Il libro che oggi mi appresto a recensire è Yes brain edito da Raffaello Cortina, una pratica guida per genitori o operatori che lavorano nel campo evolutivo e desiderano cambiare, rivedere o arricchire il proprio approccio.
A scrivere il presente saggio sono Daniel J. Siegel, medico specializzato in pediatria e in psichiatria adolescenziale e adulta, nonché studioso delle interazioni familiari, e Tina Payne Bryson, psicoterapeuta dell’infanzia e dell’adolescenza.
Partendo dalla “teoria polivagale”, elaborata dal ricercatore statunitense Stephen Porges, i due autori ci spiegano come il livello di attivazione del sistema nervoso influisca sul corpo e sul sistema di coinvolgimento sociale sia negli adulti che nei bambini.
Semplificando, il sistema nervoso autonomo comprende due parti più evolute: il sistema simpatico, che funziona come un acceleratore, aumentando sia l’attivazione fisiologica che quella emotiva, e il sistema parasimpatico, che funziona come un freno, riducendo lo stato di attivazione del sistema nervoso. A seconda delle situazioni in cui ci troviamo, queste due parti trovano, di volta in volta, un equilibrio che ci permette di approdare in una delle tre zone individuate dagli autori: si tratta di zone alle quali non scegliamo di approdare poiché è il sistema nervoso centrale che sceglie automaticamente quale reazione sembri assicurare il miglior adattamento alla situazione.
Quando le due parti del sistema nervoso autonomo sono in equilibrio tra loro ci troviamo in quella che viene chiamata “zona verde” o finestra di tolleranza e alla quale gli autori si riferiscono anche come “stato del sì”. Nella zona verde le emozioni e il comportamento hanno un adeguato livello di regolazione perché acceleratore e freno funzionano in maniera coordinata, anche in presenza di situazioni avverse ed emozioni spiacevoli, permettendo un’interazione costruttiva e una maggiore ricettività rispetto agli insegnamenti. Non sempre però le due parti sono in equilibrio e quando l’acceleratore ha la meglio ci lasciamo sopraffare dalle emozioni e usciamo dalla finestra di tolleranza, atterrando nella “zona rossa” anche chiamata “stato del no”, caratterizzata da un’iperattivazione fisiologica che si traduce in reazioni di attacco o fuga e da un’esplosione emotiva che ci impedisce di scegliere come comportarci. Può accadere, però, che sia il freno a prevalere e in quel caso facciamo il nostro ingresso nella “zona blu”, uno stato di ipoattivazione caratterizzato da reazioni di blocco e svenimento.
Al netto di tutto questo, cosa possiamo fare noi adulti, in qualità di figure educative di riferimento? Di certo non possiamo augurarci che i bambini non sperimentino l’intera gamma delle emozioni umane per evitare di accedere alla zona rossa e a quella blu, ma possiamo aiutarli a tornare nella zona verde quando vengono sopraffatti dalle emozioni e aiutarli ad ampliare la loro zona verde per estendere la propria finestra di tolleranza e sperimentare emozioni, quali la frustrazione, la tristezza, la rabbia e la paura senza abbandonare la propria zona verde. Secondo Siegel e Bryson, per raggiungere questi obiettivi è importante che noi, per primi, adottiamo un approccio all’insegna del sì, coltivando i quattro pilastri di tale approccio: l’equilibrio, un’abilità che crea stabilità emotiva e che, regolando mente e corpo, ci aiuta a ritornare nella zona verde, qualora l’avessimo abbandonata; la resilienza, la capacità di superare le sfide con forza e lucidità, che ci permette non solo di fare ritorno nella zona verde, ma anche di ampliarla; l’insight, l’abilità di guardarci dentro e di imparare a conoscerci a fondo; l’empatia, l’attitudine a comprendere il punto di vista dell’altro.
L’adeguato sviluppo di queste quattro abilità permette di adottare un approccio all’insegna del sì, caratterizzato da apertura verso il mondo e verso le relazioni e dalla ricerca di un successo che è autentico, perché premia il mondo interiore del bambino e non porta necessariamente alla conquista di “stellette” e “note di merito”, col solo scopo di compiacere gli altri o aderire alle convenzioni sociali.
Insomma, il lavoro che ci chiedono di intraprendere i due autori non sembra affatto semplice, soprattutto perché, per promuovere il cambiamento nei bambini, dobbiamo passare attraverso il nostro cambiamento, ma non posso fare a meno di pensare che, durante gli interminabili pomeriggi della mia infanzia trascorsi nella zona blu, a me e ai miei genitori avrebbe fatto comodo conoscere almeno una piccolissima parte di questo lavoro e allora credo che valga la pena di provare ad affrontare questo cambiamento.