà radicalmente: adesso che i neri non sono più nei campi a seminare, nelle cave a scavare o nelle case a pulire chi si occuperà di tutti questi lavori? Nessuno. La società, in preda ai ritardi e disordini, collasserà. Un brivido scorre lungo schiena dei bianchi, ormai padroni solo di stessi. Una migrazione inarrestabile che ha il sapore di una rivoluzione.
Ma come è iniziata questa rivoluzione ?
Con un rivoluzionario: Tucker Caliban, il protagonista del racconto: nero, taciturno e lavoratore, Tucker proviene da una generazione di schiavi alle dipendenze di una famiglia di proprietari terrieri bianchi, i Willson. Dopo anni di duro lavoro nella piantagione dei Willson, Tucker riesce finalmente a comprare una parte del terreno. Potrebbe sembrare una conquista, ma così non è ! Tucker decide di spargere del sale sul terreno, di uccidere il bestiame e di dare alle fiamme la casa. Non commette un reato, non decide di ribellarsi devastando la piantagione dei suoi padroni. Per contro, prima devasta la sua proprietà e dopo decide di partire con la sua famiglia per non fare mai più ritorno.
Utilizzando diversi registri narrativi Kelley decide di presentare il protagonista e i personaggi che gravitano attorno alla sua figura, secondo punti di vista ogni volta differenti, a seconda dei capitoli che compongono il libro: in prima persona, in terza persona o per mezzo delle pagine di un diario.
Il risultato è degno di Freud: ogni racconto è un confronto con noi stessi, con i nostri limiti o potenzialità. Al termine di ciascuna storia veniamo “interrogati”dall’autore: attratti dalle narrazioni dei personaggi, la realtà esce allo scoperto. E’ Kelley stesso che costringe al confronto con la nostra individualità, quasi a specchiarci con essa. Un’autoanalisi che si ancora alle nostre esperienze personali: gli affetti, le paure, la diversità i pregiudizi e le ribellioni che costellano la nostra vita. Infine la dinamica del ricordo lega ogni esperienza e emozione e perdura siano all’ultimo capitolo del libro.
È interessante notare come il testo pubblicato nel 1962 abbia suscitato interesse e, ancora oggi a distanza di sessant’anni, risulti incredibilmente attuale sia per le tematiche affrontate ( segregazione, discriminazione, odio razziale, disparità etniche ) , che per il linguaggio utilizzato ( il gergo degli uomini del Sud o del Nord del paese, il linguaggio dei ragazzi più colti e istruiti o dei lavoratori delle campagne). L’America ovattata degli anni 60, spesso dipinta come un luogo di benessere e armonia doveva scendere a patti con una società composta da realtà multietniche di diversa estrazione sociale. L’intolleranza divenne odio: il bianco contro il nero. L’odio razziale dei bianchi nei confronti delle comunità degli afroamericani divenne così profondo da provocare quotidiani scontri sociali. Ancora oggi assistiamo ad episodi di disordini e tensioni che hanno come centro propulsore un atavico odio razziale.
Contro i soprusi, contro le ideologie, Tucker Caliban è, ancora oggi, la speranza di un coraggio sopito che speriamo si risvegli. È l’abbandono dei conflitti per raggiungere uno “Stato” di pace, uno Stato immaginario.
“Un altro tamburo” diventa il simbolo della riconquista di una libertà senza vincoli e senza catene.
Editore: NNEditore
Data di uscita: 24 ottobre 2019
Pagine: 256
Prezzo: 19,00€