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We Were Promised Jetpacks – Paris, 6/10/2014

Un concerto fatto di alti e bassi, ma con gli alti molto alti

Fuori piove e fa freddo, nonostante il mio negazionismo climatico l’estate è senza dubbio finita; We Were Promised Jetpackas sbarcano a Parigi e sono un’ottima ragione per uscire lo stesso e con una scorta di buon umore. In realtà sarebbe meglio dire “imbarcano” a Parigi, perché il concerto si svolge sul Batofar, rinomata peniche (=barca da fiume) ancorata sul lungo Senna e eclettico ritrovo notturno.

We Were Promised Jetpacks iniziano un po in sordina, la sala è piena ma inizialmente non è molto reattiva ai cinque scozzesi. Sarà a causa dell’accento marcato?? Il set dei WWPJ sembra in effetti riflettere le alterne fortune dei dischi: solo con la travolgente Quiet Little Voices (direttamente dal primo disco These Four Wall) i passeggeri del naviglio sembrano risvegliarsi e ricordarsi la ragione primaria della loro presenza a bordo: rock’n’roll. Anche il gruppo apprezza la reazione del pubblico e il concerto prende il largo (ah ah, non non è vero, la barca non si è mossa): This is My House, This is My Home, titolo di una delle migliori canzoni ed esempio della capacità di modulare intensità mantenendo sempre alto il livello di energia, diventa anche una frase di benvenuto e di buon auspicio per tutti i presenti.
Il tour europeo è l’occasione per la band di presentare in anteprima il loro nuovo disco Unravelling (il terzo), atteso per metà ottobre sotto l’etichetta Fat Cat Records, eppure a volte le canzoni nuove sembrano avere ancora un che di irrisolto e poco chiaro nell’esecuzione, a metà strada tra melodia, ritmi che rallentano, voce più impostata e meno diretta, ricchi riff di chitarre, forse troppo ricchi.
E così finisce che la preferenza del pubblico va ancora e senza ombra dubbio ai pezzi del primo album, quel già citato These Four Wall che nel 2009 aveva fatto scoprire un gruppo vario, solido, originale nel proprio approccio scozzese a un post-rock diretto e che non disdegna di riabbracciare ritmi e voci quasi punk’n’roll quando necessario a cambiare velocità e colpire duro.

Per concludere, come disse il mio amico Enrico de Roma, un concerto fatto di alti e bassi, ma con gli alti molto alti. In attesa di un ascolto completo del nuovo disco, rimane per il momento un po di rammarico nel dubitare che forse il meglio della produzione di questa band sia alle spalle; in ogni caso lunga vita al rock’n’roll, ancora di più quando fa vibrare una barca ancorata a riva.

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