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Recensione : Xiu Xiu – Girl With Basket Of Fruit

Uscito l'8/02, l'album è ricco di tensioni timbriche ed industrial, con riferimento alla musica sperimentale e di ogni parte del globo. La moltitudine di sferzanti richiami culturali incanalano la duttilità della resa oggettiva in polivalente connubio con i video e i testi a corredo: provocatori, complessi ed urgenti, ma ancora al top.

Gli XIU XIU non sfuggono al loro originalissimo, e unico, modo di comporre musica, come si può ascoltare da ogni solco congetturato. “Ragazza con cesto di frutta” è un’opera maxima tesa alla massima creatività, mostrando segni inconfondibili del marchio omonimo che include in questa versione: Jamie Stewart, Angela Seo, l’ex-Swans Thor Harris e Jordan Geiger, con la produzione di Gregg Saunier, drummer dei Deerhoof, e Angela Seo!

In sostanza, penso che gli XIU XIU siano una band votata ad incarnare, fin sotto le radici delle unghie delle mani e dei piedi, un progetto artistico di totale non allineamento alle varie correnti di generi.

In loro cresce il senso artistico, imperniato sulla bellezza dell’atto creativo che affoga nell’istintualità, rimettendo altresì in discussione il proprio ruolo centrale di ‘attori’ (dal latino ‘agere’), tale che la musica stessa non è sufficiente a definire simile compagine sonora, poiché vi prevalgono, persino in ogni minuzia che incorpora il discorso progettuale in corso, componenti che oltrepassano i confini dello statico.

Costoro hanno la capacità incontenibile di mettere in scena con ogni mezzo, visivo, uditivo, cerebrale, certo intaccando tutti i sensi, un valore addizionale, difficile da recepire in toto, proiettato verso quel punto di non ritorno contro cui marciano a gran velocità, carburando e macinando idee e nutrendosi di disparate altre, sublimando una meta invisibile a fronte dello sviluppo prodotto che non si basa sui semplici ed uniformati gusti degli ascoltatori globali medi.

Xiu Xiu adoperano uno strappo alla scenografia persistente e panoramica del mainstream, come da loro natura, esattamente come il buon Carrey nel finale del TRUMAN SHOW; e la realtà è dura e cruda, spesso orribile, nefanda, oggetto di scontro con il progetto artistico avallato, di notevole rilievo e impatto.
Il mondo umano è vivisezionato usufruendo di una poetica testuale difforme, visionaria, non facilmente agibile, ma dedita ad innalzare domande, riflessioni, stati d’animo ostici e scoperchiando tabù, manie.

Unire la loro caotica, cacofonica marcia battente musicale, foriera di espressive trasgressive, disintegrando la nullità dei tanti prodotti che paragonati ai loro appaiono deboli o molli, alla macchina trapanatrice escogitata che ci assale, sì variegata di molte salse sonore, costituisce il focus realmente in divenire, perciò mutevole, non catalogabile in una forma, assolutamente travolgente, che interessa il pensiero di Jamie Stewart (membro fondatore originario), e dei suoi fidi collaboratori, dotato di smisurata temerarietà conglomerante, evidenziando dinamiche che danno minima tregua all’ascoltatore, osservando, in questo album, le cause interne che determinano effetti interni e non già più le cause esterne che generano effetti interni.

Sarà per questo motivo che dai solchi della musica, e dalla voce, ne esce ben poco di rassicurante, anzi talvolta di fastidioso, nettamente in controtendenza a ciò che si è abituati a recepire con comodità e leggerezza.

Xiu Xiu affrontano turbamenti che avvengono nell’umano svelando i tabù dell’esistenza, attraverso l’indagine personale che avvampa pure da fonti culturali e oggettive, permettendo e permeando in via avanguardistica la propria reazione e visione sulle brutalità di un mondo che sta cambiando in peggio, compresi i suoi succubi abitanti.

Il primo pezzo è rappresentazione flashiata iniettata di tribalismi apocalittici sfrenati, inserzionati da effetti elettronici dal sapore oldies, come entrare in una sala giochi edochiana tra gli ’80 e i ’90, mentre la mimica vocale impostata su filtro spoken urlante, disperata, agghiacciante, denuncia nel suo incedere spasmodico lo straniamento interno ed intimo vissuto dalla ‘ragazza col cesto di frutta’, probabile vittima sacrilega di un aborto. Un bad trip, un bad howl senza speranza viziato da industrial rigurgiti schiaffeggianti a freddo.

