William Greco è un musicista che suona il silenzio. E’ questa la prima cosa che riesco a dire dopo l’ascolto di questo suo lavoro.
Conosco questa splendida persona da molto tempo, da quando ha iniziato a muovere i suoi primi timidi passi sulla tastiera d’avorio, bianca e nera e già dal primo ascolto, molti anni fa, me ne sono innamorato perdutamente. Lo conosco non solo musicalmente ma anche di persona, ma ho deciso di affrontare l’ascolto di questo disco, come se non lo conoscessi affatto, liberando completamente la mente ed il giudizio dagli inevitabili preconcetti dovuti a tale conoscenza.
William divide equamente la sua carriera di musicista passando tranquillamente dalla ‘classica’ al jazz, ed in entrambe gli ambiti riesce ad emozionarti sempre. Può suonare un preludio di Chopin o uno standard jazz, riuscendo sempre e comunque a calarsi nelle dinamiche, nei tempi e nei suoni, di ciò che esegue, facendo vibrare il tuo cuore alla stessa maniera. Questa è una capacità che gli è peculiare; il suo talento la sua sensibilità, il suo suono ed il suo tocco, sembrano plasmarsi naturalmente e senza soluzione di continuità rispetto alla musica che decide di farti ascoltare e le emozioni che suscita nel fruitore sono uguali.
Il suo curriculum parla, rispetto a ciò che dico, nonostante la sua giovane età, ha al suo attivo già molte registrazioni e collaborazioni importanti con grandi jazzisti come Sheila Jordan, Paolo Fresu, Attilio Zanchi, Massimo Manzi, Raffaele Casarano, Marco Bardoscia, oppure con grandi interpreti della canzone d’autore italiana come Paola Turci, Gaetano Curreri, Giuliano Sangiorgi, Fiorella Mannoia. Ha partecipato e vinto concorsi importanti sia di jazz che di classica e suonato in contesti importanti in concerti dal vivo in entrambe gli ambiti. La sua proverbiale umiltà, fa si, che però ciò rimanga celato ai più e solo adesso dopo alcuni anni William, ha deciso ed avuto la possibilità di uscire allo scoperto. Ciò è stato possibile anche grazie al coraggio ed all’acume di una giovane etichetta salentina la Workin’ Label, che ha deciso di produrne il primo disco.
La genesi di questo lavoro, che ho seguito in tutti i suoi passaggi, affonda le radici a qualche tempo fa, ma solo ora riesce a vedere la luce; quasi come un buon vino, questo disco è maturato, si è affinato ed ora è pronto per essere ascoltato e sorbito. La cosa sorprendente è che nonostante siano passati alcuni anni, il suono di William Greco resta quasi uguale a quello di qualche anno fa. Ciò ci fa comprendere come già all’epoca, la sua maturità fosse compiuta, ed ora se ce ne fosse bisogno, risalta ancor più con i brani che lo hanno completato e con la crescita artistica che questo pianista sta costantemente compiendo giorno dopo giorno.
Questo disco, sembra essere un compendio delle influenze musicali che William Greco ha assorbito durante il passare degli anni e degli ascolti fatti. Badate bene non si tratta però di banali citazioni, o riproposizioni ‘in stile’ dei grandi pianisti di questo genere. William re-interpreta, ossia filtra il linguaggio di questi, lo assorbe, lo fa suo, lo ri-elabora in un gioco di specchi, di rimandi semantici, di suggestioni. Durante l’ascolto di Corale, così ti capita di inciampare in Enrico Pierannunzi, Bill Evans o in Keith Jarret. Ti capita di incontrare distrattamente Brad Meldahu o Esbjorn Svensson, oppure di ascoltare improvvisamente Lyle Mays che dialoga con Chopin o Michel Petrucciani con Ryuichi Sakamoto.
Tutto però è sempre caleidoscopico, tutto si fonde, si mescola e viene rigurgitato in un linguaggio del tutto personale che è quello unico, della musica suonata bene, della musica di William Greco.
Sensibilità di tocco, talento, semplicità, delicatezza, energia e giovane spensieratezza, sono queste le caratteristiche di questo splendido musicista, ed è questa la cifra che contraddistingue Corale.
Il disco scivola via veloce ma ti resta dentro, è una sorpresa costante, gli altri interpreti assecondano in maniera naturale il talento di William. Il trio composto dal contrabbassista Marco Bardoscia e dal batterista Massimo Manzi, ha come direbbero i ‘bravi critici’ un ottimo ‘interplay’, io invece la chiamo semplicemente ‘armonia’ nel senso più vero del termine. Questa armonia nasce dall’amicizia e dai caratteri solari di queste persone, che suonano quello che in realtà sono. Questo senso dell’amicizia viene poi ulteriormente arricchito dagli interventi al sax contralto di Raffaele Casarano e dalla voce ‘prediletta’ di Carla Casarano, entrambe presenti in quattro dei dieci brani di Corale. Le composizioni originali di William nascondono delle vere gemme, gli ‘standard’, scelti con attenzione, mettono invece in luce una capacità reinterpretativa originale ed affatto scontata.
