Gli Yuck sono una giovane band londinese il cui album d’esordio (omonimo e pubblicato dell’etichetta indipendente Fat Possum Records lo scorso febbraio) ha già fatto parlare parecchio di sé in giro per il web. A scatenare l’hype intorno a questo gruppo emergente sono stati i volti noti di Max Bloom e Daniel Blumberg. Se questi nomi non vi dicono niente probabilmente vi siete persi uno dei debutti più interessanti del 2008 quando i due (all’epoca non ancora maggiorenni) facevano parte del quintetto brit-pop Cajun Dance Party, rispettivamente come chitarrista e frontman del gruppo.
Aspettarsi qualcosa di molto simile alle ottime melodie a cui i CDP ci avevano abituati, però, potrebbe essere l’errore peggiore nell’approcciarsi a questo disco. Del passato (a parte la coinvolgente voce di Daniel) non rimane più nulla, o meglio, si può dire che alcune suggestioni siano state rielaborate in chiave lo-fi, con un effetto d’insieme che suona più americano che britannico. Sul web sono stati paragonati a molti ‘grupponi’ della scena lo-fi/noise americana ma quelli che ricorrono più frequentemente sono Pavement e Dinosaur Jr (e si può dire, anche ad un primo ascolto, non del tutto a torto).
Il disco parte subito con due pezzi, Get Away e The Wall, che sono sicuro vi entreranno in testa (per difficilmente uscirne) e che quasi illudono l’ascoltatore di trovarsi di fronte ad un The Colourful Life (l’album d’esordio dei CDP) versione a stelle e strisce. Impressione, però, che cade immediatamente con la malinconica Shook Down in cui i ritornelli tormentanti e le melodie catchy delle prime due tracce lasciano spazio a cuori spezzati e voci languide. A far tornare alta l’adrenalina ci pensa Holing Out che maschera i lyrics malinconici con chitarre distorte e un ritornello energico. L’effetto non dura molto, però. Subito infatti parte Suicide Policeman, una ballata dal retrogusto folk in cui per la prima volta fa la sua apparizione, affianco a quella di Daniel, la voce dell’unica ragazza del gruppo. Voce che rimane, ben più potente e predominante, anche nel singolo Georgia, uno dei pezzi più convincenti e meglio confezionati di tutto il disco, in cui gli Yuck virano efficacemente verso il noise-pop. Meno d’effetto invece la ballata agrodolce Suck che viene completamente sovrastata da Stutter, la cui atmosfera romantica e trasognata crea una dipendenza percepibile fin dal primo ascolto. L’ultima pennellata catchy dell’album la troviamo nella frenetica Operation che lascia poi spazio alla piuttosto anonima Sunday e al brano completamente strumentale Rose Gives A Lilly. Imponente la traccia finale Rubber, un meraviglioso viaggio di sette minuti in cui a temi già incontrati nel disco si unisce un piacevolessimo tocco post-rock. Un finale che non poteva essere migliore e che, non a caso, è già stato remixato da niente meno che i Mogwai.
Nel complesso un disco che non è esente da difetti e che difficilmente sarà ricordato come miglior esordio dell’anno ma che sono sicurò verrà consumato dagli ipod di molti di voi. Teneteli d’occhio questi ragazzi in futuro.
Tracklist:
01. Get Away
02. The Wall
03. Shook Down
04. Holing Out
05. Suicide Policeman
06. Georgia
07. Suck
08. Stutter
09. Operation
10. Sunday
11. Rose Gives A Lilly
12. Rubber