Valerio Marchi ha già pubblicato diversi libri, come ‘Nazi-rock, pop music e destra radicale’, ‘La sindrome di Andy Capp. Culture di strada e conflitto giovanile’, ‘Teppa Storie di conflitto giovanile dal Rinascimento ai giorni nostri’ tutti consigliatissimi, è uno studioso delle diverse forme di conflitto giovanile, ed uno dei pochi, se non l’unico, che dà una visione imparziale e molto documentata delle situazioni. In questo libro descrive la gestione dell’ordine pubblico nel calcio, partendo dalle origini, e soffermandosi sul clamoroso caso del derby Lazio – Roma del 21 marzo 2004, quello sospeso per la diffusione della notizia che era morto un bambino a causa delle cariche delle forze dell’ordine.
Ho capito molte cose leggendo la documentazione presentata da Marchi : il 21 marzo allo stadio Olimpico l’ordine pubblico fu gestito come al G8 di Genova, ovvero violenza e ancora violenza dalle forze dell’ordine. Quel giorno si rividero i caroselli dei blindati di scelbiana memoria, lacrimogeni ad altezza d’uomo, manganellate democratiche, ovvero a tutti nessuno escluso, e persino il tentativo di entrare in curva sud. In questo delirio ebbe gioco facile la diffusione della notizia della morte di un bambino in seguito al lancio di un lacrimogeno o investito da un blindato.E Marchi lo usa come esempio di come può diventare verità per un certo numero di persone predisposte mentalmente in una certa maniera, e che hanno vissuto certe situazioni.Come per i tragici fatti di sangue di Battipaglia 1969, episodio dimenticato dell’italica storia. Per chi c’era quel giorno all’Olimpico era sicuramente plausibile un morto durante scontri molto cruenti, che coinvolsero persino chi sedeva in tribuna Monte Mario. In quel derby fu la gente a voler smettere la partita, segnale chiaro che nonostante tutto gli unici che hanno ancora un’etica nel calcio sono proprio i tanto vituperati tifosi. Si potrà discutere in eterno sulla bontà o meno dell’ingresso in campo dei tre tifosi romanisti che parlando con i giocatori fecero interrompere la partita, già comunque sospesa spontaneamente dai giocatori qualche minuto prima.Il questore si indignò di essere scavalcato da Galliani nella decisione dell’interruzione, arrivando addirittura ad affermare che c’era stata solo qualche scaramuccia, mentre invece gli scontri erano cominciati già dalle 17.30 circa del pomeriggio. E da qui in poi Marchi fa una dettagliata analisi della gestione dell’ordine pubblico nella storia italiana.Come base di partenza l’autore usa l’ottimo saggio di Della Porta e Reiter “Polizia e protesta. L’ordine pubblico dalla Liberazione ai no global.” , testo fondamentale per chi vuole fare un discorso come si propone Marchi.Si capisce molto di quello che è successo nelle piazze italiane negli ultimi cinquant’anni, alla quasi guerra civile di episodi come il 30 giugno 1960 a Genova, o Reggio Emilia nello stesso anno, gli scontri con i comunque rispettati operai, e i cruenti anni dell’autonomia, fino all’atteggiamento soft e più selettivo della polizia a partire dagli anni ’80, fino al G8 vergogna che non sarà mai dimenticata. Le maggiori anomalie si riscontrano infatti nell’atteggiamento della polizia verso i tifosi, atteggiamento di grande contrapposizione e incomunicabilità.La cultura ultras viene demonizzata e respinta, gli ultras sono solo un nemico da pestare più forte degli altri, situazioni che portano alla morte di Furlan a Trieste e di un tifoso romanista, morti direttamente o indirettamente come la seconda legate a dinamiche di polizia improntate alla dura e pura repressione.Come la dotazione del gas Cs alla celere negli stadi, o la digos che prende il posto degli utilissimi uffici stadio fautori del dialogo, portando l’ultras alla stregua di un terrorista e quindi di pericolo pubblico, e l’adozione del famigeratissimo DASPO, arma arbitraria nelle mani delle guardie.E pensare che la violenza nel calcio c’è sempre stata, come in Inghilterra dove il calcio ha sempre onorato l’albionica tradizione della risse del week end, o come i casi di violenza nel dopoguerra, fino alla morte di Plaitano ucciso in circostanze dubbie durante Salernitana – Potenza del 28 aprile 1963, a causa di un’errattissima gestione dell’ordine pubblico. Questo libro è veramente notevole, come tutti gli altri di Marchi, e parla finalmente senza pregiudizi dell’atteggiamento sbagliato delle forze dell’ordine verso gli ultras negli ultimi trent’anni e più, sbagli che hanno portato a un “boato” come quello del derby Lazio – Roma, e alla morte di diversi tifosi.E’ soprattutto per loro, per i Furlan, per i Plaitano e tanti altri, non morti, ma disgraziati per una vita che si dovrebbe ripensare l’ordine pubblico negli stadi, cosa che molto probabilmente non avverrà mai, con il pallone prigioniero del suo business. Per questo odio il calcio moderno e vado allo stadio solo per stare con i miei amici e tifare per i miei colori, fiero di fare parte di una mentalità che si vuole cancellare. E siamo pronti a tornare sui campi di prima seconda e terza categoria, lì dove il calcio è più vero. NO AL CALCIO MODERNO NO