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Recensione : YO LA TENGO – THIS STUPID WORLD

Yo la tengo : "This stupid world" è un titolo perfetto per riassumere la follia nella quale tutta l'umanità è immersa, un mondo degenerato e sempre più imbruttito da vedere e vivere

Questa prima parte di 2023, per fortuna, non ci sta riservando soltanto addii dolorosi a musicisti amati (Van Conner, Tom Verlaine e altri) ma anche eccellenti ritorni discografici, e uno di questi, senza dubbio, è rappresentato dal nuovo disco degli statunitensi Yo La Tengo, ormai veterani indie rockers sulle scene da quasi quattro decadi, che hanno dato alla luce il loro diciassettesimo album ufficiale, “This stupid world“.

Il trio di Hoboken, dopo le registrazioni strumentali in tempo di pandemia, e a cinque anni di distanza dall’ultima vera fatica discografica, “There’s a riot going on” (forse l’ultimo capitolo di un percorso che, iniziato nel 2009 con “Popular Songs“, aveva visto i coniugi Ira KaplanGeorgia Hubley e James McNew mettere da parte elementi musicali energici ed elettrici per abbracciare una nuova prospettiva legata alle sperimentazioni di nuove tecnologie di registrazione, lunghe divagazioni e improvvisazioni libere da canoni e stili predefiniti, e sonorità più raccolte, evanescenti e indolenti) torna finalmente a un processo compositivo più sfrontato, chitarristico e a un approccio alla musica meno mediato da attitudine confidenziale e “poliglotta” e più improntato alla presa diretta del “buona la prima”, senza troppi fronzoli, autoproducendosi.

Il long playing inizia subito con un trip spazio-temporale, “Sinatra drive breakdown“, brano che musicalmente richiama i Sonic Youth più motorik e dissonanti e un vibe alla “Bela Lugosi’s dead“, e si parte subito benissimo. La successiva “Fallout” sembra già possedere le carte in regola per diventare un nuovo classico e cavallo di battaglia da far deflagrare dal vivo, con un sound che strizza l’occhio agli Stereolab e si riallaccia al passato dei nostri, quello di dischi come “Electr-O Pura” e “Painful“. Si prosegue su “Tonight’s episode“, che si regge su un drone chitarristico che imperversa lungo tutta la durata del pezzo, mentre “Aselestine” scorre lenta e malinconica, caratterizzata dalla voce di Georgia sospesa tra Nico e Laetitia Sadier. “Until it happens” e “Apology letter” sono tra i pochi momenti in cui il ritmo rallenta, ma la qualità non cala, e in quest’ultima si avverte chiara l’influenza di Lou Reed, pur rifacendosi alle atmosfere di “I can hear the heart beating as one“, che ci conducono a uno dei migliori brani del lotto, “Brain capers“, che parte rilassata, quasi in sordina, per poi esplodere in un florilegio di feedback e distorsioni noise che sacrificano ancora Sonic Youth/Thurston Moore, Stereolab e Velvet Underground sull’altare dei numi ispiratori. E ancora più eargasms suscita – nei timpani di chi è avvezzo a certe sonorità – la title track, ovvero un bignami di sette minuti di sarabanda rumoristica à la “Sister Ray” dei VU, mentre la conclusiva “Miles away” è un viaggio distopico che mescola Boards Of Canada, My Bloody Valentine e Sigur Rós con l’elettronica.

This stupid world” è un titolo perfetto per riassumere la follia nella quale tutta l’umanità è immersa, un mondo degenerato e sempre più imbruttito da vedere e vivere, in questi anni infestati dall’oscurantismo morale, politico e religioso del neofeudalesimo schiavista reintrodotto dal capitalismo neoliberista globalista che sta velocemente distruggendo il pianeta Terra, tra guerre di interessi economiche/geopolitiche e militari interminabili e inquinamento dell’atmosfera, dell’acqua, del cibo, del suolo e delle coscienze di qualche miliardo di esseri (poco) umani. A livello musicale, salutiamo con piacere questo questo full length che riporta i Yo La Tengo a una dimensione più ruspante, ed è uno di quegli album che già adesso potrebbe facilmente candidarsi a essere inserito in una potenziale classifica dei migliori Lp dell’anno.

YO LA TENGO THIS STUPID WORLD

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