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Recensione : X – SMOKE & FICTION

Dire addio ai fan con un saluto sonico lungo mezz’ora. A tanto infatti ammonta, grosso modo, la durata di “Smoke and fiction“, il canto del cigno degli X, fondamentale combo losangelino, tra i più importanti prime mover della scena punk rock californiana e statunitense, con almeno tre dischi – l’esordio “Los Angeles” e i successivi “Wild gift” e “Under the big black sun” – assurti a classici del genere (tra i tanti gruppi che hanno influenzato, in giro per il mondo, ci sono anche i nostrani Not Moving) che ha annunciato la fine del proprio percorso musicale con l’uscita del suo succitato nono studio album, a cui si sta accompagnando il relativo farewell tour (che, si spera, possa passare anche per l’Italia il prossimo anno).

Uscito il 2 agosto su Fat Possum, l’ultimo capitolo dell’ensemble fondato nell’anno di grazia (per il rock ‘n’ roll) 1977 dal bassista/cantante Jon Doe e dal chitarrista Billy Zoom, e da sempre capitanato dalla frontwoman Exene Cervenka (senza dimenticare il batterista D.J. Bonebrake) arriva a quattro anni dall’ottimo comebackAlphabetland“, piacevolissimo ritorno dopo ventisette anni di silenzio discografico. “Smoke and fiction” non si discosta molto dalle consuete coordinate di robusto e compatto R’N’R proposte dai nostri, rinverdendo un’alchimia sonora ancora ben presente tra i quattro membri e che si manifesta sin dalla frizzante opener “Ruby church“,  che va subito dritta al punto, con le voci combinate di John ed Exene (che, un tempo, sono stati anche partner extramusicali) a dettare tempi e qualità, che prosegue anche nella scattante “Sweet til the bitter end“, mentre i ritmi rallentano leggermente in “The way it is“, arricchita e resa più intrigante dal twang chitarristico dark-country sfoderato da Zoom, solo un piccolo pit stop prima di tornare a giostrare su ritmiche più movimentate con le saltellanti “Flipside“, “Big black X” (pezzo autobiografico che ripercorre i momenti più significativi della storia della band) la title track e la ramonesianaStruggle“, che si richiamano alle cose migliori del loro passato. Il long playing spara le sue ultime cartucce con “Winding up the time“, solido brano dalle venature chitarristiche quasi surf, gli stop-and-go di “Face in the moon” e la conclusiva, adrenalinica “Baby & all“.

E’ davvero un peccato che quest’opera sia da considerarsi il final record degli X perché, a giudicare dall’energia e dalla vitalità sprigionata dai suoi solchi, “Smoke and fiction” non sembra proprio suonare come il full length di una band imbolsita sul punto di mollare la presa, anzi, tutt’altro. Ma il tempo è tiranno, scorre via veloce e non regala nessun elisir di lunga giovinezza, ed Exene, John, Billy e D.J. sono sulle scene da ben quarantasette anni: probabilmente, consapevoli di non esser più dei ragazzini, avranno pensato che sia meglio fermarsi ora, lasciando ancora un bel ricordo negli occhi e nel cuore del pubblico, invece di trascinarsi stancamente ben oltre l’età da (casa di) riposo, sfidando i problemi di salute (e anche il senso del ridicolo) e rischiando di macchiare una seminale epopea – cosa, quest’ultima, che non faranno, da persone intelligenti quali sono – . Niente nostalgia, né lacrime: c’è solo la voglia di dire al mondo che è stato bello finché è durato e che, partiti dai margini, lontani dal marciume sociale-morale che circonda(va) il glamour di facciata e la finta grandeur del circo-star system di Hollywood, si sono poi presi soddisfazioni in giro per il mondo e si sono divertiti per tantissimo tempo. You will be missed. Grazie di tutto!

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