È stata un esperienza faticosa ma allo stesso tempo affascinante, e alla fine ne è valsa veramente la pena, entrare nel mondo di questi tre ragazzi che si fanno chiamare Voldo.
La band si forma nel 2008, ma è solo tre anni dopo, con l’entrata in formazione del batterista Michele Calamita, che, assieme ai due membri fondatori Matteo Passamonti (basso,voce,effetti) e Luca Giovagnoli (chitarra,effetti) che prende vita l’attuale formazione a tre.
Il gruppo trova così stabilità e comincia ad esibirsi da vivo ed arriviamo alla fine del 2013 con l’uscita di Hella Maluka, rigorosamente autoprodotto, registrato e mixato con la collaborazione dei fonici Valerio Romanelli e Giacomo Calli.
Di solito nelle recensioni trovate il genere di riferimento ma mai come in questo caso, la definizione alternative risulta appropriata ad un album: la musica dei Voldo contiene il meglio degli ultimi vent’anni di musica rock, rivista e riassemblata in modo estremamente intelligente, originale e, appunto alternativo, come se i generi che affiorano all’ascolto del mastodontico lavoro avessero un’altra faccia della medaglia che ci viene fatta scoprire con successo.
E allora ecco che tra il muro di suoni distorti, elettronici, effetti vari ed un basso che tutto fa fuorchè lo strumento ritmico assurgendo ben buona parte del disco al ruolo di protagonista, scorrono stoner, hardcore, psichedelia, hard rock acido in una giostra di umori ora tirati, ma a tratti più rilassati, dove la voce grossa la fa una spiccata propensione a stupire, tenendo conto anche della durata consistente dell’album che supera l’ora di durata.
Il bello è che il lavoro svolto dai nostri non annoia neanche per un istante, tutto risulta perfettamente in sintonia con l’idea di fare musica del gruppo, nella quale troverete echi di Primus (Passamonti, bassista fenomenale, ricorda non poco in certi passaggi Les Claypool), il rock alternativo dei primi anni novanta suonato da Sonic Youth e Rage Against The Machine, atmosfere desertiche, l’approccio di una band punk/hardcore e la psichedelia elettronica degli svizzeri Young Gods del capolavoro “L’Eau Rouge” (1989).
I brani di questo viaggio celebrale sono tutti indistintamente da vivere (non solo da ascoltare) ma la conclusiva Drogo risulta un piccolo capolavoro all’interno di un disco già di per se notevole, trattandosi di una lunga suite dove lo stoner incontra l’elettronica in una atmosfera pinkfloydiana, come un Live at Pompei suonato nell’anno 3000, in una parola grandiosa.
Perdersi in questo album è stato faticoso ma bellissimo.
Tracklist:
1.Cow
2.Steps
3.Dirt S.A
4.Liar
5.Donor
6.Chora
7.Bleed
8.Drogo
Line-up:
Matteo Passamonti – Basso,voce,effetti
Michele Calamita – Batteria
Luca Giovagnoli – Chitarra,effetti
2 Comments
Francesco Mastellone
Posted at 20:10h, 18 Gennaio‘st’album è fenomenale. Tenerlo in macchina è un rischio costante di intripparsi e perdersi 8}
admin
Posted at 09:15h, 19 Gennaiow l’intripparsi !!!