L’attacco è da toglierti il fiato, sospeso, è come una vertigine di bellezza, Incontro è una ‘ballad’ dolce, leggera, un dialogo, un piccolo racconto in cui William racconta tutta la sua tenerezza e sensibilità musicale.
Il secondo brano, Cherokee, mette in risalto la capacità di William di riarrangiare un brano della tradizione afro americana in maniera del tutto personale. Il brano è impreziosito dal generoso contralto di Raffaele Casarano, che dialoga nell’esposizione del tema e dell’improvvisazione con il contrabbasso di Bardoscia ed il piano di William, sostenuti dal fluido ed elegante drumming di Massimo Manzi.
Se Vuoi Andare Vai… è una emozionante composizione di Marco Bardoscia, dove l’arco del contrabbassista di Copertino, è angelico così come lo è il piano di William. Un dialogo a due sulla bellezza.
Il Chico Buarque de Hollanda di Oh Que Serà viene interpretato con misura, non scadendo mai nella banalità di un brano suonato da tanti. Citazioni di grandi interpretazioni, frasi secche, piene, non banali e tanta, tanta sensibilità.
La title track, Corale, mette in risalto l’anima ‘fusion’ di William Greco, gli ascolti del passato, legati al Pat Metheny Group d’annata o ai dischi solisti di Lyle Mays. Un brano appassionato dove la voce di Carla Casarano cesella un tema ciclico. Il sassofono ispiratissimo di Raffaele Casarano, suona note di passione, la batteria di Massimo Manzi è una tempesta delicata, oscilla tra potenza e delicatezza.
Once è un brano brevissimo ma carico di passione. Una emozionante ninna nanna in ¾ che meriterebbe la voce di Tom Waits, sono certo che il cantante di Pomona, se ne innamorerebbe perdutamente, così come capiterà a chi avrà la fortuna di ascoltarla.
Verao, è un viaggio in cui il quartetto si lancia. L’immagine che suscita è quella di quattro amici in bici che giocano a rincorrersi, a darsi il cambio nella volata. Una folle discesa con il vento fra i capelli ed i sorrisi sulle labbra. Un assolo potente di William che mette in luce tutte le sue influenze blusey e latine, condite da una spruzzata del compianto e mai dimenticato, Esbjorn Svensson.
In ‘Fryederyk’, l’omaggio all’amato Chopin ed alla musica classica rivista in chiave contemporanea e con un lessico jezzistico. Un ipnotico ostinato che ci trasporta in un mondo onirico, uno svolgimento circolare tanto caro e legato alle atmosfere di Brad Meldhau.
My Little Suede Shoes di Parker è uno scherzo giocato a due con il contrabbasso di Marco Bardoscia, un umoristico rimpiattino tra piano e double bass percussivo. Scioltezza e ilarità per puro divertim21ento delle orecchie e dell’anima.
Il brano che conclude questo disco, Inner Song, è di una bellezza struggente e mette a nudo tutta la sensibilità artistica di questo giovane maturo pianista. Un brano registrato in maniera improvvisata. Una ‘take’ e via, non scritta, non pensata ma semplicemente suonata. Un brano rubato dal bravissimo Guglielmo Dimidri, tecnico del suono di questo lavoro, che ha avuto la capacità di isolarla e riproporla così come è stata suonata, una sola volta cioè. Questo è il seme dei lavori futuri che verranno.
Per concludere, William Greco si propone sulla scena pianistica nazionale, non più come il giovane talento di qualche anno fa, ma come un musicista a tutto tondo che promette sviluppi futuri non prevedibili. Tutto ciò è frutto di tanto lavoro, tanta passione, tanto studio e tanta, tanta umiltà. Grazie Willy.
Tracklist:
1. Incontro (W. Greco)
2. Cherokee (Ray Noble)
3. Se Vuoi Andare Vai…(M. Bardoscia)
4. Oh Que Serà (C. Buarque de Hollanda)
5. Corale (W. Greco)
6. Once (W. Greco)
7. Verão (W. Greco)
8. Fryderyk (W. Greco)
9. My Little Suede Shoes (C. Parker)
10. Inner Song (W. Greco)
Line-up:
William Greco : Pianoforte
Marco Bardoscia : Contrabbasso
Massimo Manzi : Batteria
Raffaele Casarano : Sax Contralto/Sax Soprano (2,5,7)
Carla Casarano : (5)
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