Urla a bassa voce, raccolta di testimonianze di ergastolani con pena ostativa, cioè carcerati che non possono avere sconti né permessi e sono costretti a vivere in una cella tutta la vita. Cosa si intende per ostativo? Che cosa comporta? Ostativo, significa, in gergo, “fine pena mai”, laddove si proibisce ogni forma di ammenda.
Ma chi subisce questo regime carcerario e in base a quale delitto? Faccio un esempio, tanto per dare un’idea di quanto sia paradossale la situazione.Vi ricordate Giovanni Brusca (soprannominato u scannacristiani)? Il mafioso che organizzò l’attentato di Capaci e che diventò famoso per aver strangolato un ragazzino di tredici anni e averlo sciolto nell’acido? Ecco, Giovanni Brusca, che ha confessato di avere circa cento cinquanta omicidi sulla coscienza, non ha avuto una pena ostativa e oggi vive in un regime di semilibertà, cioè esce ogni quarantacinque giorni dal carcere e la sua famiglia vive in una località protetta a nostre spese, sapete perchè? Perché ha collaborato, si è pentito ed è diventato collaboratore di giustizia. Cosa s’intende però collaborare con la giustizia? Vuol dire fare nomi di persone coinvolte in attività mafiose. Può quindi succedere che un delinquente accusi ingiustamente un povero cristo innocente e subito goda di privilegi e sconti di pena. Il fatto che l’individuo in questione non abbia rimorsi o ravvedimenti passa del tutto in secondo piano. Non vi è nessun intento moralistico nel libro (e neanche da parte di chi scrive queste righe), cioè non si vuole far passare queste persone per bravi ragazzi magari un po’ scalmanati vittime delle circostanze. Le dichiarazioni sono di uomini all’ergastolo per associazione di stampo mafioso, con omicidi e sequestri di persona sulla coscienza, quindi non proprio agnellini finiti in galera per colpa di altri, semmai cittadini che hanno deciso di scontare la loro condanna dignitosamente, senza addossare crimini veri o fasulli ad altri. La loro vera colpa, è quella di non cedere davanti al ricatto morale dello stato, secondo cui non è importante riabilitare, ma punire chi non si piega davanti a logiche ricattatorie. Ciò che li accomuna è l’essere spessissimo originari della stessa zona geografica (Campania, Sicilia, Calabria, Puglia o Sardegna), l’essere cresciuti in luoghi poveri e depressi, dove le istituzioni sono assenti, senza scolarizzazione.
Il fatto più importante, nonché inquietante, è che nel nostro paese la legge non è uguale per tutti.
Questi detenuti, spesso colpevoli, ma a volte innocenti, raccontano la loro vita con una coscienza sofferente, scavata da anni di detenzione e di carcere duro.
A volte alcuni si diplomano e imparano dei mestieri, cercando di supplire all’ignoranza e alla durezza delle proprie origini, spesso però vengono trasferiti in altri istituti dove non possono dare continuità ai loro progetti per mancanza di strutture adeguate.
Il libro è diviso in capitoli e per ogni capitolo vi è un tema diverso, sulle condizioni delle carceri, sulle scarsissime cure sanitarie a disposizione dei detenuti, sul perdono e la colpa.
Si creano quindi, in tali circostanze, situazioni di solidarietà e aiuto tra galeotti, che, imparano a condividere tutto e a ingegnarsi per far passare il tempo, leggendo, studiando e cucinando. Ci sarebbe poi da discutere a lungo sui suicidi, veri o presunti, dei carcerati in Italia, che in media sono uno ogni due giorni, ma è un argomento scomodo e complicato, sul quale fa molto più comodo evitare di esprimersi.
E’ una lettura coinvolgente e diretta, dove ogni persona racconta la sua storia e la sua vicenda personale, a parte i crimini commessi, ovviamente.
Un libro utile a capire una volta di più in che razza di società viviamo, una società che ha tutto l’interesse a bombardarci sistematicamente con messaggi svianti e tendenziosi, fatti ad hoc per chiuderci sempre di più nel nostro comodo guscio di ignoranza e indifferenza.
Urla a bassa voce. Dal buio del 41 bis e del fine pena mai. A cura di F. DeCarolis. Editore Nuovi Equilibri. 2012. Attualità.