Torniamo ad esplorare il fantastico mondo della Kaczynski Editions, un’etichetta davvero altera nel panorama underground italiano e lo facciamo con il disco di Zerogroove intitolato “Everyday”. Zerogroove è il progetto solista di uno dei due fondatori dell’etichetta, Giuseppe Fantini.
Lo stesso autore afferma che il suo progetto affonda le radici nella sua storia musicale che afferma svolgersi fra i Kraftwerk ed Iggy Pop, fra l’elettronica e qualcosa di dirompente e primordiale, e proprio fra questi due elementi si snoda il lavoro.
Giuseppe riesce a portarci in una dimensione dove l’elettronica diventa un elemento che proviene dal cervello umano ma diventa altro e ha una vita propria regolata in maniera assai diversa rispetto alla nostra. Insieme a ciò Zerogroove porta un qualcosa di estremamente vivo e fallibile, quel punk ovvero marcio di cui tanto si parla a sproposito ma che pochi portano con sé.
Ci sono battiti ed afflati elettronici molto vicini a quelli dei succitati Kraftwerk che si intersecano con musiche e rumori in pieno stile Kaczynski Editions, ovvero suoni che viaggiano liberi nell’etere senza confini. Certamente questo lavoro possiede un qualcosa del rock primitivo, di quel vero e forse genuino primo motore punk che poi si è perso dopo anni, un andare controcorrente che ha poi perso la spinta pelvica e ha continuato a trascinarsi, ma che è poi rispuntata sotto mentite spoglie in altri ambiti.
Questo disco va in quella direzione, e lo fa anche nella sua genesi, dato che è interamente suonato dal vivo e le tracce durano tutte meno di quattro minuti poiché l’otto piste con il quale è stato registrato non permetteva diversamente e sopratutto perché l’autore è fermamente convinto della brevità come verità espositiva.
Come e più di ogni altro disco della Kaczynski Editions “Everyday” porta suoni e mutazioni, un percorso mai lineare e tantomeno circolare, un continuum di musiche che disegnano spazi assieme ai rumori, luci che diventano spazi elettronici, parole che scavano stomaci alla ricerca del futuro nel passato, e di una vibrazione che diventi il fondo di un qualcosa che vada a schiantarsi contro la realtà.
La produzione nonostante o forse grazie al suo essere minimale riesce a dare un tocco speciale ad un contenuto che è già eccezionale, ma senza la giusta resa sarebbe diverso, ed invece raggiunge pienamente lo scopo.
Questa volta l’autobahn si congiunge con un asfalto rabbioso e mai liscio per un risultato che riporta ai primordi del suono, lì dove dorme senza sogni il suo futuro.