‘It Comes Out as a Joke’, riflette ancora un’angoscia mirata all’esasperazione, al turpiloquio polverizzante; sensazioni create certo dalla voce di Stewart che domina gli assurdi pattern sonori rimessi al suo servizio. L’incubo è reso più nitido allentando i toni, ma la presa è ancora atrocemente salda, ossessiva, riempita di plumbeo fumo e di suoni retrò – penso ai primi Tuxedomoon.

‘Amargi ve Moo’.
Sfregamenti di archi iniziano ad una sofferta canzone dai toni gravi e cadenti, talvolta accennati di irish (merito del contrabbassista, Devin Hoff), lasciando alla voce e alle sue intonazioni la bellezza interpretativa del pur triste testo.

‘Ice Cream Truck’.
Nel maelstrom di rumoristici effetti anestetizzati dal percuotimento continuo, al limite del surreale fantastico, tra analogico e digitale, il macabro inventario da circo della follia penetra nell’inconscio, ove la frastornante vertigine da shock psichiatrico si sposa con la freddezza post-chirurgica: la voce di Stewart evoca formalina.

‘Pumpkin Attack on Mommy and Daddy’.
Di base è un pezzo semplice, però capace di trascinare l’attenzione in svariati luoghi del pensiero; il video annesso è sequenza stralunata che funziona al medesimo modo, anche spostando il baricentro sul testo (il brano è stato scritto da Angela Seo, insieme al leader degli Xiu Xiu ed Elliot Reed), le cose non cambiano di molto; è vero, c’è la libera interpretazione del fruitore e dalla mutevolezza ricercata qualcosa di eversivo se ne tira fuori, mantenendo quale punto fisso la linea drum’n’bass.
I dialoghi restano criptici – zucca, ma’, pa’ – sono aggressivi e squassanti.

‘The Wrong Thing’.
Dolciastra, malinconica, affetta da incolmabile tristezza si rivela sacra e misteriosa: con tono rarefatto Stewart canta snocciolando poetiche articolazioni, i legami sottotraccia che legano al lato sbagliato delle persone.

‘Mary Turner’.
Misfatto di un orrore claustrofobico, martellante tormento rievocativo sonoro dell’omicidio per linciaggio, e conseguente arsura, della vittima Mary Turner, una ragazza nera di 19 anni incinta all’ottavo mese; lavorava nelle piantagioni dei bianchi presso lo Stato della Georgia, durante il 1918.
Emotivamente colpisce l’orchestrazione del brano di carattere teatrale, due giudici terribili imperversano: la violenza ignorante e la supremazia di una razza → da mandare affanculo per sempre.

‘Scisssssssors’.
E’ il brano di lancio del disco, accompagnato da un video che si impone come rituale pregno di riferimenti culturali disseminati ed ispirativi dei testi. Viene infatti proposta, vedi sulla pagina facebook della band, una interessante guida all’album, track by track, facendone risultare uno stordente viaggio nei meandri del mondo fruito dai Xiu Xiu.
Il preponderante aspetto percussivo riporta comunque a sensazioni ritmiche orientali, a visioni esoteriche da speed gamelan, ipnotiche selvagge tensioni di riti magici in modalità onirica, strane e folli, incrociano synth rumorosi e aperture di tastiere.
Ponendo attenzione alla voce di Stewart, egli serve un sottinteso di drammaticità diffusa, potrebbe inscenare una supplica malata e sofferente, ma del tutto affascinante e accessibile.

La finale ‘Normal Love’ è un recitativo impostato sulla afflitta interpretazione di Stewart, da essa si propaga un’atmosfera più distesa, sebbene dominata da echi di fantasmi e spiriti che tendono a deformare ciò che di normale e puro vi è nella song, circoscritto dal piano e dal basso.

Ma cosa c’è di normale in tutto questo lavoro?

“I think I have shown you
I don’t need it to be fair
I think I have shown
I don’t need you to be kind“

01. Girl with Basket of Fruit
02. It Comes Out as a Joke
03. Amargi ve Moo
04. Ice Cream Truck
05. Pumpkin Attack on Mommy and Daddy
06. The Wrong Thing
07. Mary Turner, Mary Turner
08. Scisssssssors
09. Normal Love

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