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Verdena – Bellevilloise Parigi, 14 Maggio 2016

Cari Verdena, grazie mille per la rimpatriata parigina e per il vostro rock aspro, sincero, inquieto e a tratti bellissimo. Alla prossima, un vostro fedele, irrimediabilmente e felicemente insoddisfatto, fan.

Che bello ritrovarsi a 35 anni a Belleville, quartiere multietnico di Parigi, insieme a un altro centinaio di emigranti compatrioti in occasione del concerto dei Verdena. Ma i Verdena chi? Quelli di Bergamo? Quelli di Valvonauta? Quelli di due doppi dischi usciti uno dopo l’altro (Wow e Endkadenz vol I e II)? Quelli che da ormai piu di 20 tracciano la loro via complessa, appassionata e sincera nello scarno panorama del rock alternativo italiano, impermeabili a mode e successi? Si. Loro. Porte che aprono alle 7 di sera, concerto che inizia alle 8 (!) quando fuori c’è ancora il sole e per trovare un po’ di atmosfera rock bisogna nascondersi in una piccola saletta sotterranea: acustica molto dubbia, pubblico scarno ed eccitato come a un concerto di band liceali.

I Verdena attaccano e di liceale non hanno sicuramente niente, ma la prima cosa che colpisce è il loro suono di chitarra: scarno, distorto, dissonante, selvaggio, introverso e autarchico nella propria fierezza indipendente. Quasi come se suonassero ancora in saletta, innanzitutto per loro tre, Alberto, Luca e Roberta, (+ un quarto membro turnista per occuparsi di tastiere e mellotron), e poi per il pubblico: cosi è (se vi pare).
Provano pure a parlare francese i nostri eroi, ma poi forse si accorgono anche loro che l’accento più a nord e’ di Bergamo Alta e c’è quasi un clima da rimpatriata. Alberto si arrabbia con Luca, “Figa sei fuori tempo!” e fa ricominciare tre volte l’intro di uno dei nuovi pezzi, direttamente da Endkadenz vol II. Appunto, come in saletta. Il pubblico esulta.
I Verdena hanno un approccio live diretto e spontaneo, talento che dopo vent’anni di palco sembra ancora ancora grezzo e in evoluzione, caratterizzato da un suono che ha saputo variare e arricchirsi di album in album (6 ad oggi, di cui appunto due doppi) eppure rimanere coerente, riconoscibile, senza compromessi.

Sarà forse una interpretazione personale, ma secondo me i Verdena avanzano “scappando”. E questa fuga continua è ciò che li rende forti, uniti, in un certo senso unici. Scappano dai compromessi, dal successo, dalle facilità, dalle mode, dalle attese, dal cambio di pettinature, dalle melodie già sentite, dalla comodità di un disco di 10 pezzi; autoproducendosi i dischi, trasformando il pollaio di casa in studio di registrazione, facendo i manager di se stessi, suonando rock sempre sincero, talentuoso e sfuggente, inquieto e a tratti complesso.

Il concerto è vario e copre un po’ tutti i dischi e periodi, anche se in generale il sound esce più crudo e diretto rispetto agli album . Alcuni dei pezzi maggiormente riconoscibili, come Colle Immane (rappresentativo del suono aspro a tratti ricercato da Alberto) e Un Blu Sincero (Endkadenz vol II), Un Po’ Esageri (Endkadenz vol I), la quasi ballata Razzi Arpia Inferno e Fiamme da Wow, e pure Valvonauta, primo singolo del 1999, si alternano ad altri brani più oscuri e meno “famosi, proprio per questo forse, in un certo senso, più personali. A proposito di Valvonauta, canzone che li spinse sulle altitudine dell’epoca (MTV), ai confini di un prematuro e inaspettato successo: nelle mie molteplici precedenti partecipazioni a concerti dei Verdena, che datano tutte pero a ormai una decina d’anni fa, mai mi capitò di avere la fortuna di ascoltare questa canzone, nascosta e quasi rinnegata dai tre come un figlio colpevole e di cui vergognarsi; nel 2016 invece, seppure in una versione un po sarcastica e altezzosa, tipica del tono con cui i genitori si rivolgono a un figlio adolescente che pensa di avere capito tutto troppo in fretta, Valvonauta fa di nuovo parte del bagaglio live della band: in fondo, a quindici anni di distanza, anche i fantasmi fanno un po’ meno paura.

E poi, non sono neanche le 10 e il concerto è già finito, lasciandomi ancora una volta ammirato e felice eppure in fondo un po’ insoddisfatto, come se non avessi capito qualche cosa o mi fosse sfuggito un dettaglio importantissimo. Forse è proprio questo che mi lega ai Verdena, addirittura oso sospettare che questo inspiegabile sentimento sfuggente sia uno degli elementi generatori della loro musica, ma senza dubbio è per questo che continuo, dopo tutti questi anni e le strade che abbiamo percorso, a tornare a casa Verdena, a ogni loro album e concerto.
Alla prossima cari Verdena.
Un vostro fedele, irrimediabilmente e felicemente insoddisfatto, fan.

LINE-UP
Alberto Ferrari: voce, chitarre, tastiere
Luca Ferrari: batteria, percussioni, sinth
Roberta Sammarelli: basso

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